Impariamo a disconnetterci

Per alcuni non è facile spegnere il modem e gli smartphone. Ma provarci sarebbe una buona idea. Anche se può sembrare sorprendente, la nuova parola d’ordine di  alcune aziende è disconnettetevi. Dopo le ore canoniche di lavoro, s’intende. Molti studi hanno rilevato che l’eccesso di connettività, cioè la tendenza ad essere costantemente reperibili o la possibilità di avere accesso non stop all’infinita e infida mole  di informazioni che possiamo ricevere  dagli strumenti di comunicazione più moderni, fa male alla salute e anche alla redditività.

E se staccare la spina ci mette a disagio?

Se non stacchiamo la spina, cioè, dopo un po’ il nostro cervello non avrà più la stessa efficienza che ci aspettiamo normalmente. Non ci volevano dei geni per capire che il nostro sistema nervoso ha bisogno di tempi tecnici di recupero e di riposo. Ma per fortuna ci siamo arrivati. Una buona notizia dunque? Non per tutti. La connessione illimitata infatti, può creare una avere propria dipendenza, perciò alcuni potrebbero addirittura non preferire questa salutare soluzione o trovarsi a disagio nel praticarla.

Paura di essere tagliati fuori

Nascono nuove dipendenze. Anche se ogni persona può avere specifici motivi per cui incorre in tali problemi, Ciò che questi comportamenti hanno in comune è che sostituendo legami con cose e persone reali con quelle virtuali, si incrementa l’ansia di non averne il controllo. Illusione di vicinanza e familiarità con persone, ambienti informazioni non confermata da esperienze di contatto reali e tangibili, in qualche modo rassicuranti, genera un circolo vizioso che attiva e aumenta sempre di più la paura di essere tagliati fuori. Quest’ultima è un retaggio sentito primordiale, anche se non ha più nulla a che fare con l’essere abbandonati nella savana nella giungla, ma è attivata dall’avere poca connessione poco campo di ricezione.

Senso di vuoto e solitudine

Un altro problema che potrebbe comparire, se le nuove e più sane direttive che stanno emergendo nel mondo del lavoro prenderanno piede, potrebbe essere, almeno per alcuni, una sorta di svuotamento di perdita di senso. Un po’ come vi sentireste se veniste privati improvvisamente di un’attività che vi da apparente sostegno, compagnia, riconoscibilità e addirittura identità. Questa condizione è forse anche peggiore del panico, e potrebbe richiedere un intervento esterno per rimettere le cose sul giusto binario e ridimensionare l’importanza della connessione virtuale, magari incentivando i contatti veri, con umani in carne e ossa.

NOMOFOBIA

Gli accessi di connettività hanno persino delle precise definizioni. Una, in realtà, è un neologismo: nomofobia ( no mobile- phone e fobia).

Cioè la paura sproporzionata o irrazionale di rimanere senza connessione, con sintomi simili al panico se questo timore non viene subito esorcizzato. Comporta un uso smodato del cellulare o dello smartphone, anche in situazioni totalmente inappropriate, e interferisce pesantemente nella vita privata e lavorativa nello studio. Ma c’è anche l’information overload, cioè il sovraccarico di informazioni dovute all’incessante navigare sul Web, o i disturbi emotivi legati all’eccessiva ricerca di socialità di chi non riesce a stare lontano per più di pochi minuti dei siti social, dipendenze di recente acquisizione, che stanno dilagando in modo preoccupante.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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