La dipendenza da … smartphone

Quando il buon vecchio Antonio Meucci ideò questo apparecchio, intendeva solamente semplificare le comunicazioni, non si sarebbe mai aspettato una simile evoluzione! 
Suppongo si possa facilmente dedurre l’oggetto a cui mi sto riferendo, che è naturalmente il telefono.

Secondo i dizionari di italiano o le enciclopedie online, il telefono è “un dispositivo dotato di microfono e ricevitore che permette a chi lo utilizza di comunicare con un’altra persona che possiede uno strumento analogo”, ma è davvero solo questo? Ne parliamo con Qlara, la nostra adolescente in crescita.La risposta mi pare palese, considerando che tutti ormai possiedono un cosiddetto smartphone, che non si limita certo alle telefonate. 
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a progressi oltremodo notevoli in questa speciale branca della tecnologia, ottenendo livelli di innovazione che quasi paiono irreali.
Ovviamente questo sviluppo ha i suoi lati positivi e negativi, come ogni cosa.

Al giorno d’oggi sono disponibili applicazioni di messaggistica immediata e videochiamate, per non parlare dei social media e del potente impatto che hanno sulla società.

Queste novità sono indubbiamente utili, ma sono certa che ognuno di noi ha notato (se non sperimentato in prima persona) la dipendenza che questo apparecchio crea, in grandi e piccini. 

Basti osservare i genitori che per calmare la loro prole in lacrime compiono quell’impegnativo gesto che consiste nel metterli sul divano con il telefono in mano, a guardarsi un video su Youtube. Oppure i bambini che a dieci anni già sfoggiano per le strade un cellulare grande il doppio della loro faccia. O gli adulti (che si vantano con i ragazzi del loro senso di responsabilità) che mentre guidano fanno telefonate o, ancora peggio, mandano sms.

Purtroppo questa dipendenza si crea principalmente negli adolescenti: forse per il loro grande quantitativo di tempo libero, forse per la necessità di trovare qualcuno “come loro” online. 
I ragazzi tendono ad avere una percezione piuttosto particolare di se stessi: si sentono diversi, emarginati. Forse perché si vedono realmente fuori dal coro, ma più probabilmente perché vogliono esserlo, hanno bisogno di distinguersi.

E così, il sentirsi diversi sfocia in una ricerca di qualcuno affine a loro, con cui condividere le peripezie degli emarginati, qualcuno che comprenda questi giovani ribelli; ma per fare questo, quale posto migliore del web? dei social? 

In tale modo si affezionano al mondo online, una comunità che abbraccia i giovani e li fa sentire capiti. Da qui si crea un’inevitabile dipendenza da smarthpone e social, che si acutizza nel momento in cui si vuole parlare con un amico, e la via più semplice è mandargli un messaggino su Whatsapp. 

È abbastanza deprimente vedere come la nostra società sia ormai dipendente dai telefoni cellulari, con nessuno che cerca di opporsi a questa corrente tecnologica che ci trascina continuamente. 

Si stanno perdendo valori, i rapporti stanno perdendo autenticità e soprattutto le personalità stanno svanendo, perché la gente si riduce ad essere ciò che scrive e ciò che posta.

trevaini50Silvia Trevaini

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