Dipendenza da cibo, sesso, gioco: che fare? Parla lo psichiatra

Il Dr. Matteo Pacini, psichiatra e psicoterapeuta, che svolge attività ambulatoriale presso il Centro Medico Visconti di Modrone, ci illustra brevemente una tematica molto attuale e frequente che coinvolge uomini e donne in pari misura.

“Quando si parla di dipendenze da cibo, da sesso, da gioco, l’osservazione più frequente che mi sento fare è “alla fine siamo tutti dipendenti da qualcosa” “in fondo ognuno ha la sua dipendenza”. Sbagliato. Le persone di solito fanno due errori opposti parlando di dipendenze: quando si tratta di droghe, non si capisce bene la differenza tra avere un vizio e una dipendenza. Quando invece si parla di dipendenze da comportamenti comuni, o addirittura inevitabili (cibo, sesso) si usa il termine di dipendenza, ma “per modo di dire”. “Tutti hanno una dipendenza” vorrebbe dire che tutti hanno il loro vizio, il comportamento a cui sono legati e in cui a volte esagerano perché hanno bisogno di sfogo o gratificazione. La dipendenza è qualcosa di nettamente diverso.

Dott. Matteo Pacini

La ragione per cui le persone chiedono di essere curate è innanzitutto perchè non provano più piacere, e che non riescono a evitare di cercarlo nell’oggetto da cui sono dipendenti. Così non ha senso pensare che un dipendente da sesso sia una persona con una grande vita sessuale, così come non ha senso pensare che un dipendente da cibo sia uno che fa del mangiare una ragione di vita e solo con quello trovi soddisfazione. I grandi obesi, così come i sesso-dipendenti, sono soggetti che non sono soddisfatti di ciò a cui dedicano tempo, energie e aspettative, ma sono istintivamente condannati a cercare proprio in quel comportamento la fonte di piacere.

Da cosa nasce una dipendenza ?
Considerando che si può diventare dipendenti da sostanze chimiche così come da comportamenti o stimoli ambientali, è evidente che la dipendenza non è qualcosa che inizia da subito, ma si costruisce. La parte di cervello che si altera è la stessa che normalmente serve a produrre piacere, e quindi niente di strano se il risultato finale è la perdita del piacere. Il meccanismo si può paragonare a quello di un termostato, che sollecitato a tenere alta la temperatura alla fine si rompe e segnala sempre una temperatura troppo bassa, anche quando dovrebbe aver raggiunto la temperatura desiderata. Così surriscalda l’ambiente e comunque dà il segnale di temperatura non in regola. Il cervello del dipendente eccede nel ripetere un comportamento e segnala un livello di gratificazione insufficiente.

Non si tratta di una insoddisfazione di partenza, è un punto di arrivo. Infatti chi si stimola in un modo o nell’altro all’inizio ne ricava soddisfazione (una vincita, un orgasmo, un piacere del palato etc). Alcuni stimoli possono indurre dipendenza, altri no, e questo varia a seconda della struttura dello stimolo: ci sono cibi che inducono perdita di controllo, tipi di gioco d’azzardo che sono a rischio, tipi di stimolazione sessuale che inducono dipendenza. Nel caso di comportamenti che hanno un corrispettivo fisiologico, come il mangiare e il sesso, il risultato è che il canale di piacere è alterato, e la persona non riesce più a svolgere quell’attività in maniera soddisfacente.

Ad esempio, nella dipendenza sessuale la persona di solito inizia a cercare rapporti o occasioni di masturbazione, consuma materiale pornografico e sacrifica a questo tempo e risorse. Il tipo di sessualità può divenire “perverso”, ossia richiedere un tipo di stimolo diverso da quello iniziale (rapporto reciproco con un partner). Il vero problema è che, al di là delle inclinazioni sessuali, il dipendente investe sempre di più e ricava sempre di meno. I pazienti dipendenti da sesso lamentano il venir meno dell’attenzione alle precauzioni igieniche, della perdita di selettività, con scelta del primo partner disponibile, anche contro le proprie inclinazioni sessuali o di gusto, e coinvolgimento in ambienti rischiosi. Vizio sessuale e dipendenza sono quindi due stati diversi: uno è organizzato e produce piacere alla persona, l’altro è una fonte di sofferenza ed è fuori controllo, rispetto a come la persona vorrebbe organizzare l’attività sessuale e il resto della sua vita.

