I disturbi dell’umore interessano circa il 13% della popolazione generale con un impatto considerevolmente negativo sulla qualità della vita e sul rendimento scolastico e lavorativo, rappresentando una delle principali cause di disabilità nella fascia di età dai 15 ai 45 anni. Ne parliamo con la Dott.ssa Cristina Toni, specialista psichiatra del Centro Medico Visconti di Modrone.
“Tra le varie dimensioni che influenzano l’espressione clinica, il decorso e la prognosi di questi disturbi rivestono un ruolo fondamentale le alterazione dei ritmi circadiani. Questi ultimi sono oggetto di studio della cronobiologia, disciplina rivolta a definire e indagare i processi biologici a carattere ritmico (fluttuazioni dell’umore, attività quotidiane e sociali, appetito, ritmo sonno-veglia, temperatura corporea, increzione di cortisolo e melatonina). I ritmi biologici umani sono regolati da due zone cerebrali: il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e l’epifisi. Il primo costituisce il principale “segnapassi” cerebrale, è attivato dagli stimoli luminosi e controlla la produzione di ormoni dell’ipofisi (ghiandola che produce ormoni in grado di stimolare la tiroide, il surrene e le ghiandole sessuali) e la melatonina da parte dell’epifisi. La melatonina viene prodotta soprattutto nelle ore notturne, in minima misura durante il giorno, ed ha una funzione essenziale nella sincronizzazione del ciclo sonno-veglia, oltre che nella regolazione di produzione di cortisolo e di ormoni sessuali.
Pur funzionando in modo autonomo, questi nuclei “segnapassi” risentono dell’influenza di regolatori esterni (zeitgebers), il più importante dei quali è la luce. Altri zeitgebers sono gli stimoli uditivi, l’esercizio fisico, i ritmi sociali e le attività quotidiane. E’ stato ipotizzato che un’alterazione della routine quotidiana o dei ritmi sociali (es. cambiamento dell’orario di addormentamento, di risveglio, dei pasti, dell’inizio del lavoro) possa in soggetti predisposti facilitare l’esordio di un disturbo dell’umore, in particolare bipolare. Un disaccoppiamento tra i bioritmi endogeni e i sinconizzatori ambientali può dare luogo ai cosiddetti Disturbi da Desincronizzazione. I più importanti sono la Sindrome da Ritardo di Fase del Sonno e la Sindrome di Avanzamento di Fase del Sonno. La prima si caratterizza per un orario di addormentamento e risveglio posticipati (addormentamento nelle prime ore del mattino e risveglio in tarda mattina/primo pomeriggio). Durante le ore diurne i pazienti con questa alterazione lamentano stanchezza e sonnolenza. Nella Sindrome da Avanzamento di Fase del Sonno, al contrario, i soggetti si addormentano molto presto (tardo pomeriggio o primissime ore della sera) per risvegliarsi alle prime ore del mattino. Mentre la prima disregolazione si osserva più frequentemente nei soggetti con disturbo bipolare, la seconda è più frequente nei soggetti anziani e nella depressione.
Per tutte e due le forme, così come per il disturbo bipolare, sono state ipotizzate mutazioni genetiche dei “clock genes”, ossia di quei geni deputati al controllo dei bioritmi.
Differenze nell’espressione dei bioritmi si possono osservare ovviamente anche in soggetti sani, in assenza di disturbi dell’umore. Si parla a questo proposito di cronotipi. Il “cronotipo serale” si caratterizza per un ciclo sonno-veglia ritardato: si addormenta tardi e la sera tende ad avere più energie, la secrezione di melatonina è anch’essa ritardata; nel “cronotipo mattutino” si osserva esattamente l’opposto. In tutti e due i casi la distribuzione dei bioritmi non è tale da comportare sofferenza o disadattamento. Tuttavia, il cronotipo serale sembra più a rischio di sviluppare un disturbo bipolare.
Sicuramente, le alterazioni dei ritmi cronobiologici (appetito, attività quotidiane e sociali, ritmo sonno-veglia, temperatura corporea, increzione di cortisolo e melatonina) sono molto frequenti nei soggetti con disturbo bipolare, costituendo uno degli elementi cardine della fase prodromica e della traiettoria del disturbo ed incidendo negativamente sulla sua gravità. In particolare, nel disturbo bipolare, l’alterazione dei ritmi sonno-veglia potrebbe contribuire a favorire l’insorgenza del quadro affettivo e a influenzarne negativamente l’andamento. E’ stato ipotizzato che l’alterazione del pattern ipnico possa avere un ruolo chiave nella regolazione delle emozioni, con difficoltà di modulazione delle medesime, maggiore reattività emotiva, discontrollo degli impulsi e presenza di comportamenti impulsivi/aggressivi. Inoltre, sembra che i disturbi del sonno possano incrementare il rischio suicidario. Riguardo alle alterazioni nella secrezione della melatonina, è stato osservato che persone con stati di eccitamento avrebbero un aumento dei livelli di melatonina durante il giorno, mentre soggetti con depressione bipolare avrebbero livelli di melatonina più bassi rispetto a controlli. Secondo altre osservazioni, la melatonina tenderebbe ad essere bassa in tutte le fasi del disturbo bipolare. Inoltre, nei pazienti con disturbo bipolare è stata rilevata una ipersensibilità alla soppressione della melatonina da parte della luce.
Anche le variazioni stagionali possono influenzare l’espressione e l’andamento di diversi disturbi psichiatrici, in particolare dell’umore. Gli episodi depressivi, per esempio, possono mostrare una ciclicità circannuale, con espressioni massime al cambiamento di stagione (primavera o autunno), mentre le fasi di eccitamento tendono a manifestarsi più tipicamente nella stagione estiva. Sulla base di questa osservazione è stata proposta la light-therapy per la cura delle forme stagionali di depressione.
Nella pratica clinica, i ritmi cronobiologici possono essere studiati con un misuratore apposito, detto actigrafo. Con questo apparecchio è possibile registrare con precisione il ciclo sonno-veglia e i livelli di attività di un soggetto; la conoscenza di questi parametri in soggetti con disturbi dell’umore può essere di aiuto per individuare un trattamento specifico e personalizzato.
Per esempio, nei ritardi di fase può essere utile la somministrazione di melatonina nelle primissime ore serali, mentre nell’anticipo di fase è stato proposto di somministrare la melatonina nelle primissime ore del mattino. E’ disponibile inoltre un antidepressivo che va ad agire sui recettori della melatonina e per il quale è stata individuato un razionale d’uso soprattutto per le forme in cui si osserva un disturbo da desincronizzazione.
Inoltre, esiste un tipo particolare di psicoterapia (terapia interpersonale e dei ritmi sociali) che si propone di sensibilizzare il paziente con questo tipo di alterazioni al rispetto di orari e di attività secondo i tempi dell’orologio biologico, al fine di conseguire miglioramenti per quanto riguarda la stabilità emotiva e i livelli di energia.”
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