Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci.
Alda Merini
Giulia, dell’Associazione “L’Ombra del Platano”, ci parla di una simpatica metodica, facile e costruttiva, in grado di farci accedere al sottobosco dei nostri pensieri.
Mi autoanalizzo dicendomi PAROLE atte a creare libera associazione.
Bello, mi piace la non reticenza, la creazione indotta di pensieri spontanei, inconsci.
Lasciando andare il pensiero dove vuole, dove c’è la verità.
Senza l’ausilio e la censura della corteccia cerebrale, senza nessi.
Dove alla fine si accede all’essenza priva di matrice, di costruzione.
Dove si arriva al puro essere, al sé. Dove si entra in contatto con le proprie percezioni, senza filtri, senza il terapeuta che interpreta basandosi sulla propria mappa mentale.
Per cui può capitare che dalla parola creatrice dell’input si arrivi a rivelazioni sotterrate sotto anni di convinzioni errate.
Si parte stando sdraiati con gli occhi chiusi e ci si impone l’accettazione, senza misura, di tutto ciò che la nostra mente è in grado di scaturire.
L’ideale è fare questo “esperimento” in un luogo a noi caro, conosciuto. Protetto.
In santa pace. Telefono spento e luce bassa. Musica di Mozart, se possibile, o silenzio.
Sarà piacevole osservare, senza giudizio, qualcosa di inedito, di sempre trattenuto nei gangli del conformismo psichico.
Con grande ricompensa emotiva, con il puzzle che assume migliore connotazione, con risposte adesso esaustive.
La parola “base” potrà essere scelta spaziando tra variegate vibrazioni; è curioso vedere che strada prende una parola d’amore, un nome proprio, una parolaccia, un verbo, un aggettivo.
E la mente non mente. Se libera da costrizioni esterne.
Ci permette di osservare l’archetipo personalizzato, afferente all’inconscio collettivo ma originale, nostro.
Questo può diventare un bel gioco individuale, da esperire ogni qualvolta vogliamo spingerci un po’ oltre.
Adatto alle persone curiose, a quelle che amano provare con ironia, che sanno sempre portare a casa il risultato dell’esperienza, comunque sia.
Ovviamente non si tratta di test autodiagnostico e qualsiasi risultato è valido solo per la semplice conoscenza del nostro recondito modo di pensare ma è sicuramente un prezioso aiuto che permette alla nostra mente, senza briglie, l’emergere di qualcosa ancorato negli abissi della coscienza.
Spesso suggerisco questo “gioco” alle persone che si rivolgono a me quando vivono una particolare situazione di stress e posso dire che il più delle volte affiora una soluzione inedita dettata da un punto di vista incondizionato, liberato, proprio.
Breve esempio (personale ovviamente):
parola di partenza: caffè
libere associazioni: aroma-calore-pigiama-seta-pelle-cicatrice-adolescenza-etc… a questo punto, i pensieri o le fantasie represse vengono a galla senza omissione alcuna. Il fatto di riuscire a farli “riemergere” senza preclusione consente di costruire in modo sano quella parte di memoria che teniamo sepolta per svariate istanze emotive.
“Liberare” un pensiero porta solo benefici, bello o brutto che sia, in quanto ha modo di essere elaborato consapevolmente.
Ora non vi resta che provare!
Silvia Trevaini
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