Cosa fare per ripartire dopo un brutto evento

Incidenti domestici, stradali o aerei, essere testimone di eventi che minacciano la vita, come uragani o terremoti, stupri o rapimenti. Tutte queste situazioni hanno una cosa in comune: possono divenire traumi duraturi e invalidanti per le persone che le vivono. Quando si viene coinvolti in un evento al di fuori della consueta esperienza umana quasi tutti sperimentiamo delle reazioni strane. Le reazioni al trauma sono diverse da una persona ad un’altra. È naturale che un evento particolarmente stressante provochi queste reazioni, soprattutto se si tratta di un evento che evocherebbe sintomi di malessere significativi in qualsiasi individuo qualora questi vi fosse esposto. Subito dopo un evento traumatico è del tutto normale provare ansia e uno stato di allarme (“iperattivazione fisiologica”) come se si dovesse essere ancora pronti ad affrontare il pericolo. Si associano l’incredulità per quanto successo e contemporaneamente la percezione chiara che nulla tornerà più come prima. Ciò che si impone è la necessità di adattarsi al cambiamento ed elaborare l’accaduto. È frequente, infatti, la tendenza a ricordare e riesaminare l’evento allo scopo di comprenderne le cause come se fosse una situazione da risolvere e non come qualcosa che, per quanto sconvolgente, può solo essere accettata. Nella maggioranza dei casi queste reazioni sono transitorie e non richiedono un aiuto specialistico. Quando però si protraggono nel tempo e anzi si intensificano creando una sofferenza significativa, allora viene a configurarsi un vero e proprio quadro psicopatologico, il disturbo post traumatico da stress. Continua a leggere

Quando lo stress non è positivo

In psicologia, uno dei primi studiosi a parlare di stress è stato Hans Selye, medico austriaco che negli anni ’30 grazie ai suoi esperimenti sui ratti adottò il termine stress per indicare una “risposta aspecifica dell’organismo a qualsiasi sollecitazione”. L’autore osservò come negli animali, a seguito dell’esposizione a stimoli esterni di vario tipo (fisico, chimico o biologico), vi fosse una risposta comune, caratterizzata dall’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.  Gli stimoli interni o esterni, denominati anche stressor, vanno ad alterare l’equilibrio naturale del nostro organismo (detto equilibrio omeostatico). La risposta allo stress è un tentativo che il nostro corpo mette in atto per ristabilire l’omeostasi. In altre parole, quando le risorse personali non sono sufficienti a fronteggiare le richieste provenienti dall’ambiente esterno, il corpo reagisce attivandosi. Possiamo quindi attribuire a questo meccanismo una funzione adattiva, volta a preparare l’organismo, che grazie allo stress viene stimolato a raccogliere le energie e gli strumenti necessari per far fronte alle sfide personali e alle richieste ambientali. Lo stress di per sé, qualunque sia la situazione che lo provoca, non è negativo né positivo poiché favorisce l’adattamento ai numerosi stimoli, sia fisici che mentali, ricevuti ogni giorno. È presente quando abbiamo sfide che dobbiamo affrontare con entusiasmo o come quando lottiamo per raggiungere un obiettivo. Per sentirsi vivi è necessario che ci sia stress, perché senza di esso ci sentiamo tristi, depressi e la vita comincia a sembrare vuota e priva di significato. Si tratta di un tipo di stress che ci mantiene felici e sani.  Quando invece troppa attivazione e quindi troppa produzione di ormoni crea uno squilibrio con effetti sul nostro organismo (deficit di attenzione, emicrania, disturbi del sonno, ecc.) in questo caso parliamo di distress, cioè di stress negativo. Ma approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Filippo Ongaro, ex medico degli astronauti ed esperto in medicina rigenerativa, anti-invecchiamento e nutrigenomica.  Continua a leggere

Proteggiamo i polmoni

Istockphoto

L’inizio di novembre segna la fine di un intero ciclo vitale. La natura con i suoi alberi ormai spogli, il letargo di alcuni animali, il clima che si fa più rigido e le giornate più corte e meno luminose, indicano che è il momento per “quel che resta” dopo la spogliazione, dopo la riduzione all’essenziale di ciò che è la vita. La natura sembra più fragile, più vulnerabile, più esposta. Se pensiamo al nostro organismo, che è in sintonia con essa, bisogna ammettere che sia così: novembre è il mese in cui siamo più colpiti da diversi disturbi, sia a livello psichico (c’è la maggior incidenza di depressione) sia a livello fisico (c’è notevole insorgenza di malattie da raffreddamento e reumatologiche). Tale analogia di stato e di vulnerabilità è ben rappresentata dai nostri polmoni, che costituiscono una sorta di “albero rovesciato” (l’albero respiratorio). È un albero che vorrebbe ritirarsi, schermarsi, e che invece è spinto ogni giorno in mezzo al freddo, all’umido e al collettivo, e che, per questo, deve ora essere protetto. Al di là di tutte le variabili legate allo stress, al clima e alle epidemie, i polmoni di novembre sono organi più delicati, come dimostra il notevole aumento di polmoniti, bronchiti e pleuriti. Ed anche il peggioramento di patologie preesistenti, come le bronchiti croniche. Oltre che con il muco e con le cellule ciliate, la mucosa respiratoria si difende con la cosiddetta “vernice immunitaria”, cioè una presenza lungo tutta la superficie di cellule immunitarie e anticorpi (le immunoglobuline), che svolgono una silenziosa ma costante azione di battaglia contro gli agenti esterni. È un sistema immunitario potente, quello respiratorio, ma anch’esso può essere vittima dello stress che ne indebolisce sia l’intensità sia la prontezza dell’intervento. È raro che una polmonite o una broncopolmonite, a parte quelle dovute, purtroppo, al Covid 19 – insorga in un soggetto sano che si sente in piena forma: di solito essa è preceduta da un periodo nel quale la persona ha “dato troppo”, si è trovata a vivere nella frenesia collettiva e, collettivizzandosi, ha “perso identità” e confine, i due aspetti che il sistema immunitario rappresenta. Possiamo contare però su due piante, il timo (che ti mette al riparo da tosse e bronchiti) e la ravensara (per evitare raffreddori). Ma vediamo come… Continua a leggere