A volte, quando la salute del nostro intestino è molto compromessa, possiamo avere difficoltà con una dieta ad alta percentuale di cibi crudi. E’ il caso di chi soffre di Sindrome da colon irritabile. In questi casi, una strategia utile può essere quella di seguire per un certo periodo una dieta semplice a base di cibi vegetali cotti, per poi reintrodurre gradualmente i cibi crudi una volta che l’intestino si è riequilibrato.
Sindrome da colon irritabile: è un disturbo o una malattia?
I medici considerano la sindrome da colon irritabile (IBS) uno dei più comuni disturbi funzionali. “Sindrome” è un termine medico che indica un gruppo di sintomi associati a una condizione non patologica. Le tre più comuni sindromi funzionali sono la IBS, la CFS (sindrome da affaticamento cronico) e la fibromialgia. I sintomi più comuni associato alle sindromi somatiche sono affaticamento, debolezza, dolore, sonno non ristoratore, mal di testa e alterazioni intestinali.
Diversamente dal morbo celiaco o da quello di Crohn, la IBS non viene considerata dai medici una malattia. Chi soffre di IBS non accusa significative perdite di peso, feci sanguinanti, né generalmente alterazioni dei valori del fegato.
Chi soffre di IBS risulta negativo agli anticorpi per il glutine e la gliadina. E’ importante notare che questi test vanno fatti quando la dieta contiene glutine. Inoltre, la maggior parte delle persone che ha il morbo celiaco è portatrice dei geni HLA DQ2 o DQ8. I pazienti di colon irritabile non risultano positivi a queste mutazioni genetiche.
Il legame tra dieta, serotonina e IBS
Esiste una relazione stretta tra fattori dietetici, stile di vita, stress, fattori ambientali, e sindromi. Ecco perché i sintomi delle sindromi croniche si collegano a sensibilità chimiche e alimentari.
Possiamo seguire un’alimentazione crudista con questo tipo di problema? Lo abbiamo chiesto al nostro esperto di alimentazione fruttariana Giorgio Bogoni.
Prima di chiederci se sia possibile seguire un’alimentazione crudista da parte di chi manifesta l’insieme dei sintomi che determinano la condizione detta “sindrome”, credo sia opportuno riconoscere in ogni sindrome un profondo stato di squilibrio dell’organismo e chiedersi come si sia potuti arrivarci.
Il corpo umano è estremamente tollerante all’essere maltrattato e le sintomatologie che vanno sotto il nome di sindromi, altro non sono che le manifestazioni delle azioni compensative messe in atto dall’organismo per sopravvivere al mondo “tecnogeno” nel quale viviamo e, in particolare, agli attuali metodi di conservazione degli alimenti. Non è infatti difficile correlare le nuove tecnologie alimentari (conservazione, raffinazione e trattamenti chimici in genere) al diffondersi di sintomi fino a qualche decina di anni fa pressoché sconosciuti.
Il punto quindi non è “se” sia possibile seguire un’alimentazione crudista in presenza di sindromi quali quella del colon irritabile, ma “quanto tempo” occorra affinché la fisiologia torni gradualmente ad accettare gli alimenti crudi che ne consentono in corretto funzionamento, piuttosto che richiedere, come una droga, i cibi cotti che hanno determinato lo squilibrio nel quale si trova.
Del resto i nostri antenati abitavano il pianeta Terra prima della scoperta del fuoco e del suo successivo utilizzo per cuocere, quindi il corpo umano può sicuramente nutrirsi di crudo e un organismo che lo rifiuta deve solo essere rieducato al suo stato naturale.
Trovo pertanto corretto utilizzare, inizialmente previa cottura, gli stessi alimenti che poi verranno mangiati crudi: frutta e verdura.
La cottura infatti ne riduce la vitalità in proporzione alla temperatura raggiunta ed è proprio questa vitalità ad irritare un organismo “addormentato” da una protratta somministrazione di prodotti sintetici, una fisiologia ormai non più abituata al cibo vivo.
Il problema è che molti medici si limitano ad eliminare ciò che irrita il corpo, senza rendersi conto che questo atteggiamento porterà nel tempo a una progressiva riduzione della varietà alimentare, con il naturale evolvere di un generale stato di intossicazione che non viene mai affrontato.
Stilano semplicemente un elenco delle “intolleranze” e invitano il paziente a escluderle dalla propria dieta, senza preoccuparsi della salubrità di ciò che rimane nel piatto.
Ritengo corretto astenersi da consumare ciò che provoca irritazione ma, senza pianificare un programma di riequilibrio del corpo nel suo insieme anche attraverso l’alimentazione, ci scopriremo intolleranti a un numero di alimenti sempre maggiore.
Applicare questo ragionamento alla sindrome del colon irritabile, significa appunto programmare sul lungo termine un’alimentazione prevalentemente crudista, transitando da un iniziale periodo di adattamento in cui si cerca di non suscitare irritazione.
Il nostro organismo merita la dolcezza della gradualità, alla quale risponde sempre positivamente.
Silvia Trevaini
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