L’ospedale come scelta pressoché obbligata per questioni di sicurezza, la medicalizzazione per “esser certi” di avere tutto sotto controllo, l’epidurale come diritto da garantire per non sentire dolore: sono queste le direzioni in cui in Italia si sta scegliendo di procedere, a livello istituzionale e accademico, sul tema della nascita e del parto. E paiono accantonate, volutamente e senza troppe esitazioni, le aperture, che pur qualche anno fa hanno segnato un’epoca di dialogo e accenno di cambiamento, verso una scelta libera e consapevole della madre sul luogo del parto, verso una demedicalizzazione dell’evento nascita, verso una valorizzazione del ruolo dell’ostetrica e di pratiche che riducano al minimo l’interventismo. Anche laddove ci sono leggi regionali che dovrebbero garantire e normare il parto a domicilio con rimborso delle spese, è estremamente difficile esigerne la completa applicazione e le donne sono soggette a una forte pressione, da parte della società, dei media e di molti medici.
I luoghi della nascita
Quindi, non solo e sempre l’ospedale per far nascere i bambini, non solo e sempre il modello medico, ma anche molto altro. Ormai sono centinaia gli studi che attestano la sicurezza del parto a domicilio. Ed è addirittura superiore alle altre opzioni in termini di soddisfazione delle donne e di capacità di reagire bene al travaglio e con il bambino. Inoltre, nel parto extraospedaliero gli interventi e le relative complicanze sono inferiori rispetto all’ospedale. Chiaramente, non bisogna riprodurre a casa il modello usato nelle strutture sanitarie, occorre invece affidarsi a una prospettiva differente, di saluto fisiologia. I risultati dell’applicazione del modello medico alla nascita parlano chiaro: il parto spontaneo, libero da interventi medici e farmacologici, è quasi scomparso. Si è ormai ridotto al solo 6% circa, mentre, secondo l’Oms, l’85-90% delle donne dovrebbe avere una gravidanza fisiologica e la possibilità di partorire in modo naturale. Il modello medico ha reso il parto normale impossibile e le donne inabili a partorire, negando loro le condizioni e il supporto necessari per poterlo fare; tale modello considera la donna come un utero da svuotare e la sua personalità come un ostacolo per arrivare al bambino, vera meta della nascita. Il parere della madre non è richiesto e semmai è di intralcio. Il suo stato psicofisico durante e dopo la nascita non interessa, se non in termini di patologia. Nella visione saluto genica, invece, la rimozione della donna come soggetto dalla gravidanza e dal parto è considerata pericolosa , poiché è le la portatrice di risorse e competenze. Ovviamente il modello medico è prezioso nella cura delle patologie e nelle emergenze.
Le conseguenze della medicalizzazione
- Taglio cesareo. In donne sane l’incidenza del taglio cesareo dovrebbe essere sotto il 3%, nell’esperienza extraospedaliera si aggira attorno al 1,5- 2%. Secondo le ultime indicazioni dell’Oms, non dovrebbe superare il 10%. Attualmente la media nazionale italiana è del 36%, con un aumento del rischio per la madre e per il bambino.
- Induzione del parto. In un casa su quattro la donna rischia un’induzione del parto che spinge spesso il bambino a nascere prematuro dal punto di vista funzionale; sarà quindi meno in grado di collaborare attivamente al processo del travaglio e potrà avere maggiori difficoltà di adattamento postnatale.
- Parto vaginale operativo. In un caso su otto la donna rischia un parto vaginale operativo, con ventosa ed episiotomia, molto traumatico sia per lei che per il nascituro. A volte questa manovra è dovuta all’imposta posizione supina che rende difficile il periodo espulsivo, ma anche da atti di accelerazione indebiti nelle prime fasi del travaglio.
- Inibizione degli ormoni sessuali prodotti durante un parto fisiologici. Sono finalizzati all’analgesia, alla trance, alla protezione metabolica ed energetica, all’adattamento postparto e al bonding
- Separazione tra madre e bambino. Ha ripercussioni a livello fisico, biologico/ormonale e affettivo/relazionale; questa pratica minaccia l’attaccamento sicuro del bambino.
- Soppressione del sistema di gratificazione. Si impedisce l’innesco del meccanismo fisiologico e psicologico che premia la donna per lo sforzo sostenuto; ciò causa l’aumento delle depressioni post partum, in particolare nelle donne che hanno scelto il “parto indolore” con epidurale, e si assiste a una diminuzione dell’autostima e dell’euforia.
- Puerperio difficile. Spesso ci sono difficoltà di adattamento del bambino e dell’allattamento; viene creato dolore e distress. Sono inibite le endorfine e l’ossitocina, ormoni analgesici ed euforizzanti.
I benefici del modello saluto fisiologico
- Le induzioni del parto sono rarissime
- L’accompagnamento salutofisiologico dei prodromi, prevenendo il distress e rispettando i tempi di questa fase fondante del travaglio, riduce gli arresti del travaglio nella prima fase.
- Il rispetto delle fasi di transizione spontanee previene la sofferenza fetale.
- La protezione dell’intimità dell’ambiente, insieme al sostegno empatico, il movimento libero, la disponibilità dell’acqua prevengono le malposizioni.
- L’attesa dell’inizio del periodo espulsivo fino alle spinte spontanee, il non direzionare la spinta, il contatto della donna con il bambino, il sostegno maschile del partner e la salvaguardia delle condizioni che permettono il riflesso di eiezioni del feto rendono il periodo espulsivo sicuro e in genere breve, una volta che entra nella sua fase attiva.
- L’espulsione naturale della placenta, nel rispetto dei tempi fisiologici, è più sicuro quando il cordone viene lasciato integro.
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