Obesità infantile

Il cibo viene spesso considerato dal bambino come una sostituzione dell’amore mancante o come un appello a essere considerato. Per evitare i rischi, però è opportuno rivolgersi a una equipe di professionisti che sappia affrontare il problema. L’obesità e il sovrappeso sono fenomeni in continua crescita in tutto il mondo, purtroppo anche nel nostro Paese. I dati italiani sono molto allarmanti: l’obesità infantile risulta la più elevata d’Europa e affligge un bambino su quattro. La gravità di questi dati sta anche nel fatto che è dimostrato che la probabilità di un bambino obeso di rimanere tale in età adulta è doppia rispetto a un bambino che alla stessa età è normopeso, con un aumento di rischi importanti per la salute. Rispetto al corpo anoressico, l’obeso riceve spesso uno sguardo meno attento e preoccupato, indice di una sottovalutazione degli aspetti sia clinici sia psicologici che implica. Il rischio connesso alla scarsa attenzione e preoccupazione tardiva da parte degli adulti di riferimento fa si che il grasso diventi sempre più tale e che una situazione di lieve sovrappeso si trasformi frequentemente in un’obesità importante.

Nella lettura psicoanalitica, l’obesità  infantile si origina spesso dalla confusione tra bisogni e desideri del bambino, a causa dello stile delle risposte dell’ambiente familiare alle sue differenti richieste: talvolta gli stessi adulti infatti sono abituati a considerare il cibo come un oggetto magico capace di alleviare rabbia, tristezza, frustrazioni, delusione… Così, fin da piccolissimo il bambino non viene abituato ad ascoltare le proprie sensazioni corporee e a interrogarsi su ciò che prova, ma impara a usare il cibo per placare ogni sorta di disagio, a volte aprendo il frigorifero o la dispensa di nascosto; oppure lo usa come un tappo alla sua solitudine. Il vuoto del cuore viene scambiato erroneamente dal soggetto per il vuoto dello stomaco e riempito con il cibo invece che con la parola. Il cibo rappresenta quindi in molti casi un sostituto dell’amore e diventa per il bambino un valido compagno, una difesa dalla tristezza, dalla solitudine; contemporaneamente, però, il suo utilizzo distorto è anche un appello all’essere considerato come soggetto unico e a essere ascoltato in modo più attento.

Spesso, i genitori  parlano dei loro bambini non solo come divoratori di cibo, ma anche come divoratori di cose, oggetti, attività: abituati a ricevere continuamente qualcosa, a loro volta i bambini, per colmare il buco della noia, dello stare senza qualcosa da fare, chiedono cibo o lo procurano di nascosto. I bambini obesi mostrano spesso anche una eccessiva accondiscendenza rispetto alle richieste dell’altro, che è indicativa di una profonda difficoltà a separarsi attraverso il rifiuto, a opporsi. Il corpo-grasso del bambino, che è una forma di difesa dalle proprie emozioni negative, si costituisce gradatamente cosi anche come una sorta di “fortezza”, di difesa rispetto al volere e allo sguardo dell’altro. L’ostentazione di un’immagine indesiderabile cela, di frequente, vissuti di inadeguatezza e un bisogno di venire amati e accettati per quello che si è, come se il soggetto cercasse di verificare nell’adulto di riferimento il suo valore di soggetto: “ Mi ami lo stesso anche se sono grasso”?

Il lavoro terapeutico di un’equipe di operatori con professionalità diverse, mediche e psicologiche è fondamentale nel trattare una patologia come l’obesità, in cui il corpo si ammala per farsi portavoce di ciò che fa soffrire emotivamente. Per questo non è sufficiente intervenire con una restrizione alimentare. Un ruolo fondamentale lo ha anche il lavoro con la famiglia, volto ad ascoltare la preoccupazione e a restituire ai genitori la fiducia nelle proprie capacità di cogliere e dare un significato ai segnali di malessere del piccolo e a trovare poi le risposte più adeguate.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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