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Aiuto: sto perdendo la memoria!

Sempre più subissati dal flusso di informazioni che provengono dalle fonti più varie, capita, a volte, di accorgerci, con sgomento, che la nostra memoria non è più efficiente come una volta. Fatichiamo a ricordare il cognome di una persona da poco presentata, oppure dove abbiamo lasciato le chiavi, o dimentichiamo un impegno segnato in agenda. Perché succede? Quando va considerato il sintomo di una malattia neurologica? Abbiamo chiesto spiegazioni al Dott. Roberto Sterzi, specialista in Neurologia del Centro Medico Visconti di Modrone.

Quando parliamo di memoria intendiamo la capacità di acquisire, ritenere e rievocare e utilizzare al momento opportuno le informazioni. Si tratta di un sistema complesso, formato da più componenti interconnessi fra loro e corrispondenti a circuiti nervosi ben precisi.  Una prima distinzione va fatta fra la memoria di lavoro, a brevissimo termine, e la memoria a lungo termine.

Quando ci viene riferito un numero di telefono e lo teniamo a mente per il tempo necessario a trascriverlo, stiamo utilizzando la memoria di lavoro. La quantità di informazioni che riusciamo a gestire con questo tipo di memoria sono limitate: in genere 7 più o meno due elementi. Un celebre psicologo americano, G. Miller,  parlava al proposito del “magico numero sette”. Per questo motivo i numeri di telefono non possono essere troppo lunghi. La memoria di lavoro è importante per l’apprendimento di nuove informazioni e nuove competenze. Il contenuto può essere consolidato e quindi memorizzato oppure perso attraverso l’oblio, in maniera analoga a quello che succede se scriviamo un testo al computer: se non lo salviamo, quanto scritto viene cancellato.   Con lo sforzo e con tecniche adeguate si può aumentare l’efficienza di questo tipo di memoria mentre alcune patologie, come la malattia di Alzheimer, ne riducono la capacità.

La memoria a lungo termine equivale al nostro disco rigido sul quale vengono salvate tutte le informazioni, attraverso un processo noto come codifica e consolidamento. Le regioni cerebrali responsabili della funzione di memoria sana includono il lobo temporale, l’ippocampo e i circuiti di collegamento con le aree anteriori del cervello e le aree deputate all’elaborazione delle emozioni.

Si differenzia in due componenti principali: Memoria dichiarativa e Memoria procedurale.

La memoria dichiarativa riguarda i ricordi coscienti, e può essere essere a sua volta distinta in memoria episodica e in memoria semantica. La memoria episodica riguarda i ricordi contestualizzati rispetto al tempo e allo spazio (“Domenica scorsa si sono svolte le elezioni in alcuni comuni”), mentre la memoria semantica è relativa alle informazioni apprese ( “Roma è la capitale d’ Italia”). La memoria autobiografica comprende una componente semantica (come la data e il luogo di nascita, il nome dei genitori, l’indirizzo, etc) e una componente episodica (gli eventi che riguardano la mia vita, come ad esempio, quel particolare giorno in cui mi sono sposato, o il resoconto della giornata di ieri).  

La memoria procedurale racchiude, invece, la maggior parte delle abilità motorie che compiamo in modo automatico, come andare in bicicletta, guidare l’auto o sciare.

Un particolare sistema di memoria, la memoria prospettica, corrisponde alla nostra agenda personale e provvede alla programmazione delle attività future ma anche alla rievocazione, nel momento opportuno, del programma precedentemente predisposto (ad esempio, pianificare un appuntamento e ricordarsene nel giorno e nell’orario corretti, o ricordarsi di assumere un farmaco all’ora giusta). Questo tipo di memoria viene garantito dall’integrità delle aree anteriori del cervello.

Con l’età si verifica una calo fisiologico delle capacità di memoria, che ha il picco proprio al termine del percorso universitario, intorno ai 30 anni. Le abilità acquisite con lo studio ci permettono di contrastare questo calo e di conservare una certa efficienza anche con la progressione degli anni, a patto di mantenere il nostro cervello sempre attivo. Inoltre le forti emozioni e lo stress riducono la nostra capacità di memoria (come a molti è capitato sotto esame), come pure l’utilizzo di farmaci come le benzodiazepine. Anche la depressione può condurre ad apparenti deficit cognitivi sino ad uno stato definito “pseudodemenza” che regredisce con le opportune terapie.

Con l’avanzare degli anni, persone peraltro normali, possono sperimentare difficoltà a ricordare i nomi propri o trovarsi a passare da una stanza all’altra con l’intenzione di compiere una certa azione (ad es. prendere un certo oggetto) e una volta varcata la soglia non ricordare più il motivo dello spostamento. Queste difficoltà se sporadiche e limitate non costituiscono motivo di allarme, si parla infatti di dimenticanze benigne (Benign senescent forgetfulness). Se però i problemi di memoria divengono più frequenti e si associano a altri deficit cognitivi diviene opportuna una valutazione neuropsicologica per individuare una condizione definita “Mild cognitive impairment” (deficit cognitivi lievi) che in alcuni casi, ma non sempre, potrebbe preludere ad una demenza.

Nei casi più gravi, comunque, la perdita di memoria (Amnesia), compromette in modo sostanziale e negativo la qualità della vita di una persona. L’incapacità di formare nuovi ricordi episodici crea, infatti, uno stato di “presente perpetuo”, in cui i nuovi eventi non vengono mai conservati per un successivo richiamo.

Le cause della perdita di memoria possono essere varie, quali le malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer, gli effetti collaterali di alcuni farmaci, carenze di vitamine, ipotiroidismo o lesioni cerebrali conseguenti ad ictus, encefaliti, intossicazioni o traumi cranici.

Le persone che lamentano una perdita di memoria, in realtà hanno problemi soprattutto nella memoria recente, ossia relativa a ricordi che risalgono a ore o a pochi giorni prima.  La memoria relativa agli eventi più lontani nel tempo è generalmente ben conservata nelle fasi iniziali e intermedie della malattia di Alzheimer e ciò crea una situazione paradossale: il paziente che non è in grado di ricordare gli eventi del giorno prima sa riferire in dettaglio e correttamente particolari della propria vita relativi a cinquant’anni prima!

 

Silvia Trevaini

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