Ricerche Scientifiche e scoperte fatte negli anni ci dimostrano che circa 6 milioni di anni fa in Africa orientale visse l’ultimo antenato comune tra noi e gli scimpanzé, e che da quel momento in poi le nostre strade si sarebbero separate per sempre. Gli ominidi da poco staccati da quella linea evolutiva (quella che appunto porterà agli uomini e agli scimpanzé) avevano ancora molte caratteristiche simili alle scimmie. Loro passavano la maggior parte della loro vita nella foresta sugli alberi, e quando scendevano non si allontanavano mai troppo da essi per risalire ad ogni pericolo.
Gli ominidi iniziarono a moltiplicarsi, e con questo iniziò a nascere il problema della carenza di cibo nei posti in cui vivevano abitualmente, costretti a scendere dagli alberi e a spostarsi nell’erba alta, data la loro bassa statura (circa 150 cm) avevano l’inconveniente di non avvistare in tempo eventuali pericoli, e fu così che iniziarono a camminare eretti (l’anatomia delle ossa gli consentiva di camminare su due piedi ma non per tratti troppo lunghi), questo fece nascere il lato positivo di avere due mani libere per trasportare i piccoli e altre cose utili ritrovate lungo il cammino giornaliero. Affrontiamo l’argomento insieme a Giuseppe Tedeschi laureato in Scienze della Salute, e professionista di Igiene Naturale.
Vivere da ominidi nella foresta e nella savana non deve essere stata cosa facile, perché grazie ad alcuni ritrovamenti, osservando le caratteristiche dei loro scheletri, non si trova alcuna delle caratteristiche che rendono vincenti gli animali predatori. No forza, è inesistente se paragonata a quella dei grandi predatori. No artigli. No zanne, né tanto meno la velocità. Ma allora se abbiamo le prove scientifiche che l’uomo è un essere con caratteristiche quasi identiche agli animali frugivori quando, come e perché è divenuto onnivoro?
Un evento certo fu che circa 3 milioni e mezzo di anni fa, un immenso vulcano entrò in eruzione e copri tutta la vegetazione con uno spesso strato di cenere, distruggendo piante da frutto, e gli altri vegetali lasciando gli ominidi sopravvissuti a patire la fame. Durante tutta la preistoria altri sconvolgimenti climatici e geologici quali: l’espandersi dei ghiacciai (le glaciazioni), i lunghi periodi di siccità e piovosità, hanno portato l’uomo ad adattarsi a cibarsi di tutto quello che riusciva a trasformare in nutrimento. Fu in questi periodi che l’uomo si adattò a cibi inodori e insapori, inadatti al proprio organismo, come le graminacee, ma l’evento più eclatante fu il ricorso a scopo alimentare della carne degli animali erbivori che convivevano insieme a lui, violando quelle condizioni e caratteristiche psicofisiche su cui aveva basato la sua evoluzione.
Se il nostro organismo subì conseguenze negative da queste diverse condizioni alimentari forzate, anche le condizioni psichiche iniziarono a modificarsi, l’uomo infatti non era un cacciatore, ed i suoi istinti da raccoglitore di frutta, bacche, germogli e tenere foglie verdi erano ben lontani dall’uccidere altri animali per soddisfare la fame, non avendo né le caratteristiche fisiche né la mentalità del predatore carnivoro e quindi nessuna qualità utile alla caccia, come faceva a procurarsi la carne?
I primi ominidi si accontentavano di rubare le carcasse degli animali cacciati dai predatori carnivori. Questo fu sicuramente il primo modo di procurarsi la carne. Con il passare del tempo l’uomo però non si accontentò più di aspettare la buona sorte per procurarsi la carne unico cibo sempre presente tutto l’anno, ed iniziò a giocare d’astuzia, ma in che modo?
Una delle prime forme di caccia fu quella di formare piccoli gruppi avvicinarsi al predatore e colpirlo con pietre e bastoni per farlo scappare dalla preda, ma con il tempo divenne sempre più bravo ad architettare agguati e tranelli, imparò a costruirsi piccole armi per cacciare da solo, e grazie al fatto che l’evoluzione favorì lo sviluppo di arie cerebrali via via più sofisticate, i nostri antenati scoprirono man mano come organizzare e pianificare la caccia, assegnando compiti diversi a ciascun cacciatore. Con la scoperta del fuoco la vita non poté che migliorare, impararono ad addomesticarlo per scaldarsi, serviva come protezione per allontanare i predatori e a cuocere la carne facendola diventare più tenera e digeribile con il vantaggio che con la cottura si uccidevano molti batteri.
Nel giro di pochissimi secoli, avvengono delle evoluzioni che non erano mai accadute in milioni di anni tra il 10000 e il 12000 a.C. l’uomo arriva in tutti i continenti del mondo, inizia a costruire armi sofisticate come l’arco, quindi a cacciare in modo più proficuo, riuscendo a nutrire così più persone in ogni piccolo gruppo.
11000 anni fa in Medio Oriente e in Siria nasce l’agricoltura e nel giro di un millennio si sviluppa anche l’allevamento. Dopo i milioni di anni, dove l’uomo è dipeso dai capricci di una vita da nomade, ora riesce letteralmente ad addomesticare la natura, iniziando a creare campi da arare, e per la prima volta nella sua storia si ferma costruendo piccoli villaggi, l’agricoltura e l’allevamento spianano la strada della civiltà.
Nel 3500 a.C. in Mesopotamia nacquero le prime città Stato facendo così allontanare sempre più l’uomo dalla natura, anche se la vita da nomade era molto più difficile, il nuovo stile di vita da cittadino anche se più confortevole, aveva il lato negativo di grandi sacrifici quotidiani dovuti al duro lavoro giornaliero nel costruire, coltivare ed allevare, una schiavitù forzata, facendo così perdere la libertà, ed anche quegli istinti naturali che avevano aiutato l’uomo a sopravvivere ed equilibrarsi per milioni di anni, perché se prima si mangiava carne solamente quando si riusciva a cacciare e graminacee solo quando si aveva la fortuna di trovarne, tutto questo avveniva solamente nei periodi in cui la vegetazione ed i suoi frutti scarseggiavano, carni e graminacee erano cibi di emergenza che con la coltivazione e l’allevamento sono diventati cibi di base dell’alimentazione umana con le relative conseguenze negative.
Silvia Trevaini
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