Disturbo da alimentazione incontrollata

OverweightIl disturbo da alimentazione incontrollata, obinge-eating disorder, è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da abbuffate analoghe a quelle della bulimia, ma che non vengono seguite da pratiche di eliminazione o compensazione.
Le persone che ne sono affette, quindi, sono quasi sempre obese o in notevole sovrappeso e soffrono psicologicamente per questa condizione molto più di soggetti obesi che mangiano in modo non compulsivo.
Molti pazienti cercano ripetutamente di seguire diete finalizzate alla perdita di peso senza riuscirci, ricavandone una profonda frustrazione. Circa la metà delle persone affette da binge-eating disorder soffre anche di depressione, precedente o successiva allo sviluppo del disturbo alimentare.
In genere, il binge-eating disorder interessa soggetti adulti, principalmente uomini. Al di là del disagio psichico associato, la condizione di obesità che ne deriva comporta l’aumento del rischio cardiometabolico complessivo e tutta una serie di complicanze specifiche (ipertensione, dislipidemie, diabete, problemi muscoloscheletrici, alterazioni ormonali, disfunzioni sessuali, difficoltà cardiorespiratorie ecc.).

Analizzando i dati di accesso a servizi clinici come gli ambulatori di diabetologia e i centri per la cura delle dislipidemie, si è osservato che in molti casi i pazienti arrivano a sviluppare il problema metabolico anche per ragioni di ordine psicologico e, spesso, proprio a causa di un binge-eating disorder. Come per l’anoressia e la bulimia, l’origine del disturbo da alimentazione incontrollata è complessa e in parte legata a una predisposizione genetica, cui si sommano un serie di fattori personali, familiari, sociali e ambientali sfavorevoli.
Studi condotti negli ultimi anni hanno, inoltre, permesso di evidenziare nei soggetti obesi alterazioni specifiche a livello delle sostanze (ormoni e neurotrasmettitori) che regolano appetito, sazietà e stimolo all’assunzione di cibo, presenti nel cervello o a livello gastroenterico (in particolare, leptina e grelina). Anche il sonno è risultato strettamente correlato alle alterazioni del comportamento alimentare tipiche del binge-eating disorder.

Sintomi e Diagnosi
Di fronte a un soggetto obeso o in forte sovrappeso il medico può facilmente emettere una diagnosi di binge-eating disorder analizzando le caratteristiche del suo comportamento alimentare e il livello di accettazione della sua condizione fisica. La presenza di abbuffate, caratterizzate dall’ingestione compulsiva di grandi quantità di cibo in tempi relativamente brevi e a prescindere da una reale sensazione di fame, e l’impossibilità di seguire diete ipocaloriche nonostante un sincero desiderio di perdere peso sono chiari segnali che il soggetto soffre di questo disturbo alimentare. La diagnosi è rafforzata dall’evidenza di sintomi depressivi.

Trattamento
Il binge-eating disorder è un disturbo alimentare difficile da affrontare, sia dal punto di vista psicologico sia per la complessità delle implicazioni organiche. Per assicurare al paziente buone probabilità di ottenere un recupero efficace, sicuro e duraturo è essenziale prevedere un approccio multidiscliplinare, basato sul coinvolgimento coordinato di medici internisti (per gestire i disturbi organici e definire un piano alimentare adeguato alla consistente perdita di peso necessaria) e psichiatri (per correggere i modelli mentali e comportamentali tipici del disturbo).
L’approccio psicoterapico che sembra dare i migliori risultati a lungo termine è la terapia cognitivo-comportamentale, indirizzata a ridefinire il rapporto con il cibo e a fornire al paziente gli strumenti per reagire in modo favorevole a stimoli negativi che si possono comunemente incontrare nella vita quotidiana. In relazione alla gravità del disturbo, in una prima fase, può essere necessario prevedere un ricovero di alcune settimane o un periodo di day hospital, cui far seguire sedute psicoterapiche periodiche per alcuni mesi. A prescindere dalla presenza di un disturbo depressivo concomitante, la terapia cognitivo-comportamentale può essere associata ad un trattamento farmacologico con antidepressivi che si è dimostrato in grado di potenziare l’efficacia dell’intervento psicoterapico.
In alcuni casi particolarmente gravi, a causa della necessità di ottenere un calo di peso rapido e/o dell’impossibilità del paziente di aderire a piani dietetici compatibili con il dimagrimento, è possibile valutare l’impiego di farmaci che riducono la sensazione di fame o l’assorbimento dei nutrienti oppure il ricorso all’opzione chirurgica. In questo secondo caso, si possono scegliere soluzioni temporanee come l’inserimento del “palloncino” nello stomaco o il bendaggio gastrico (entrambi finalizzati ad aumentare il senso di sazietà e a limitare l’introduzione di cibo) oppure indirizzarsi verso interventi permanenti e maggiormente invasivi di chirurgia bariatrica, quali la riduzione delle dimensioni dello stomaco o il bypass gastro-duodenale (che impedisce l’assorbimento di gran parte dei nutrienti e delle calorie introdotte). Va precisato, però, che si tratta di soluzioni non sempre praticabili e caratterizzate da rischi e possibili complicanze.

 

Silvia Trevaini

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