L’osteoporosi: un’epidemia da frenare

L’osteoporosi senile è una malattia degenerativa delle ossa, caratterizzata da una progressiva riduzione del tessuto osseo. Questa condizione colpisce prevalentemente le donne, a causa degli squilibri ormonali che seguono alla menopausa, tuttavia può essere associata anche ad altre malattie quale l’ipertiroidismo, iperparatiroidismo, carenze alimentari e all’assunzione cronica di cortisonici.
L’impoverimento della struttura dell’osso comporta una diminuzione alla resistenza alle pressioni, alle trazioni e ai traumi e di conseguenza aumenta il rischio di frattura, sopratutto a livello della testa e del collo del femore e dei corpi vertebrali dorsali e lombosacrali.
L’osso è un tessuto in continuo rimodellamento e formazione.
Nei soggetti giovani la quantità di osso distrutto è uguale alla quantità di osso neoformato, cosicché la quantità totale di tessuto osseo rimane costante. Ciò non accade più nei soggetti di età avanzata o affetti dalle patologie e/o fattori di rischio sopra elencati.
L’osteoporosi quindi è una condizione che si accompagna ad una aumentata fragilità ossea e che viene definita attraverso la misurazione della massa ossea a livello lombare e femorale, che risulta ridotta rispetto ai valori ideali della donna o dell’uomo nel momento del picco di massa ossea (massimale di minerale scheletrico raggiunto intorno ai 25 anni).

Insieme alla dottoressa Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Firenze e Direttre Unità Operativa di Malattie del Metabolismo Osseo e Minerale, presso il Centro Medico Visconti di Modrone di Milano, abbiamo approfondito l’argomento. Vediamo che cosa ci ha raccontato sui metodi di prevenzione….

“Esiste la possibilità di fare  diagnosi con la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC). Si possono anche utilizzare misurazioni biochimiche nel siero e nelle urine per valutare il metabolismo osseo. Inoltre, attraverso indagini radiologiche si può determinare se esistono fratture vertebrali. Infine, esiste un questionario, la carta di rischio per l’osteoporosi (FRAX) che permette di valutare il rischio che abbiamo di fratturarci in 10 anni.
Si parla molto di osteoporosi, ma spesso in maniera confusa, senza un chiaro messaggio che mostri al paziente un percorso  diagnostico e terapeutico. Eppure la ricerca ha fatto passi da gigante, mettendo a punto sofisticati metodi di diagnosi e proponendo nuovi farmaci, tutti estremamente efficaci. Eppure confrontando l’osteoporosi ad altre condizioni cliniche croniche, si intuisce come il peso che le istituzioni ed i pazienti danno a questa patologia sia molto inferiore rispetto a quanto avviene nelle malattie cardiovascolari oppure nei tumori.
Cosa non sta funzionando per  l’osteoporosi nel nostro Paese?
Intanto, già nella domanda si intravede il primo problema. L’Italia ha da  sempre mostrato un certo scetticismo verso questa condizione di rischio di  fratture da fragilità. E questo si deve in gran parte al fatto che in Italia  a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 l’osteoporosi fu trattata con un farmaco  (la calcitonina), rivelatosi successivamente inefficace, ma che contribuì in  maniera sostanziale allo scandalo Tangentopoli. Così mentre il mondo  scientifico, soprattutto Nordamericano, continuava a sfornare dati  inconfutabili, l’osteoporosi diventava tabù nel nostro Paese.
Questo serve ad interpretare le ostilità che si avvertono quando si parla di osteoporosi. C’ e’ un altro motivo di confusione per l’accettazione di una condizione  clinica che deve assurgere al ruolo di una vera (e non inventata dall’Industria Farmaceutica) e propria condizione di rischio di una malattia importante quale la frattura da fragilità.
Cosa significa fratturarsi per fragilità?
È’ quello che accade a chi spontaneamente oppure per un movimento minimo oppure sollevando un peso sente un crack che corrisponde alla vertebra che si è fratturata. Stessa cosa potrebbe avvenire a livello del  femore oppure delle ossa dell’arto superiore. Questo problema che è ben noto e’ anche la patologia dell’età avanzata più prevenibile, ma non stiamo facendo abbastanza per farlo. Ad esempio introduciamo giornalmente le quantità necessarie di calcio per mineralizzare l’osso? No e questo non avviene nemmeno nell’infanzia. Oppure assumiamo supplementi di vitamina D dopo la menopausa? Non sempre. O anche ci muoviamo con regolarità? No, perché tendiamo ad impigrirci. Infine, assumiamo farmaci antifratturativi se sappiamo di essere a rischio? No, anche perché spesso non sappiamo di essere a rischio. Quanto lavoro da fare!
Ma non scoraggiamoci, anzi parliamone, sempre con competenza!”

 Silvia Trevaini

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