Intelligenti si nasce o si diventa? Per decenni la scienza ha cercato di sciogliere questo enigma, ma a tutt’oggi non è in grado di assegnare un ruolo decisivo alla genetica o all’impatto dei fattori ambientali.
“Una cosa è certa, la reattività agli stimoli e la disposizione a imparare è presente prima della nascita e continua per tutta la vita”, sostiene Giuseppe Ferrari, pediatra. “Ogni sollecitazione, però, è anche una piccola fatica che deve essere commisurata alla capacità del bambino. Così come non daremmo mai loro da sollevare un peso che vada al di là delle loro forze, non dobbiamo neanche sottoporli a eccessiva tensione psichica”.
Apprendere significa soprattutto…eliminare!
È diffusa l’idea che l’apprendimento consista solo nell’accumulare informazioni. Al contrario, soprattutto nei primi anni di vita, imparare significa principalmente eliminare, scremare, per dare forma a una materia ancora grezza, qual è il cervello del neonato, così come fa lo scultore con la sua opera partendo da un blocco di marmo. Il cervello del neonato ha moltissimi neuroni e poche sinapsi (collegamenti fra un neurone e l’altro). Dopo i 2 anni il numero di sinapsi raggiunge il livello di un adulto e questo continua a crescere fino all’incirca ai 10 anni di età del bambino. A questo punto il cervello comincia a specializzarsi eliminando le sinapsi che ritiene inutili. A 18 anni poi il processo ha termine e la configurazione del cervello è pressoché definitiva. Per questo non è tanto importante immergere il bambino in un mare di stimoli, ma scegliere quelli che interessano e piacciono a lui. Perché saranno proprio questi a essere assorbiti più facilmente.
Cosa fa crescere l’intelligenza
L’ intelligenza nasce dal corpo e si struttura nella mente. Scoprire per esempio che il calzino ha un davanti e un dietro è un pensiero che coinvolge tutto il cervello (abilità motorie e percettive e coordinazione). Lasciamolo quindi sperimentare: per lui sarà più semplice immaginare o capire qualcosa che ha visto, toccato e percepito a livello sensoriale.
Le tue parole sono come un seme
Come dice lo scrittore Pietro Citati: “Leggiamo al bambino le storie fantasiose di Pinocchio, Alice nel Paese delle meraviglie, l’Odissea. Non importa che ora afferri solo una piccola parte dei loro significati. Lo spirito dell’infanzia si impadronisce di tutto”. Anche parlargli con un linguaggio ricco e difficile, senza storpiature infantili, accresce il suo vocabolario.
Fagli usare le dita e parlerà prima
Diversi studi dimostrano che nei primissimi mesi di vita stimolare l’uso delle dita favorisce l’ intelligenza verbale. Le aree del cervello deputate a queste due funzioni sono infatti vicine e s’influenzano reciprocamente. Quindi, tutte le volte che nostro bambino prende in mano un oggetto, ricordiamoci di nominarlo. Così lui ricorderà più facilmente il nome delle cose.
Le tue carezze sono come vitamine
Lo conferma anche la scienza: i bambini che ricevono carezze e piccoli massaggi hanno uno sviluppo psicofisico più armonioso. La stimolazione tattile contribuisce a moltiplicare le connessione neuronali (sinapsi). Ai giochi sonori cosiddetti intelligenti, nei primi mesi sono da preferire quelli morbidi e rassicuranti, come un semplice peluche.
Cosa spegne l’intelligenza
Perfezionismo: “Fallo bene o lascia perdere”: sbagliare è per i bambini l’occasione di imparare e di conoscersi, ecco perché non dovremmo riprenderli né star loro col fiato sul collo quando si cimentano in qualcosa. Non correggerlo e basta, ma dagli sempre un’alternativa: “Proviamo in questo altro modo”.
Confronto: “Tuo fratello ha imparato subito”, “Puoi prendere nove come Luigi”, “Con più allenamento faresti più gol”, lo diciamo per stimolarlo, ma su di lui queste parole hanno l’effetto contrario. Lascia al bambino i suoi tempi e la possibilità di brillare spontaneamente in ciò per cui è portato.
Eccesso di regole e limitazioni: “La matita serve solo a disegnare, non ci si gioca”, “La mela si colora di rosso non di blu”… il tuo intervento ha intenti educativi, è vero, ma limita la creatività e la fantasia. Lascia che si esprima come vuole. Per lui l’albero può essere giallo perché magari si ricorda che in una fiaba era così…
Iperprotezione: il bambino va incoraggiato a sperimentare, in situazioni protette ma non troppo. Permettigli di allacciarsi le scarpe da solo se lo vuole fare, di abbottonarsi la camicia anche se sbaglia le asole, di pagare lui il gelato anche se non sa contare. Il bambino vestendosi impara la sequenza giuste delle cose e allena la logica.
Monotonia: il cervello ha bisogno di essere sorpreso. Studi recenti hanno dimostrato che le novità accendono i centri di motivazione e gratificazione e che questi, forse anche grazie al rilascio di dopamina (sostanza che regola i circuiti cerebrali del piacere), stimolano apprendimento e memoria. Offrendo cose nuove alla sua mente s’intende anche mostrare al bambino un modo diverso di fare le cose rispetto a come lui è abituato. Alla soluzione si può arrivare da più strade.
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