Non è raro che i soggetti sesso-dipendenti coinvolgano altre persone nel problema, ad esempio costringendo i partner ad avere rapporti di gruppo, o prestazioni che il partner non gradisce, verso un rapporto che quindi perde di reciprocità e diventa egoistico. Può accadere che i sesso-dipendenti diventino violenti, per due motivi: uno è che al rifiuto dei partner di sottostare a prestazioni sempre più particolari o estreme si arrabbino, l’altro è perché il sesso aggressivo o la tortura sessuale possono essere tentativi “perversi” di provare piacere per chi non riesce più a provarlo in altro modo ed è in preda ad un istinto di piacere incontrollato. Alcuni stupratori seriali, proprio perché in preda ad un istinto sessuale violento e urgente, approdano allo stupro, nell’impossibilità di trovare immediatamente partner consenzienti o perché dipendenti dall’emozione dell’aggressione.

Per fortuna la maggior parte dei dipendenti sessuali non divengono pericolosi, e si limitano ad una porno-dipendenza.

Per quanto concerne la dipendenza da cibo, essa è considerata la forma prevalente di obesità, anche se non tutti i cibo-dipendenti sono obesi. L’aumentata disponibilità di cibo, e soprattutto il cibo “spazzatura” sono i due fattori che aumentano la probabilità di perdere il controllo sull’appetito. Anche in questo caso le persone  si procurano cibo in continuazione, ma senza provarne reale soddisfazione e dovendo gestire la situazione di sovrappeso o obesità.

Le basi del trattamento delle dipendenze derivano da una conoscenza dei meccanismi cerebrali che le provocano. Così come per le dipendenze da droghe, il cervello dei dipendenti ha due caratteristiche: a) sente di meno il piacere (un numero di recettori minore nei circuiti del piacere); b) tende ad attivarsi verso la ricerca dello stimolo più facilmente, anche quando lo stimolo è risultato inefficace (non piacevole) o tossico (spiacevole). Così il dipendente non riesce a gestire normalmente lo stimolo quando c’è, e non riesce a trarre piacere dal modo “anomalo” in cui lo usa.

Il trattamento utilizza metodi psicoterapici e farmacologici. Niente di strano che la cura ad una dipendenza “non chimica” possa essere un farmaco, perché l’obiettivo del farmaco non è trattare l’intossicazione chimica, ma restituire il controllo al comportamento: questo aspetto è presente in tutti i tipi di dipendenza. Sono stati provati con un successo apprezzabile trattamenti farmacologici per la dipendenza da gioco, per la cleptomania. Esistono inoltre una serie di farmaci usati nel controllare l’impulsività e l’euforia patologica (utilizzate nel disturbo bipolare) che sembrano utili anche nel ridimensionare le dipendenze comportamentali.

Nelle dipendenze comportamentali, e qui è ancora più evidente che nella dipendenza da droghe, l’obiettivo consiste nel ripristinare il controllo, e non significa chiedere alla persona di bloccare da solo il suo comportamento. Anche perché, in questo caso, non avrebbe senso chiedere di non mangiare o non fare più sesso. Non avrebbe senso neanche chiedere di “non eccedere”, perché non si tratta di un eccesso, ma di una perdita di controllo, che risulta poi spesso anche eccessiva “in quantità”. Un sesso-dipendente corre rischi (infezioni, problemi legali) ogni singola volta, e non solo perché cerca troppi rapporti. Un cibo-dipendente può avere problemi di salute legati all’obesità, ma vive infelice anche quando è moderatamente sovrappeso o anche se periodicamente riesce a fare diete e dimagrire. Per questo è  spesso necessario anche spiegare al paziente di cosa deve e non deve preoccuparsi, cosa può promettere a se stesso e quali prove di forza invece non conviene fare, per evitare le delusioni e il senso di fallimento o di colpa. I sentimenti negativi infatti non aiutano a recuperare il controllo, e anzi creano un meccanismo a circolo vizioso che spinge ancora di più verso la dipendenza”.

 

 

Silvia Trevaini

Videonews

 

2 risposte a “Dipendenza da cibo, sesso, gioco: che fare? Parla lo psichiatra

  1. Illuminante punto di vista sulle dipendenze, ma il consiglio di ricorrere al farmaco arriva, a mio parere, ad essere giustificato in maniera fin troppo marcata e apparentemente univoca. Interessante sarebbe una breve nota sugli accennati metodi psicoterapeutici.

    Inoltre, se si tratta di un problema di basso autocontrollo, non sarebbe l’ideale un progressivo ripristino di questo attraverso un percorso di graduale auto-aiuto? L’autocontrollo per definizione non è qualcosa a cui si può supplire dall’esterno.

  2. No, sono le risultanze. Non è un problema di basso auto-controllo, l’articolo non dice questo. Se avesse capito questo, può approfondire o rileggerlo meglio. Altrimenti è un equivoco, dice una cosa totalmente diversa.
    E’ un problema di controllo, l’autocontrollo è solo un controllo automatico di cui siamo dotati, è perso nelle dipendenze. Certo che si ripristina per azione di un agente esterno, che agisce sul cervello. E’ proprio così.
    Altrimenti il malato che si guarisce da solo è solo un equivoco di cosa sia una malattia.

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