L’osservazione dei comportamenti sociali è da sempre un criterio per le diagnosi psichiatriche. Alcuni disturbi riguardano specificamente la dimensione sociale (la fobia sociale), altri vedono tipicamente dei cambiamenti nel comportamento sociale. Ne parliamo con il Dott. Matteo Pacini, psichiatra del Centro Medico Visconti di Modrone.
Il sociale e il “social”, cioè tutto l’insieme delle interazioni virtuali, sono aspetti collegati, anche se i segni della socialità virtuale sono ancora più utili nel far sospettare un certo tipo di sintomi. Il tipo di stile di pubblicazione dei contenuti, l’instabilità dei profili, con tendenza a chiuderli e riaprirli, così come lo stile di interazione con gli altri sono spesso utili, anche perché sono “pubblici”. Vediamo alcuni esempi.
Pubblicazione a raffica di contenuti, uno dietro l’altro.
Possono essere contenuti seriali, su un unico tema. Denotano una tendenza a formulare pensieri rapidi, decisi, come fossero “aforismi”, che la persona ritiene compiuti e stuzzicanti. Tipicamente li affastella per comporre una riflessione magari anche interessante o sfaccettata. Può capitare che l’autore continui a scrivere come se si commentasse da solo, rispondendo a ipotetiche osservazioni o critiche, come rispetto a interlocutori immaginari. Non che questo indichi allucinazioni, semplicemente indica una vivacità, auto-referenziale, in cui chi parla basta a se stesso e si percepisce interessante, geniale, “ficcante”, addirittura quando apre un profilo in cui può si e no rivolgersi ad un pubblico di una decina di persone.
Cancellazione
Ci sono persone che improvvisamente spariscono dal social. Per sparire basta non collegarsi, invece c’è chi sente il bisogno di cancellare il profilo. Questo avviene soprattutto a scopo simbolico, perché prima che qualcuno noti che non ci sei più può passare anche del tempo. Naturalmente chi “scompare” può anche essersi reso invisibile ad altri, selettivamente (cioè li ha bloccati), ma si fa presto a verificare se ha bloccato o è proprio scomparso dalla circolazione.
Cancellarsi può quindi significare un “addio”, in genere polemico o amaro, alla dimensione sociale, oppure può dipendere da altro. Alcuni infatti ritengono di doversi cancellare perché ritengono di essere spiati attraverso il loro profilo, quindi non vogliono lasciare traccia, o rischiare che qualcuno spii i loro contenuti. Non è raro che profili iniziati tumultuosamente, con scritti a raffica, dichiarazioni roboanti o voglia di comunicare i propri pensieri a tutti, si chiudano poi bruscamente con una cancellazione totale.
In questa bifasicità si riconosce tipicamente un ciclo bipolare.
Allusività
Alcune persone, in certe fasi dei loro disturbi, scrivono frasi allusive, in cui sembrano riferirsi a qualcosa che gli altri dovrebbero sapere, o a qualcuno in particolare che dovrebbe capire. Dalle frasi si direbbe che parlino di qualcosa di importante, con toni di segretezza. Alternatamente, si rivolgono quasi al mondo intero, come se dovessero comunicare verità e rivelazioni allo stesso tempo importanti ma confuse nei dettagli. Quando si trovano sequenze di questi post, può darsi che indichino una fase psicotica: la persona presume che gli altri sappiano di cosa sta parlando, o addirittura scrive perché ritiene che gli altri lo abbiano indotto a scrivere, che attendano da lui risposte, o che lo abbiano provocato. Negli scritti psicotici manca tipicamente il “chi” e il “cosa”: quando c’è un delirio persecutorio, per esempio, la persona allude a qualcuno che lo perseguita ma non si definisce bene chi sia e per quale fine. Ci sono casi anche di cronaca in cui qualcuno pubblica messaggi che sembrano “cifrati”, e che con tutta probabilità non significano niente, almeno fuori dal delirio della persona stessa. Chi si riprende dalla psicosi può non ricordarsi assolutamente che cosa aveva scritto e cosa volesse dire.
Chi è psicotico tende a leggere i messaggi degli altri come allusioni a sé. Pertanto ci possono scappare commenti incomprensibili, allusivi, messi sulle bacheche degli altri. Sono commenti che si riconoscono di solito perché sconnessi, ellittici, formati da mezze frasi, molta punteggiatura di sospensione (puntini, punti interrogativi…).
Disgrafie
I messaggi scritti con refusi continui, e non corretti prima di essere pubblicati, possono rivelare due tipi di alterazioni. La prima è la fretta: chi ha la spinta a scrivere di getto può “inviare” il testo senza curarsi di eventuali errori, e magari proprio perché distratto dalla fretta di scrivere ne inanella un certo numero. Oppure, la capacità di coordinazione e di auto-lettura può essere alterata dall’assunzione di sostanze come l’alcol, o da alcuni farmaci.
Prendere alla lettera le interazioni virtuali
Le azioni del mondo sociale virtuale hanno dei nomi approssimativi, tipo “chiedi amicizia”. Alcuni, spesso inesperti del linguaggio e dei modi dei social, attribuiscono a queste interazioni un senso letterale, quindi per esempio non danno amicizia se non a chi conoscono, interpretando letteralmente il “dare amicizia”. Allo stesso modo possono entusiasmarsi molto per un “like”, come se avesse lo stesso significato di un “mi piace” detto a voce faccia a faccia.
Le persone che usano il social in questo modo, arrivano presto a stressarsi, come se stessero davvero avendo a che fare con contatti e apprezzamenti dal vivo. Allo stesso modo, questa suscettibilità si manifesta nella reazione agli apprezzamenti negativi o alle offese.
Istrionismi
Il social è un luogo di esibizione, quando non è funzionale a progetti o attività specifiche. E’ normale che quindi ciascuno ci metta quel che più gli preme mostrare della sua vita, dalla foto del piatto di spaghetti all’opera d’arte, alla citazione. Esistono però profili caratterizzati in maniera preponderante dalla ricorrenza di post, soprattutto immagini, in cui la persona si mostra in pose seducenti o eroticamente significative. Seguono commenti (di solito di uomini) che dissimulano l’interesse suscitato e lo sublimano in frasi di sobrio ed elegante apprezzamento. Il livello di consapevolezza è vario, da chi lo fa chiaramente per gratificarsi degli apprezzamenti, e dell’imbarazzo con cui sono espressi, a chi lo fa in automatico.
Gelosie patologiche
Il controllo del partner o lo stalking via social è ormai un classico delle relazioni patologiche. La possibilità di avere riscontri sui comportamenti “sociali” del partner ha peggiorato la capacità di accettare che le relazioni vadano avanti sulla fiducia e sull’esperienza diretta dei reciproci comportamenti. Inoltre, anche a relazioni finite, queste rimangono “in bacheca”, così da alimentare gelosie postume, frustrazione e spunti per rigurgiti di ostilità e accuse. Naturalmente, chi voglia impedire che altri vedano le proprie foto e i propri post, possono “bloccare” determinati profili da cui non vogliono essere spiati. Ma anche questa, il bloccare, è un’azione che genera delle reazioni da parte dello stalker, del partner lasciato o del corteggiatore rifiutato. I soggetti tendenzialmente paranoici, in generale, recepiscono gli elementi sociali (dal semplice like al commento articolato) attraverso il filtro paranoico obbligato. Il paradosso finale è che il giudizio o la “sensazione” di fedeltà, di amore, di corrispondenza da parte del partner sono valutate più su presunte scorrettezze o incongruenze nella bacheca di un social, piuttosto che da riscontri diretti nella relazione vissuta a tu per tu.