Obiettivo Benessere

Il Sordomutismo: non due malattie!

E’ paradossale il fatto che a distanza di anni (o meglio, di secoli) ancora si parli di “sordomutismo” facendo riferimento a quei soggetti affetti da grave sordità congenita e incapaci di parlare. E, riferendosi a chi non sente e non sa esprimersi, ipotizziamo due malattie. Necessita una urgente smentita e una ridefinizione del problema. Ne parliamo con il Dott. Roberto Barocci, otorinolaringoiatra del Centro Medico Visconti di Modrone.

Si tratta, infatti, di soggetti che nascono con gravi problemi uditivi ma non muti, cioè non presentano difetti degli organi e delle funzioni vocali. La funzione vocale, il parlare, viene a mancare in quanto non è attivata e sollecitata da normali stimoli acustici. Cioè, se non sento le sillabe, le parole, le frasi, non riuscirò mai a riprodurle e quindi non imparerò a parlare. Infatti, se questi piccoli pazienti nati sordi vengono “immersi nel bagno sonoro fisiologico” in tempo utile e con procedure appropriate, potranno acquistare la capacità di esprimersi con linguaggio vocale.

Ma il paradosso non si ferma qui.

Molto spesso si confonde la causa con l’effetto!

Infatti accade che sia il ritardo del linguaggio ad aprire la porta al sospetto della sordità.

Ovviamente con grave ritardo.

Al riguardo giova ricordare quali sono le fasi essenziali dello sviluppo del linguaggio nel bambino normale.

1 anno: 2-3 parole

18 mesi: 20 parole con significato

21-24 mesi: inizio della strutturazione del linguaggio

2 anni e mezzo: 250 parole

Certamente le cause di un ritardo evolutivo del linguaggio possono essere molteplici, ma se un bambino di 18 mesi non pronuncia alcuna parola dotata di significato, e nessuna frase a 30 mesi, diviene indispensabile escludere l’esistenza di una sordità prima di indirizzarsi verso altre ipotesi.

E si apre il voluminoso capitolo delle terapie.

Andando per esclusione, va subito detto che non esiste una terapia medica. Abbiamo due alternative: la protesi acustica e l’intervento chirurgico con l’utilizzo di un impianto cocleare. Il tutto finalizzato a migliorare la performance uditiva per acquisire un linguaggio.

Ma il problema non è così semplice. E proprio per questo sarà valutato a parte. Si segnala soltanto che il conseguimento del miglior risultato passa attraverso l’impegno quotidiano dei genitori, della famiglie e dell’équipe di insegnanti, audiologi, ortofonisti, riabilitatori e psicologi che devono occuparsi del bambino.

E molto spesso lo sconforto e il rimaneggiamento delle problematiche con il passare degli anni portano a risultati modesti.

Parlo del linguaggio e della comunicazione: perché la causa è la sordità ma ciò che si evidenzia è il cattivo “parlare”. E prevale ancora il mutismo, cioè l’effetto e non la causa!

Silvia Trevaini

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