L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da riduzione della massa ossea con conseguente aumento del rischio di frattura. Per comprenderne il grandissimo impatto epidemiologico, basta ricordare che più di 200 milioni di persone nel mondo ne sono affette (più di 10 milioni negli Stati Uniti e più di 3,5 milioni nel nostro paese). L’osteoporosi presenta un picco di incidenza nell’età matura e anziana, inoltre è importante sottolineare che non riguarda solamente e prevalentemente il sesso femminile in quanto anche il maschio può esserne colpito e in modo grave einvalidante. Ce ne parla il Dott. Gregorio Guabello, specialista endocrinologo del Centro medico Visconti di Modrone.Per quanto riguarda le cause che portano a perdita e impoverimento della massa ossea, è noto che nel sesso femminile il calo ormonale estrogenico tipico della condizione post-menopausale e’ responsabile della maggior parte dei casi di osteoporosi, tuttavia oggi sappiamo che molte patologie (ormonali e non) possono causare quella che viene definita “osteoporosi secondaria” cioè una condizione che dipende da una malattia specifica del paziente responsabile di un corteo sintomatologico di cui l’osteoporosi e’ solo uno dei tasselli. Sono numerosissime le malattie che possono causare questo tipo di osteoporosi: malattie ormonali (eccesso di glucocorticoidi, iperparatiroidismo), malassorbimento intestinale (celiachia), patologie del fegato, insufficienza renale cronica, tumori e leucemie, malattie autoimmunitarie (artrite reumatoide), farmaci (basti pensare alla frequente prescrizione medica del cortisone che ha un noto effetto nocivo sulle ossa). Fattori di predisposizione genetica (la cosiddetta familiarità) e un cattivo stile di vita (fumo di sigaretta, abuso di alcol o droghe) contribuiscono alla genesi della malattia. Inoltre, praticamente in tutti i casi di osteoporosi, è presente una carenza di vitamina D (legata sia ad un insufficiente introito alimentare sia ad una ridotta esposizione solare), responsabile di una ridotta fissazione di calcio nelle ossa.
A differenza della patologia artrosica che causa dolore (spesso cronico e invalidante) al paziente, l’osteoporosi può essere una malattia con decorso silente per molti anni e dare come primo segno di sé la cosiddetta frattura da fragilità femorale o vertebrale, cioè una frattura che si realizza in assenza di un trauma evidente (il paziente anziano che si frattura il femore spesso cade in seguito alla frattura anziché fratturarsi in seguito alla caduta).
Diagnosticare l’osteoporosi è molto semplice: attraverso la MOC (che significa mineralometria ossea computerizzata) e un radiogramma della colonna vertebrale dorso-lombare è possibile avere una informazione precisa sul grado di mineralizzazione dell’osso e sulla eventuale presenza di fratture vertebrali (non note e asintomatiche). L’indicazione ad eseguire una MOC di routine riguarda tutte le donne dopo i 65 anni di età e i tutti maschi dopo i 70 anni di età oppure tutte le donne e tutti i maschi indipendentemente dall’età in presenza di determinati fattori di rischio (menopausa precoce prima dei 45 anni, basso indice di massa corporea, fumo di sigaretta, farmaci che possono danneggiare il tessuto osseo, malattie ormonali).
Prima di iniziare un trattamento per l’osteoporosi, è utile nella pratica clinica eseguire una attenta anamnesi e un approfondito esame obbiettivo del paziente, oltre ad eseguire esami di laboratorio specifici, al fine di escludere forme secondarie: in questo caso, come detto, l’osteoporosi è una delle tante manifestazione di una specifica patologia e la prima cura è la terapia della patologia stessa.
Solo dopo avere escluso le forme secondarie e dopo avere inquadrato l’origine post-menopausale della osteoporosi nella donna e senile nel maschio, è necessario instaurare un trattamento. Come detto sopra, tutti i pazienti osteoporotici presentano una carenza di vitamina D, che è la vitamina responsabile dell’assorbimento intestinale del calcio ingerito con la dieta e della sua fissazione nelle ossa. La somministrazione della vitamina D si realizza in modo molto semplice con l’ingestione settimanale o mensile di colecalciferolo o calcifediolo (le forme inattive della vitamina D che una volta penetrate nell’organismo vengono metabolizzate nella forma biologicamente attiva, denominata calcitriolo). La supplementazione di vitamina D va integrata con una dose giornaliera di calcio (in genere circa 400-500 mg di calcio carbonato), soprattutto nei pazienti che hanno una dieta povera di latte e latticini. Dopo il ripristino di un normale contenuto di vitamina D (un semplice dosaggio nel sangue ci dice se la carenza è stata adeguatamente supplementata), la terapia va integrata con farmaci osteotrofici, che si dividono fondamentalmente in 2 grosse categorie: farmaci anti-riassorbitivi (farmaci che contrastano la perdita di calcio dalle ossa) e farmaci anabolizzanti (farmaci che favoriscono la formazione di nuovo osso). Quelli maggiormente utilizzati nella pratica clinica, di tipo anti-riassorbitivo, sono i cosiddetti bisfosfonati: vengono assunti per via orale, settimanalmente o mensilmente, sono generalmente ben tollerati, in genere forniti al paziente in regime SSN (acquistati tramite impegnativa, con il pagamento del solo ticket). Per i pazienti con intolleranza gastrica o per i pazienti anziani con problemi di “compliance” (mancato rispetto al domicilio dei tempi di somministrazione per disattenzione o dimenticanza), oggi è possibile somministrare il farmaco endovena una volta all’anno, in regime di day-hospital. Negli ultimi anni nuovi farmaci si sono resi disponibili per un trattamento sempre più efficace contro l’osteoporosi e il conseguente rischio di fratture. Tra questi, ricordiamo il paratormone umano ricombinante (anabolizzante, somministrabile sottocute tutti i giorni, per una durata complessiva di 24 mesi, prescrivibile con piano terapeutico solo per gravi forme di osteoporosi cosiddetta “fratturativa”) e il denosumab (anti-riassorbitivo, somministrabile sottocute ogni 6 mesi, prescrivibile con piano terapeutico, in donne affette da osteoporosi ad aumentato rischio di frattura).
Silvia Trevaini
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