Chi ha paura della solitudine è sicuramente più sensibile a tattiche manipolatorie come il love bombing, a cadere in relazioni con predatori patologici, narcisisti, borderline e persone che non hanno ben assimilato il concetto di accudimento, cure e amore. Dietro questa necessità di non restare soli c’è un grande lavoro psicologico da affrontare perché, a volte, si ha il terrore di vedersi dentro e, magari, di trovare qualcosa che non ci piace. Approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Francesco Catona, psicologo e psicoterapeuta, laureato presso l’Università di Firenze e specializzato presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano.
Da dove nasce questa paura di rimanere soli?
Da due errori di valutazione. Nel primo non ci rendiamo conto che la condizione di solitudine è sempre presente anche quando abbiamo un compagno o una compagna vicini. Ci accorgiamo di questo nel momento in cui incontriamo problemi che ci riguardano intimamente e che nessuno può aiutarci a risolvere. Oppure quando raggiungiamo un risultato importante e ci sentiamo soli con il nostro successo perché non può essere condiviso totalmente con gli altri. Il secondo errore che commettiamo è quello di guardare la nostra interiorità come una scatola vuota da riempire a tutti i costi con parole, esperienze, relazioni. Forse non sappiamo che in fondo a quel vuoto, profondo come il mare, che sentiamo dentro vive una ricchezza interiore legata alle nostre capacità innate.
È giusto stare insieme solo per la paura della solitudine?
Può essere pericoloso scegliere questa strada. È una scorciatoia che può farci perdere l’orientamento. La paura di rimanere soli può indurci a sottovalutare l’importanza di questa esperienza che può essere vissuta per un certo periodo della nostra vita. Solo accogliendo questo stato possiamo ascoltarci, conoscerci, scoprire cosa vogliamo veramente. Ovviamente questo processo di consapevolezza può essere accompagnato dalla sofferenza psicologica. Un dolore simile a quello che prova una donna quando sta mettendo alla luce il suo bambino. La solitudine, se accettata, può aiutarci a partorire la nostra parte più autentica e con essa le scelte più adeguate per noi.
Sono più gli uomini o le donne che hanno paura di rimanere soli?
Sono colpiti in una misura pressoché identica. Questa sofferenza spesso nasce da tutta una serie di stereotipi culturali che sono ancora presenti nella nostra società. Da un lato la donna sola si sente incompleta perché non ha costruito una famiglia oppure perché non ha avuto figli, idealizzando un’idea di coppia che poi nella realtà non è sempre rose e fiori. Dall’altra parte l’uomo che rimane solo ha paura di non riuscire ad occuparsi di tutto quelle faccende quotidiane che nell’immaginario comune rimangono di pertinenza femminile.
Come superare la paura della solitudine?
Imparando ad usare la nostra libertà. A questo proposito voglio citarvi una storia scritta da Friedrich Nietzsche. Il filosofo tedesco ci suggerisce tre trasformazioni interiori necessarie per dare valore alla nostra unicità e quindi per non aver più paura della solitudine. Nasciamo cammelli e abbiamo bisogno di un “padrone” che ci dica dove andare per essere felici; poi ci liberiamo dalle catene trasformandoci in leoni, tuttavia non conosciamo ancora lo scopo della nostra vita e non riusciamo a goderci i momenti di solitudine. Il passaggio più importante è il terzo: tornare ad essere bambini, riscoprire quell’innocenza priva di giudizi acquisiti che ci permette di vedere cosa veramente vogliamo. Questa storia può aiutarci a comprendere come la paura della solitudine sia strettamente legata alla paura di non saper usare fino in fondo la nostra libertà. Abbiamo il timore di rimanere soli e quindi diventiamo dipendenti dagli altri, quando non riusciamo a contattare i nostri bisogni autentici. Per questo motivo, sarebbe utile rispolverare i vecchi ricordi di quando eravamo bambini per ritrovare le tracce di ciò che ci faceva stare bene. Se riscopriamo ciò che amiamo possiamo tornare a dargli valore. In questo modo la solitudine si trasformerà in un terreno necessario per seminare la nostra felicità.
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