La Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo (MRGE) è una patologia molto comune e diffusa nei paesi occidentali ed industrializzati. La prevalenza dei sintomi di reflusso è compresa tra il 20% ed il 40% degli individui adulti.
La MRGE è caratterizzata da uno spettro anatomo-clinico estremamente ampio comprendente forme con sintomi tipici, ma senza alcuna evidente lesione a carico della mucosa esofagea, definite con l’acronimo inglese NERD (Non Erosive Reflux Disease) e pazienti con esofagite erosiva o con complicanze, quali l’esofago di Barrett, che possono riferire lievi disturbi. Non è quindi possibile definire con certezza la gravità della malattia, basandosi esclusivamente sulla sintomatologia riferita dai pazienti. Vi è, inoltre, sempre maggior consapevolezza che la MRGE, sia mediante l’azione lesiva diretta, sia attraverso una serie di riflessi neurovegetativi, possa indurre patologie e sintomi “estranei” all’apparato digerente. Ne parliamo con Il Dottor Egidio Miranda, specialista in chirurgia generale presso la Casa di Cura San paolo di Pistoia.
Come si presenta e che disturbi porta il reflusso gastrico?
I sintomi tipici della malattia sono: mal di gola, tosse cronica, raucedine, disfonia, bisogno di schiarirsi la voce e dolore toracico. Da un punto di vista fisiopatologico, l’alterazione essenziale è costituita dal passaggio di materiale gastrico e/o duodenale in esofago in quantità e per un tempo sufficienti a provocare sintomi, danni più o meno severi alla mucosa esofagea o entrambi.
Quali sono le cause del reflusso gastroesofageo?
Tra le cause di reflusso gastroesofageo si registrano:
- l’alterata funzionalità dello sfintere.
- Il non corretto funzionamento della peristalsi dell’esofago.
- Alterazioni salivari.
- La gravidanza.
- L’obesità e il sovrappeso.
- Il fumo di sigarette.
- La presenza di ernia iatale.
- La presenza di ansia e stress.
- Una dieta alimentare scorretta.
Come si fa a diagnosticare?
Fra gli esami utili per la diagnosi della malattia ci sono:
- Esame radiologico del tubo digerente (Rx con mdc per os): valutazione decorso e calibro dell’esofago; studio della giunzione esofago-gastrica (ernia jatale).
- Gastroscopia (EGDS): valutazione della mucosa esofagea (esofagite, Barrett,ecc).
- Ph-impedenziometria esofagea: valutazione del reflusso acido gastro-esofageo (durata esposizione all’acido, correlazione con i sintomi).
- Manometria esofagea: valutazione attività funzionale dell’esofago (capacità peristaltica, tono basale dello sfintere esofageo inferiore).
Le metodiche elencate forniscono informazioni complementari con diversa valenza diagnostica. La misurazione diretta del reflusso (acido) può ottenersi solo con la pH-metria prolungata, che rappresenta anche l’unico metodo in grado di fornire indicazioni sul nesso causale tra reflusso e sintomi del paziente. L’esame endoscopico risulta invece insostituibile per accertare l’esistenza e la severità dell’esofagite e delle sue complicanze.
In presenza di sintomi suggestivi di MRGE come si procede?
In un paziente con sintomi suggestivi di MRGE è necessario attuare una strategia diagnostica che ha due scopi fondamentali:
1) Accertare la presenza di esofagite
Il primo obiettivo risulta molto importante perché consente di definire in maniera corretta sia l’approccio terapeutico che il monitoraggio successivo del paziente. Esso non può prescindere da una valutazione morfologico-endoscopica della mucosa dell’esofago, dal momento che il quadro clinico, specie se atipico, non consente di stabilire l’esistenza e la severità delle lesioni anatomiche.
Le indicazioni ad eseguire una EGDS (esofagogastroduodenoscopia) nel percorso diagnostico sono:
- Nei pazienti con sintomi tipici ma associati a sintomi di allarme quali la disfagia, il calo ponderale, l’ematemesi e/o la melena (per escludere ulcere o stenosi e neoplasie esofagee)
- Nei pazienti con sintomi atipici (dolore toracico, sintomi respiratori od oro-faringei) dopo valutazione specialistica (cardiologica, otorinolaringoiatrica, pneumologica)
- Nei pazienti che presentano sintomi tipici persistenti durante il trattamento o che recidivano precocemente alla sospensione dello stesso, se non era stata effettuata prima dell’inizio del trattamento
- Nei pazienti con sintomi di recente insorgenza ed età > 45 anni
- Nel follow-up in caso di recidive con cambiamento di sintomatologia e/o comparsa di sintomi di allarme
- Nei pazienti con sintomi di lunga durata (> 5 anni), una sola volta, per escludere un esofago di Barrett.
- Nel follow-up di pazienti con esofago di Barrett
2) Stabilire se la sintomatologia è correlata al fenomeno del reflusso
Il raggiungimento di questo secondo obiettivo, cioè quello di dimostrare l’esistenza di un nesso causa-effetto tra il sintomo e il reflusso, diviene rilevante soprattutto in due circostanze: in alcuni pazienti in cui l’esame endoscopico risulta negativo ed in quelli con sintomi atipici. La metodica diagnostica utilizzata a questo scopo è rappresentata dalla pH-Metria esofagea di lunga durata.
Come si può curare il reflusso gastroesofageo?
Può essere curato con tre tipi di farmaci: farmaci procinetici (che agevolano uno svuotamento più veloce dello stomaco, i protettori della mucosa esofagea, gli inibitori della pompa protonica o gli antagonisti dei recettori H2 (che riducono la secrezione acida gastrica).
Se il trattamento farmacologico non ottiene risultati può essere necessario un intervento chirurgico.
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