Con che occhi la società italiana ha visto il fenomeno? Lo ha capito, o in fondo no. Come è possibile che da allora ad oggi questo tipo di persone, e le loro famiglie, siano ancora un terreno di pesca per psicosette e truffatori vari, o terreno di sfruttamento per una pseudo-medicina che mette a disposizione apparentemente tutto, in realtà il nulla assoluto (disintossicazione, riabilitazione, educazione, assistenza sociale… ma non la cura). Ne parliamo con il Dott. Matteo Pacini, medico chirurgo, Specialista in Psichiatria e docente di Medicina delle Dipendenze presso l’università di Pisa.
I nuovi tossicodipendenti non sono a bucarsi nei parchi (più spesso a inalare), per quanto si riducano alla ricerca costante di droga e soldi, riescono a trovarne con una certa facilità rispetto a decenni fa. Chi ha soldi la riceve a domicilio. Ed è un dramma meno collettivo, meno sensibile sulla pelle delle comunità. Più nascosto nelle vite individuali.
Un modo per ripercorrere la visione della dipendenza nella società Italiana è attraverso i testi delle canzoni dei nostri cantautori, più o meno noti. Dentro questi testi, alcuni famosissimi, ci sono verità profonde ma anche errori madornali sulla visione della dipendenza e delle ragioni che fanno muovere i drogati tossicodipendenti.
Il linguaggio della musica è forse ancora più efficace nel far capire cosa è il “craving”, perché il personaggio del tossicodipendente è difficile da capire, e perché i tossicodipendenti stessi rimangano spesso senza parole per spiegare cosa sta loro succedendo.
I tossicodipendenti nelle canzoni sono sempre giovani, belli e sfortunati, forti ma deboli, che scompaiono nella malattia insieme ai loro sogni, per la disperazione di chi li amava e li avrebbe voluti aiutare. Oppure sono incoscienti che corrono inspiegabilmente il rischio di distruggersi, fino a farlo lentamente, in una spirale inspiegabile che hanno scelto, ma perché?
Il tossicodipendente “cade” nella droga, o è somiglia ad una mongolfiera che non riesce a tornare a terra? C’è una parola per dare un nome al “perché lo fai”? Come cantava Masini? Perché chi è dipendente non riesce a dire che ha paura, come dice De Andrè? … E da cosa deriva quel “sorriso strano” che il personaggio di Fegato Spappolato rivolge alla madre?
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