È sotto gli occhi di tutti:è sufficiente prendere un mezzo di trasporto pubblico in città: su 10 persone, 9 stanno guardando il telefonino. Ma il fenomeno è causa o effetto della mancanza di rapporti reali? I ragazzini non fanno altro che giocare con il cellulare e comunicare con gli amici tramite chat, passano la maggior parte del tempo con il telefonino in mano. Il mese scorso abbiamo parlato del fenomeno dell’hikikomori (migliaia di giovani rinchiusi in casa), abbiamo affrontato l’argomento dei cellulari dal punto di vista di una adolescente. Oggi voglio approfondire l’argomento, dando spazio anche alle cause di questa dipendenza.
Legame con il cellulare: pro e contro
Ciò che rende il telefonino uno strumento così diffuso e ricercato, oltre all’evidente utilità pratica che riveste, è l’impatto che ha sul nostro mondo emotivo. In effetti consente di mantenere illusoriamente l’altro – o gli altri – sempre presenti e di sentirci inclusi in una rete relazionale che in realtà è solo virtuale. Per placare l’ansia della separazione fisica, il senso di abbandono, sì ricorre all’apparente rassicurazione di una connessione costante con il mondo esterno. Una condizione interiore di certezza, di frustrazione, un bisogno affettivo emergente possono portare a voler esercitare un controllo sulle dimensioni spaziale temporali della relazione con l’altro, credendo di poter azzerare distanze e assenze. Ma quali sono i rischi che si celano dietro la fittizia rassicurazione di questo attaccamento tecnologico ?
Tutto e subito , ma senza passione
Il confronto con la realtà, la dimensione della scoperta la trepidazione dell’attesa vengono eluse , e alla lunga non più tollerate. Il desiderio, l’immaginario, la fantasia perdono di attrattiva, a favore di una gratificazione immediata, di un’azione che possa ridurre l’ansia, accorciare le distanze, porre fine silenzio, alla solitudine o alla noia. La possibilità di elaborare l’assenza dell’altro e di tollerare un intervallo indefinito tra il desiderio e la sua realizzazione vengono meno. In una costante e onnipresente “connessione” si possono perdere i proprio confini e la facoltà di gestire in modo costruttivo la propria solitudine. È così che la capacità di stare in presenza, in contatto reale con te e con l’altro sfumano, fino a diventare addirittura fonte di disagio.
Il bisogno inappagato dietro la dipendenza
Ciò che accade spesso ai giovani è che un senso di solitudine e di carenza affettiva abbiano trovato compensazione nella ricerca compulsiva e ininterrotta di ingannevoli connessioni digitali. Il bisogno di sedare le proprie angosce di separazione, di avere un continuo riconoscimento dall’altro e di distogliere l’attenzione dal senso di vuoto e di abbandono hanno portato i giovani a essere fortemente condizionati dallo strumento che li può garantire una costanza presenza dell’altro. I giovani hanno sviluppato una vera e propria dipendenza, che tuttavia, come ogni altra dipendenza non si può risolvere nella semplice astinenza, ma implica un profondo ascolto del proprio mondo interno e una rielaborazione dei propri vissuti. I genitori prendendo coscienza della vera natura del problema , riconoscono le proprie responsabilità nel non saper cogliere i bisogni emotivi profondi dei loro figli e di non essere in grado di trasmetterli sufficiente sicurezza e attenzioni. Il lavoro da fare con i giovani è quindi focalizzato sulla loro capacità di ascoltare il proprio mondo interno, le proprie emozioni e sensazioni. Questo può permettere loro di riscoprire il piacere della vicinanza, del contatto, dell’esperienza della condivisione. Conoscendo maggiormente se stessi e le sfumature del loro sentire, diventano più empatici e disponibili nei confronti degli altri, che gradualmente si aprono alla conoscenza e alla condivisione con gli altri.
Giovanissimo online
Sdando a una ricerca Doxa kids per Telefono Azzurro, pubblicata nel febbraio 2016, le nuove tecnologie e internet fanno oggi parte integrante della vita dei ragazzi, a partire già dall’infanzia. Questo incide inevitabilmente sulla quotidianità, sulla formazione dell’identità individuale e sui processi di socializzazione e di gestione delle relazioni e degli affetti. I dati della ricerca mettono in evidenza che in Italia più di 1 adolescente su 3 ha ricevuto il primo telefonino prima dei 13 anni e l’età media si aggira attorno agli 11 anni. Il 25% del ragazzi è sempre connesso mentre il 45% è connesso tutti i giorni più volte al giorno, a conferma di una vita trascorsa sempre più online. Da una ricerca effettuata da IPOSOS per Save the Children nel gennaio 2015 su un campione di 1003 adolescenti fra i 12 e i 17 anni, emerge che l’88% dei ragazzi è connesso, ovvero accede al mondo digitale anche grazie agli smartphone. Il 59% usa applicazioni di messaggistica partecipa a gruppi di conversazioni virtuali.
Silvia Trevaini
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