Fumano, bevono ma campano 100 anni

Sembra che tutti quelli che conosco abbiano un parente che, pur conducendo uno stile di vita alquanto insalubre, ha vissuto a lungo. “Mio nonno fumava e beveva scotch, però ha vissuto fino a 95 anni” mi dicono. Queste storie vengono usate come giustificazione per non vivere una vita salubre. Però, una volta che scopri la verità su questi fumatori cosiddetti longevi, comprendi che ce l’hanno fatta per pura fortuna genetica.
Moltissime fra le persone che raggiungono l’età di 100 anni nella nostra società occidentale, con una dieta e uno stile di vita standard, lo fanno perché sono estremamente fortunate, non perché abbiano uno stile di vita che favorisce la longevità. Quando qualcuno mi racconta una storia come questa, faccio notare che la grande maggioranza delle persone nelle società occidentali sviluppa malattie degenerative. Per provarlo, basta semplicemente che ti guardi attorno. Quante persone conosci, sopra i 60 anni, che non abbiano qualche forma di malattia cronica? Quante persone conosci, anche solo sopra i 45 o i 50, che non prendano medicine? Le sole persone che non prendono farmaci sono quelle che si dedicano attivamente alla loro salute – gli entusiasti del fitness, i vegetariani, i salutisti, e i flexitariani (dieta vegetariana flessibile). La grande maggioranza delle persone muore di malattie cardiache, di cancro, ecc.

“Ok, bene, ma allora preferisco godermi la vita finché posso piuttosto che vivere una lunga vita noiosa”.

Quando le persone comprendono che, in realtà, i fumatori centenari sono alquanto rari, sento sempre dire qualcosa del genere. “Perché dovrei cercare di seguire uno stile di vita salutare e privarmi di così tanti dei fantastici piaceri della vita nella speranza, forse, di invecchiare?” Dicono, “Perché fare tutta questa fatica? Così non ti godi la vita nel presente. Goditi la vita nel presente. Moriremo tutti di qualcosa.”  Questa argomentazione riguarda essenzialmente il rapporto costi-benefici. Vediamo allora il perché di certe reazioni nello specifico e come comportarsi, insieme al nostro esperto di alimentazione fruttariana Giorgio Bogoni.

Personalmente non ho un ricordo del tempo in cui tenevo un atteggiamento alimentare da onnivoro come di un periodo in cui mi stessi “godendo la Vita”.

Ho piuttosto memoria di quel tempo come ad anni durante i quali mangiavo in maniera profondamente inconsapevole, poco più che un atto dovuto al mio istinto di sopravvivenza.

Ricordo grandi abbuffate in tributo al senso di appartenenza ad un gruppo, familiare o di amici, quasi il mangiare assieme servisse a celare l’inesistenza di un motivo per ritrovarsi, il grande vuoto che si sarebbe provato confrontandosi con il non aver nulla da dirsi, se neppure mani e bocca fossero state impegnate in una qualche attività.

Ricordo il conseguente senso di appesantimento durante lunghe e faticose digestioni e la relativa sonnolenza.

Ricordo l’inutilità di tutto questo, limitata al ridicolo vanto di aver cenato in un determinato ristorante, piuttosto che aver pasteggiato o brindato con qualcosa di riconosciuta importanza. Quasi si acquisisse valore sociale sulla base di ciò che si consuma.

Fortunatamente non ho protratto questo atteggiamento con la determinazione necessaria a sviluppare una qualche patologia, forse ci sono andato vicino.

Diversamente, ho memoria del mio stile di Vita dapprima da vegetariano e poi da fruttariano, come ad un percorso che ha indubbiamente richiesto attenzione, ripagata però abbondantemente.

Una sensazione paragonabile ad un risveglio primaverile dopo il torpore dell’inverno: leggerezza, freschezza, lucidità mentale, indipendenza da molti schemi sociali… in definitiva, nuovi parametri con i quali definire il “godersi la Vita”.

Purtroppo è però estremamente difficile spiegare tutto questo a chi vive ancora il ridurre la varietà e la quantità del cibo consumato come ad una qualche sorta di limitazione, semplicemente perché si sta privando da solo dell’opportunità di fare quest’esperienza.

Comunque, tornando mentalmente indietro di molti anni, posso comprendere il ragionamento in termini di costi/benefici; invito però a non pensare in termini di longevità, ma di qualità della Vita.

In termini di Benessere durante gli anni trascorsi con i nostri cari, senza temere di doversi confrontare con una malattia degenerativa, che diventerebbe inevitabilmente parte anche della loro stessa esistenza.

E qui mi ricollego al tema di questo articolo, a quei pochi fortunati annoverati tra i centenari, pur ostentando uno stile di Vita tutt’altro che salutare per un’intera esistenza.

Credo di non dire nulla di nuovo se metto in evidenza che le più importanti malattie con le quali si confronta la società moderna sono imprescindibilmente correlate con lo stile di Vita ed, in particolare, con l’alimentazione. Questa non è “una realtà”, ma “la Realtà”. Nessuno la mette ormai in dubbio, in quanto l’importanza della componente genetica è stata universalmente ridimensionata.

Non abbiamo ad oggi gli elementi per spiegare la lunga Vita di un indiano Sioux che ha trascorso la sua esistenza a fumare, ma questa figura semplicemente non appartiene all’ambiente in cui viviamo e non è utile prenderla ad esempio, se non per cercare di trovare una giustificazione alla nostra insufficiente forza di volontà ad intraprendere un qualche cambiamento positivo nella nostra esistenza.

So di non dover aggiungere altro.

La Vita è quello che ci aspettiamo che sia, fate del vostro futuro un progetto di Salute e Benessere senza pensare che sia un sacrificio. Non lo è, ve lo assicuro. Sarà piacevole, stimolante e divertente.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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