“Il titolo di questo articolo è tutto un programma. Quando mi vengono proposti argomenti di questo genere, l’istinto primario è quello di fuggire. Poi, ripensandoci, ti rendi conto che proprio questo è il problema che attanaglia l’argomento Nutrizione. Da qualunque parte ti volti e a qualunque livello culturale ti poni, l’informazione che riguarda gli alimenti giunge sempre più confusa: non si può dare la colpa, infatti, soltanto ai ciarlatani della peggior specie di sguazzare nella confusione di parole che essi stessi generano. Purtroppo ci si mettono anche gli “scienziati”, che molto spesso, al solo fine di fare bella figura e di pubblicare qualche articolo, forniscono informazioni probabilmente vere ma non correttamente interpretabili da un pubblico inesperto.
Riguardo al rapporto tra alimenti e glicemia, la bufala più evidente riguarda l’indice glicemico. L’indice glicemico di un alimento indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo dell’alimento contenente 50 g di carboidrati: viene ottenuto misurando l’andamento della curva a campana dal momento dell’ingestione a due ore dopo. Questo parametro è espresso in percentuale, e si rapporta comunemente alla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio o di pane bianco.
E su questo non ci piove. Che ciò però possa avere un risvolto pratico ed una sua efficacia nella gestione quotidiana della glicemia per un diabetico è assolutamente discutibile. Se è pur vero che un alimento ricco di carboidrati come la pasta, il riso o altri, assunto isolatamente determina un differente aumento della glicemia, è altrettanto vero che il suo assorbimento può essere influenzato da molteplici condizioni. L’associazione con grassi, proteine, fibra, la composizione variata del pasto e moltissimi altri fattori contribuiscono a modificare la velocità di assorbimento per lo più riducendola. Consigliare quindi ad un profano l’assunzione di un alimento piuttosto che un altro in base al solo indice glicemico è, volendo essere delicati, quantomeno superficiale! Che poi questo fantomatico indice glicemico abbia influenza ed efficacia nel determinare la composizione di una dieta dimagrante è fantascienza pura. La vigliaccheria più grossa che viene perpetrata nei confronti del pubblico è quella di affermare che il cittadino/consumatore/paziente non è un bue ma è capace di discriminare autonomamente tra tutte le informazioni che riceve. Niente di più falso!
Noi tutti, infatti, a seconda dei casi, siamo “popolo bue”: nel momento in cui ci avviciniamo ad argomenti che non sono di nostra competenza e nei confronti dei quali abbiamo soltanto informazioni approssimative, siamo del tutto indifesi. Ci sarebbe bisogno quindi di esperti che ci dessero informazioni concrete ed efficaci, ripulite da inutili citazioni scientifiche; purtroppo molto spesso la realtà e la concretezza sono ben poco affascinanti e poiché il mercato è alla costante ricerca di soluzioni capaci di colpire, anche l’esperto come il ciarlatano finisce per provare a stupire con “effetti speciali”, riducendo molto spesso la verità al rango di bufala.
Il campo delle diete è costellato di fantastiche novità che si susseguono a ritmo incessante: la dieta dell’indice glicemico, la dieta delle intolleranze alimentari (“cosa c’entreranno poi le intolleranze con il peso…?”), la dieta chetogenica (“ma l’acetone nei bambini non si curava…?”), beveroni e tisane a più non posso, il tutto soltanto per portare via qualche soldino in cambio di una fugace speranza!
Il primo approccio al paziente diabetico non dovrebbe mai essere farmacologico, bensì soltanto nutrizionale, cosa che accade assai di rado. Solo successivamente ed in funzione della dieta, dovrebbe esser instaurata l’adeguata terapia. Inoltre molto spesso anche i servizi dietetici legati alla diabetologia hanno ben poca autonomia di pensiero e sono in balia delle mode nutrizionali del momento tanto che non è difficile vedere diete dissociate assegnate a pazienti diabetici. Una vera assurdità! Per tornare al concreto, i cibi anti-glicemia non esistono, non esiste un cibo che fa bene e uno che fa male. Per controllare la glicemia è sufficiente rispettare una distribuzione equilibrata dei carboidrati nella giornata ed assicurarne una assunzione sempre, o quasi, contemporanea a quella di proteine e di grassi che ne modulano e ne rallentano l’assorbimento. In modo particolare è opportuno privilegiare l’assunzione di carboidrati complessi (pane, crackers, grissini…) nei fuori pasto, limitando l’assunzione di quelli semplici (frutta, dolci…) al termine di pasti principali in cui sono presenti gli altri nutrienti sopra citati. Al di là di queste poche e semplici regole, ogni ulteriore considerazione non può che essere formulata in funzione delle peculiarità del singolo paziente.
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