Una casa terapeutica

Siamo una generazione indoor e la diffusione del Coronavirus ha condizionato ancora di più le nostre vite. Per rispondere alle esigenze del sistema sociale ed economico in cui viviamo, abbiamo quasi abbandonato la vita all’aria aperta, e così passiamo mediamente circa il 90% del tempo in ambienti chiusi, siano essi abitazioni, luoghi di lavoro, di svago o mezzi di trasporto. Chi pensa che starsene rinchiusi in questi spazi confinati sia almeno una misura di salvaguardia contro l’inquinamento atmosferico si sbaglia: i livelli degli inquinanti qui riscontrabili sono in media da quattro a cinque volte superiori rispetto a quelli rilevati all’esterno.

Dal secondo dopoguerra ad oggi l’uomo ha letteralmente creato, attraverso processi di sintesi chimica, più di centomila nuove sostanze che non esistevano in natura e che sono andate a interferire con i naturali processi evolutivi dell’organismo umano in maniera sempre più invasiva. Tali sostanze sono state utilizzate per la produzione di un’infinita tipologia di materiali di cui oggi siamo circondati: gli abiti che indossiamo, gli imballaggi con cui confezioniamo il cibo, gli elettrodomestici, i prodotti di pulizia, i cosmetici e, non ultimi, i materiali da costruzione. Pur rispettando i parametri di legge, in genere piuttosto permissivi, molti prodotti utilizzati in edilizia, se posti in un ambiente ermetico, raggiungono facilmente concentrazioni potenzialmente tossiche per l’organismo. I cosiddetti Composti organici volatili, sono molecole chimiche di varia natura, altamente volatili a temperatura ambiente, che possono generare numerose patologie, acute o croniche, fino ad essere in alcuni casi cancerogene o interferenti endocrini, cioè capaci di alterare il sistema ormonale. Se non si adottano misure adeguate è difficile sottrarsi a tale esposizione ed è anche per questo che molte persone stanno sviluppando ipersensibilità ai comuni prodotti commerciali e di largo consumo o, addirittura agli spazi abitativi convenzionalmente costruiti.

Seppur il tema dell’inquinamento indoor sia relativamente giovane, negli ultimi anni alcune aziende hanno introdotto sul mercato dispositivi intelligenti per il monitoraggio delle sostanze inquinanti. Si tratta di accessori indirizzati all’utente finale, facili da usare, che hanno al loro interno diversi sensori in grado di rivelare in tempo reale i valori di concentrazione di specifiche sostanze tossiche. Come un tradizionale termostato che misura la temperatura dei locali, questi strumenti consentono innanzitutto di avere una consapevolezza dei livelli di inquinamento non solo durante la permanenza dei locali ma anche “in remoto”, tramite apposite app sviluppate per smartphone che, quando si verifica il superamento dei limiti di sicurezza, avvisano con messaggi di allerta. In alcuni casi, il monitoraggio può dialogare con le centraline di controllo di sistemi di ventilazione meccanica, nel caso questi siano installati, in modo tale da regolare il flusso di ricambio d’aria in funzione del tasso d’inquinamento. Areare i locali, infatti, costituisce tutt’ora la raccomandazione principale, tanto più in edifici di recente realizzazione o ristrutturazione.

Viviamo in un periodo di forte esposizione agli agenti chimici nocivi, ma la ricerca scientifica, l’evoluzione tecnologica e le competenze tecniche sono a un livello di maturità tale da poter garantire, se declinate nel modo giusto, un benessere abitativo molto elevato. Così come siamo in grado di progettare e prevedere la forma di uno spazio, la luminosità, le prestazioni termo-acustiche, analogamente è possibile scegliere a priori il livello massimo di sostanze inquinanti nell’ambiente interno. In questo modo sarà chi abiterà quello spazio confinato a decidere la composizione chimica dell’aria indoor, rendendola compatibile allo specifico individuo, fino a poter creare ambienti non solo innocui, ma addirittura terapeutici. È bene ricordare che l’uomo è parte della natura e si è evoluto con essa. Gli interventi di ristrutturazione o la progettazione di nuovi edifici sono un’ottima opportunità per sperimentare un approccio maggiormente attento alla salubrità degli spazi e al mantenimento di un equilibrio uomo/natura, in una visione olistica dell’abitare che porti a ridurre notevolmente le potenzialità emissive delle superfici che compongono l’interno degli edifici. Per realizzare gli intonaci interni, per esempio, al posto dei più comuni premiscelati cementizi possiamo usare terra cruda o argilla in modo da ottenere ambienti sani dalle caratteristiche antibatteriche, antistatiche e naturalmente in grado di mantenere l’equilibrio igrometrico. O ancora, al posto dei pannelli a base di legno incollato, è meglio usare legno massello trattato con oli vegetali, così come è preferibile applicare vernici naturali rispetto a quelle sintetiche, anche se a basse emissioni. Chi non ha intenzione di fare interventi di ristrutturazione o di costruire una nuova casa, oltre ad areare correttamente i locali può comunque cominciare a mettere in pratica altri accorgimenti: ci sono ad esempio piante da interno, come l’aloe, l’edera o il tronchetto della felicità, in grado di umidificare e purificare gli ambienti, grazie alla capacità di catturare attraverso sintesi metabolica le sostanze volatili nocive. E per le case più moderne, è possibile ridurre fortemente la presenza di Voc, spore, polveri sottili, batteri e virus attraverso appositi dispositivi di ventilazione meccanica e purificazione multifiltro con apparecchi attivi basati su varie tecnologie di ionizzazione, in grado di abbattere fino al 90% degli inquinanti ambientali.

trevaini50Silvia Trevaini

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