La perdita di peso è soggettiva e si parla di una tendenza: il corpo si oppone al deficit in molti modi, e anche il fabbisogno calorico individuale è una stima. C’è chi mangia per tremila calorie ed è un chiodo, chi mangia per mille e cinque ed è grasso. Alla base di questa differenza ce ne sono mille altre tra individuo e individuo: dalla capacità respiratoria delle cellule alla salute ormonale fino a quella intestinale, moltissime cose incidono sul nostro bilancio energetico e fanno sì che le calorie continuino a essere importanti, sì, ma non l’unica cosa di cui tenere conto. Ci sono moltissime persone, e forse è accaduto anche a voi, che pur riducendo drasticamente le calorie giornaliere non perdono peso. Barano? Mentono a loro stesse? In genere si tende a pensare questo. Si tende a pensare che le persone sottostimino quanto mangiano.
Bisogna quindi sbarazzarsi del calcolo calorico e concentrare tutti gli sforzi sulla gestione dei segnali che dalla periferia corporea arrivano al nostro cervello (in particolare all’ipotalamo), che li analizzerà e risponderà con altri segnali positivi o negativi diretti nuovamente verso la periferia.
La più importante molecola di segnale in grado di attivare o disattivare il nostro dimagrimento è la leptina, una proteina che compie un lungo viaggio dal nostro grasso fino al nostro cervello. Se al centro elaborazione dati (l’ipotalamo) arriva il segnale che non vi è disponibilità economica attraverso la leptina, il nostro cervello si metterà in modalità risparmio energetico, ovvero diventerà parsimonioso e quindi tenderà a risparmiare, con conseguente riduzione del metabolismo basale. Se la periferia, invece, dice al centro che il cibo non manca, il centro sarà in grado di farci dimagrire stabilmente, non solo non facendoci desiderare altro alimento ma mettendosi in modalità “ON”, ovvero attivazione dei principali operai endocrini come la tiroide, il surrene, le gonadi e l’apparato osteoarticolare. Se la leptina, spia della situazione energetica complessiva dell’organismo, “segnala” all’ipotalamo che si è in condizioni di abbondanza di cibo, il nostro organismo si regola di conseguenza e sotto la direzione del nostro cervello, l’ipofisi comanda a tiroide, surreni, gonadi, muscoli, ecc., i giusti segnali. Se la leptina segnala carenza di cibo questa perfetta concertazione viene meno, con lo scorretto flusso dei segnali ormonali.
Più che fare un discorso solo “caloricentrico” noi dobbiamo focalizzarci anche sulla qualità del cibo che consumiamo e cosa più importante quando si consumano i pasti durante la giornata. Per dimagrire quindi è necessario nutrirsi rispettando i ritmi dell’organismo e le fasce orarie nelle quali il metabolismo è più attivo e mangiare con la consapevolezza di attivare correttamente i segnali ormonali e di assecondare, quindi, l’orario di produzione degli ormoni secondo la fisiologia del nostro organismo. È fondamentale inoltre ottimizzare l’introduzione del cibo. Se nelle prime ore del mattino si ha un aumento dei valori ematici di testosterone, seguito poi da un picco di cortisolo e ancora più avanti da quello degli ormoni tiroidei, cioè se nelle prime ore della giornata predominano ormoni ad azione catabolica che portano al consumo energetico anziché all’accumulo, la nostra colazione dovrà essere tripartita e abbondante. Così avremo l’energia adeguata per affrontare l’intera giornata, per dare segnale al nostro cervello che abbiamo fatto il pieno di nutrienti, per portare il nostro organismo in modalità “attivazione”; insomma per far sì che le “calorie” introdotte in questa parte della giornata siano consumate dall’organismo e non conservate come scorte per i momenti di carestia. Nel pomeriggio e alla sera sono secreti maggiormente gli ormoni anabolici (insulina o l’ormone della crescita) e l’organismo è propenso all’accumulo, per cui il cibo assunto nelle ore serali sarà più facilmente immagazzinato come fonte energetica, ovvero come grassi di deposito. Per il nostro corpo non è la stessa cosa assumere cibi al mattino e gli stessi cibi alla sera.
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