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La vitiligine: cos’è? Come si può intervenire?

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Dott.ssa Sabine Pabisch

 La vitiligine è un disordine acquisito non infettivo della pigmentazionecutanea  che si manifesta con chiazze di colore bianco latteo ben circoscritte e a superficie liscia. In corrispondenza di tali chiazze non sono più identificabili i melanociti preposti alla produzione di melanina che concorre alla formazione del  colorito naturale della pelle. Ce ne parla oggi la Dott.ssa Sabine Pabisch del Centro Medico Visconti di Modrone.

La patologia interessa in maniera uguale entrambi i sessi e non è affatto rara, dal momento che si presenta in forme più o meno gravi nello 0,5-1% della popolazione mondiale con problematiche psicosociali rilevanti soprattutto nelle popolazioni di fototipo medio e scuro, le quali vivono la loro condizione come un vero e proprio handicap estetico.

Anche se può manifestarsi a qualsiasi età, nella metà dei casi la vitiligine insorge tra i 10 e i 30 anni.

Il fattore più importante sembra essere la familiarità che si ravvisa in 3 pazienti su 10 con meccanismi poligenici oggetto di intensa ricerca in campo genetico. Il sole e i raggi ultravioletti invece non rivestono un ruolo scatenante; tendono però a rivelare maggiormente la patologia accentuando il contrasto tra la cute indenne che si pigmenta e quella colpita che rimane bianca. I pazienti spesso riferiscono traumi psico-affettivi all’origine del primo disturbo.

L’estensione e la distribuzione delle chiazze permettono la distinzione in forme generalizzate che colpiscono simmetricamente più distretti cutanei e forme localizzate a comparsa in età più giovanile. Si tratta comunque di una malattia imprevedibile che può restare silente per anni o avere progressioni repentine.

Tra le diverse teorie avanzate per spiegare l’insorgenza di vitiligine la più accreditata oggi appare l’ipotesi autoimmune sostenuta dal fatto che si presenta sovente associata a patologie di questa sfera, più frequentemente quelle tiroidee. Per questo motivo il paziente con vitiligine dovrà eseguire uno screening anticorpale  volto ad escludere queste patologie che, se presenti, vanno inquadrate e curate.

Il trattamento della vitiligine deve essere adattato all’estensione della patologia e all’entità del disagio psicologico. In linea generale rispondono meglio i casi di recente insorgenza e le localizzazioni del viso e del tronco, mentre le chiazze periferiche delle mani e dei piedi e quelle genitali sono meno responsive.

Nelle forme che interessano meno del 10% della superficie cutanea è indicato un trattamento di tipo locale. Ancora oggi si utilizzano i corticosteroidi di medio-alta potenza che sotto sorveglianza medica possono essere applicati per 1-2 mesi. In alternativa si utilizzano creme a base di inibitori della calcineurina come il tacrolimus e pimecrolimus.

Integratori a base di antiossidanti contenenti betacarotene, vitamina C, vitamina E, l-tirosina, l-cisteina, selenio, rame e zinco vengono proposti in base alla teoria che il danno ai melanociti venga indotto da radicali liberi. Possono costituire un elemento coadiuvante, ma non risolutivo.

Le forme più estese invece si trattano con buoni risultati con la fototerapia. Oggi spicca per efficacia la fototerapia UVB a banda stretta che si basa sulla stimolazione delle aree colpite con luce visibile a 311 nm di lunghezza d’onda ( escludendo le lunghezze d’onda più eritemigene) promuovendo così la ripopolazione da parte dei melanociti provenienti dalla cute sana. L’80% dei pazienti mostra un qualche miglioramento nei primi 3 mesi di terapia, ma l’arco di tempo  per ottenere una ripigmentazione completa può anche arrivare ad un anno. Si possono trattare anche i bambini dai 6 anni di età.

Recentemente per le forme poco estese e di recente insorgenza si utilizzano anche apparecchiature con sorgenti di luce monocromatica ad Eccimeri a 308 nm (MEL). I protocolli utilizzati sono simili a quelli della fototerapia a banda stretta.

Infine per casi molto resistenti si propone il trattamento chirurgico con innesto  di cute pigmentata proveniente dal paziente stesso in cute lesionata. Da sottolineare che queste tecniche, impegnative e difficili, devono essere effettuate da esperti e permettono di trattare lesioni localizzate e non troppo ampie.

Non da dimenticare la pratica del camouflage che si avvale di fondotinta altamente specifici in grado di coprire in maniera perfetta eventuali zone del viso o delle mani. Spesso è l’unico accorgimento adottato, soprattutto nei pazienti più restii a sottoporsi a lunghi trattamenti fototerapici.

 

Silvia Trevaini

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