Il dibattito sul femminicidio, che è endemico su cifre di oltre 100 casi all’anno, sta avendo un effetto collaterale, che non aiuta la comprensione del fenomeno. Questo effetto sta nella contrapposizione tra gli stili relazionali dei due sessi, come se il modo per prevenire gesti estremi o comportamenti dannosi fosse quello di stabilire quale stile è sbagliato, cioè quello maschile. Questo è un po’ inevitabile perché il fenomeno della violenza delle donne sugli uomini, altrettanto frequente, si esprime però per altre vie, tipicamente a basso grado di violenza fisica, e a basso grado di letalità.
A mio parere la comprensione del femminicidio dovrebbe partire dalla comprensione della fisiologia delle relazioni “di coppia”. Uomo e donna, intesi come ruoli, sono complementari e quindi diversi. Il loro incontro deriva da una fondamentale differenza di scopi, progetti e visione della vita di coppia, che però consente una condivisione anche duratura. Allo stesso modo, la conclusione di una storia d’amore significa gestire la diversa reazione d’abbandono, o di cambiamento.
Ne parliamo con il Dott. Matteo Pacini, psichiatra del Centro Medico Visconti di Modrone. Continua a leggere