Ad ogni cosa il suo nome. Mai principio fu maggiormente preso alla lettera! Pare che non si possa più semplicemente mangiare, ma sia necessario uniformarsi a questo o a quel regime alimentare/dietetico/filosofico per poter star tranquilli che la nostra alimentazione sia sotto controllo. Non è un mistero per nessuno che regimi alimentari che solo dieci o vent’anni fa erano ritenuti scelte (o necessità) elitarie di pochi oggi siano divenute delle vere e proprie mode, delle tendenze a cui uniformarsi: senza carne, senza derivati animali, senza latticini, senza glutine…. Al di là di specifiche necessità o scelte spirituali (appannaggio comunque di minoranze), l’ascesa e la fama mediatica di questi regimi alimentari rivela quanto sia ormai diffuso l’appeal del richiamo di un qualsivoglia tipo di alimentazione purché: escludente/limitante uno o più tipi di alimenti, ispirato a principi etici/spirituali o salutistici di qualche tipo che suggeriscano una regola. Vediamo insieme al nostro esperto di alimentazione fruttariana Giorgio Bogoni cosa significa e quali possano essere i benefici per una persona di vivere questo vegetarianismo “flessibile”.
Di fatto ci consente di “scegliere di non scegliere”, in quanto ci invita ad adottare un’alimentazione che, per lo stesso significato del termine, non è una precisa scelta!
Peraltro il concetto mi piace ugualmente perché, in ambito alimentare, le categorizzazioni aiutano ad assumere consapevolezza circa dove ci si trovi nel continuo del proprio Percorso di Perfezionamento Alimentare.
Esiste infatti un procedere per successive restrizioni nella qualità di quello che si mangia (vegetariano, vegano, vegano-crudista, fruttariano) e l’indiscusso beneficio di diventare flexitariani è proprio quello di aver fatto il primo passo.
Questo è il motivo per il quale accolgo con favore questo “gradino a mezza altezza” a costituire uno spunto per incamminarsi su questa scala salutistica.
È un primo importante livello di attenzione nei confronti del nostro corpo e delle esigenze del Pianeta, inteso sia come ecosistema che come collettività.
Non è chiaramente prevedibile se il flexitariano diventerà vegetariano o, nel tempo, dimenticherà questa sua scelta tornando a mangiare carne quotidianamente; tuttavia, l’impegno è comunque apprezzabile ed è indiscutibile che avrà conseguito, seppure per un breve periodo, benefici al suo stato di Salute e a quello di noi tutti: a conti fatti, tre flexitariani impattano positivamente sull’ambiente quanto uno o due vegetariani!
Inoltre trovo utile il concetto di adottare un regime alimentare part-time, perché è un atteggiamento riproducibile nell’ambito di ogni dieta che si decida di seguire e, procedendo nel virtuoso percorso verso il fruttarismo, la gradualità si dimostrerà indispensabile.
Mi piace infatti pensare che la maggior parte dei flexitariani non rimarranno tali tutta la vita, ma perfezioneranno ulteriormente la loro alimentazione, diventando un giorno vegetariani.
La cosa è comunque anche statisticamente probabile perché questo regime alimentare cambia, nel tempo, la flora intestinale a favore di microorganismi più adatti a digerire i vegetali, con un conseguente calo del desiderio per i cibi di origine animale.
Per certi aspetti, scegliere di essere flexitariani e già condividere i principi dei vegetariani, senza volersene assumere le restrizioni in maniera assoluta.
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