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Contro l’insonnia? Lo yoga è un toccasana

Non si dorme perché ci abbiamo dato dentro tutto il giorno. E staccare sembra impossibile. Non si dorme perché la sera il piatto è troppo pieno. Non si dorme per i pensieri, che si affastellano. Non si dorme perché il giorno dopo sarà uguale al precedente.  Mentre il nostro dormire a volte non lo è, perché le difficoltà della vita, che spesso non sappiamo prendere con distacco, si trasformano in contratture muscolari che ostacolano il fluire del respiro. Inoltre anche passare le notti in bianco è un vero problema. Di insonnia, infatti, soffrono il 64 per cento degli italiani che vorrebbero sconfiggere questa difficile situazione per vivere meglio.  L’insonnia, quando si presenta come fenomeno persistente e non come episodio occasionale, spesso ha le caratteristiche di un sintomo. Una personalità ansiosa e complessa favorisce l’insonnia, poiché questo stato si riflette nel sonno.

La pratica dello Yoga contro l’insonnia

Quando lo yoga viene praticato con regolarità ed entusiasmo si ottengono benefici straordinari: il corpo si rigenera, ringiovanisce, la respirazione diventa lunga, profonda e in grado di disintossicare l’organismo. Inoltre il sistema immunitario si rafforza. Lo Yoga della Tradizione o Ashtanga Yoga, è praticabile a qualsiasi età e la meditazione, che è parte integrante di tale percorso, permette di scoprire una realtà interiore di grande felicità, qualcosa di sempre nuovo che garantisce indipendenza di giudizio, facilità nei rapporti umani e promuove naturalmente un sano distacco dalle molte occasioni di dolore che costellano la vita.

Una corretta respirazione aiuta a dormire meglio

Alla base di tutte le tecniche Yoga di rilassamento c’è lo studio del respiro. Le quattro fasi del respiro, inspirazione, pausa a polmoni pieni, espirazione, pausa a polmoni vuoti, sperimentate e adattate alle esigenze specifiche del praticante, modificano  la qualità e la quantità del respiro: per la loro interazione col sistema nervoso, responsabile anche della qualità del sonno, se usate ad arte prima di addormentarsi o nell’occasione di un risveglio precoce, possono debellare anche l’insonnia più tenace. Le tecniche respiratorie consentono di allungare i tempi di inspirazione ed espirazione a volontà: ciò comporta l’assorbimento di una maggior quantità di ossigeno da parte dei nostri tessuti. Imparando dunque ad usare il respiro in modo più pieno si individua nella fase di espirazione uno strumento fondamentale per rilassarsi. Un’espirazione prolungata, a cui si accompagni consapevolmente la distensione muscolare, diventa una forma espressiva molto convincente che il sistema nervoso accetta senza riserve.

Cinque ore di sonno “buono”

Non è necessario dormire otto ore per notte per essere riposati: bastano 4-5 ore, ma il sonno deve essere “buono”, per eliminare la stanchezza e ristabilire l’equilibrio psicofisico. Il sonno ideale dunque è quello non troppo lungo, ma profondo, meglio se privo di sogni; questi di solito, trattandosi di fenomeni naturali, non disturbano il sonno, ma se diventano troppo reali, sono da tenere sotto controllo. Attraverso i sogni infatti una persona può rivivere eventi traumatici o scioccanti che, se non vengono opportunamente elaborati dalla ragione, tendono a riemergere durante il sonno. Grazie alla meditazione, un praticante di Yoga affronta con maggior distacco e con un atteggiamento più selettivo le sue emozioni, i suoi desideri, i sentimenti e le esperienze quotidiane, che affluiscono al cervello in maniera più ordinata.

 

Essere consapevoli del ritmo del respiro

In particolare, contro l’insonnia, è consigliabile praticare il pranayama, tecnica respiratoria in cui l’espirazione è più lunga dell’inspirazione, che si esegue in questo modo: distesi supini sul letto, con la luce spenta, spingere leggermente i talloni verso il muro di fronte a noi per distendere la muscolatura posteriore, abbassare le spalle per sciogliere molte tensioni nella nuca e nella parte alta del dorso. In questa posizione si effettua la respirazione con il naso, evitando un’inspirazione molto profonda per non assumere troppo ossigeno. Si continua a respirare in modo da equilibrare l’inspirazione e l’espirazione ed assumere consapevolezza del ritmo del respiro, allungando via via l’espirazione; più si è concentrati sul controllo del respiro, più si distoglie l’attenzione dai pensieri ricorrenti che provocano ansia.

La posizione del morto o del cadavere, può essere propedeutica per il sonno. Mettendo le mani sull’addome, godendone il sollevamento nell’inspirazione e il lento abbassarsi nell’espirazione, si entra a contatto con una parte profonda e si realizza qualcosa di diverso dal banale e a volte inutile forzarsi a dormire a tutti i costi, continuando a litigare con la stanchezza. Dormire è dimenticarci di noi stessi, è un regalo che ci facciamo, che abbiamo il miracolo di farci ogni notte. E questo dimenticare si trasforma in profondo ricordo e reale vita, perché nella fase R.E.M. uniamo in modo creativo ricordi anche molto lontani tra loro.

Il sonno nel profondo

Da un  articolo dello Yoga Journal, dedicato a Roger Cole, insegnante Iyengar da tempo impegnato in ricerche e sperimentazioni circa il legame tra sonno e yoga, Cole spiega che “durante la fase profonda avviene una vera e propria paralisi. Se si riuscisse a fare stretching da addormentati, si riuscirebbe ad allungarsi totalmente, perché durante alcune fasi del sonno i muscoli non hanno tono. Il sonno ci serve. Nel sonno ci liberiamo di tutte le informazioni che non spenderemmo comunque. Cole stesso definisce il sonno una “perdita temporanea reversibile di coscienza”. Inoltre il sonno è una cura di bellezza.

 

Silvia Trevaini

Videonews

 

 

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