Debolezza, malumore, scarsa concentrazione, affaticamento renale: sono alcune delle pericolose conseguenze di una dieta iperproteica. Secondo i LARN (livelli di assunzione di riferimento di nutrienti e ed energia) stilati dalla Società italiana di nutrizione umana, il regime alimentare più corretto è una dieta composta da 60% di carboidrati, 30% di grassi e 10% di proteine. Parametri che dovrebbero essere tenuti in considerazione anche in caso di dieta dimagrante, invece le varianti a questo modello sono le più disparate. Un’alimentazione incentrata sull’assunzione di proteine ha successo perché ha un effetto drenante e fa perdere peso velocemente. La quantità e la varietà di cibo consentite in questi regimi rappresentano un ulteriore incentivo. Risultati a cui si aggiungono una maggiore tonicità muscolare e un appagante senso di sazietà. Ma l’obiettivo del dimagrimento non dev’essere raggiunto a ogni costo, trascurando la salute generale. Le proteine sono macronutrienti di cui l’organismo ha bisogno in quantità limitata, ovvero 0,9 grammi per chilo di peso corporeo: quelle in eccesso, sotto forma di scorie, vengono eliminate attraverso i reni, gli organi che risentono di più di una dieta iperproteica. Inoltre la totale (o quasi) assenza di carboidrati, ovvero di zuccheri, dei quali si nutrono muscoli e neuroni, ha come conseguenze negative debolezza e scarsa concentrazione. Vediamo insieme al nostro esperto Giuseppe Tedeschi, laureato in Scienze della Salute, e professionista di Igiene Naturale, quale sia il reale fabbisogno proteico di cui abbiamo bisogno…
Per caratteristiche anatomiche e funzionali, dobbiamo alimentarci con i cibi che ci ha donato Madre Natura. Quindi siamo disegnati per un apporto proteico minimo, che corrisponde poi a quello che sta contenuto soprattutto nella frutta e nelle verdure crude. Il bello è che, anche quelle poche proteine richieste, non devono arrivare per forza dalle proteine. Perché carne non fa carne, latte non fa latte. Basta guardare dove la capra cerca il latte e dove il possente gorilla cerca la sua potenza e cioè dai frutti della Terra.
Le ragioni scientifiche, ci arrivano non solo dal fatto che ci manca nello stomaco l’acido cloridrico, concentrato per disgregare il guscio proteico e trasformare le proteine in assimilabili aminoacidi (gli animali onnivori hanno 10 volte più acido cloridrico di noi).
Un’altra ragione a nostro favore arriva non solo dal fatto che abbiamo un lungo, spugnoso e complesso intestino, inadatto alle proteine e ideale per i carboidrati vivi, per i fitonutrienti e per le cellulosa delle verdure ma anche dallo stesso latte di donna, trasparente e leggero, basso-lipidico e basso-proteico, avente formula quasi identica al succo d’uva e al succo di frutta in genere (non quelli industriali).
Analizziamo ora la perdita proteica giornaliera:
– Una persona che si alimenta correttamente possiede un attivo riciclaggio in zona colon dove, nel suo caso, le operazioni di ricambio e di riciclaggio si sveltiscono grazie ai tanti batteri aerobici e ai pochi batteri anaerobici (colibatteri), per cui, nei materiali fecali in uscita, si perdono in media 25 grammi di proteine al giorno. Oltre i 30-35 grammi si va in zona acidificazione.
– Si è appreso che dai 30-35 grammi di proteine in avanti, si entra nel territorio insidioso e proibito dell’acidificazione del sangue. L’acidificazione, nota bene, è il peggiore insulto che l’uomo possa fare contro se stesso, al pari della leucocitosi. La quota ideale di apporto proteico rimane quella in auge nella ANHS da oltre 100 anni.
– Una qualsiasi dieta basata su alimenti naturali, anche casuale e disordinata, o volutamente precaria, ma saziante, soddisfa in pieno il fabbisogno proteico compreso tra gli 11 e i 25 grammi al giorno (11 per l’infante in crescita, 25 per l’adulto in mantenimento). Tanto per capirci, persino una dieta a base di pesche, anguria e radicchio, più alcune mandorle, coprirebbe ampiamente il fabbisogno richiesto.
Per assurdo possiamo affermare che è impossibile stipulare una dieta carente in proteine.
– La carenza proteica è praticamente impossibile da raggiungere in qualsiasi dieta saziante vegana, vegetariana, onnivora o carnivora. Hanno provato a crearla a tavolino con 100 e più combinazioni minime diverse, senza mai riuscirci.
Basta soddisfare i morsi della fame e, con qualsiasi tipo di dieta, la carenza proteica non subentra, mentre il rischio esiste sempre per le carenze vitaminiche, minerali, enzimatiche ed ormonali. La carenza proteica si può verificare solo in concomitanza con una grave carenza calorica. La mediocrità e l’incompetenza del nutrizionismo medico mondiale.
– Ultima cosa, le tabelle e le piramidi alimentari comuni adottate dal mondo colonizzato, dagli ospedali colonizzati, dalle ASL colonizzate, dalle scuole colonizzate e dai ministeri colonizzati, sono prova storica e concreta dell’ignoranza e dell’incompetenza della nutrizione mondiale.
Il curriculum proteico della FDA
Negli anni ’70, la filomacellaia e filocasara FDA predicava 300 grammi al giorno di proteine nobili (bistecche a colazione, pranzo, merenda e cena), scandalizzando persino i medici più retrogradi e corrotti.
Negli anni ’80, la FDA fu spinta a più miti consigli e predicò 250 grammi al giorno.
Negli anni ’90, sempre sotto pressione, calò a 200.
Nel 2000, spaventata dall’esperimento di Cambridge, ritoccò a 150.
Nel 2005, fu sollecitata al livello100.
Oggi, tra improperi, moccoli, minacce e recriminazioni, mastica amaro sul livello 75, che è ancora decisamente troppo alto, visto che l’acidificazione del sangue umano scatta già al livello 30-35.
Silvia Trevaini
VideoNews