Solitamente si tende a dare per scontato che i nostri comportamenti siano espressione di una volontà consapevole e che l’essere umano sia totalmente libero di scegliere con raziocinio, svincolato dalle pressioni di pulsioni istintuali, ci spiega la dottoressa Cristina Toni del Centro Medico Visconti di Modrone di Milano. Di fatto nel cervello umano ci sono aree che condividiamo con gli altri animali, definite cervello rettile e sistema limbico, che sono deputate alla modulazione della vita istintuale ed emotiva. Le zone corticali, più evolute dal punto di vista filogenetico, non sempre riescono a frenare e controllare i nostri istinti.
Alla luce di queste brevi considerazioni, il tradimento può essere interpretato come un fenomeno complesso e plurideterminato, non dipendente dalla sola volontà di tradire.
La fedeltà sembra una qualità molto rara tra gli animali, rappresentata in circa il 3% dei mammiferi. In studi di comparazione fra topi di prateria e topi di montagna, è emerso che i primi sono fortemente monogami, al contrario di quanto osservato nei cugini di montagna. Durante l’accoppiamento dei topi, così come di tutti gli animali, uomo compreso, viene secreto un ormone, l’ossitocina, che è fondamentale per rafforzare l’attaccamento al partner e quindi il legame di coppia. Ebbene, i topi di prateria, al contrario di quelli di montagna, hanno recettori specifici per l’ossitocina nei centri cerebrali che modulano la gratificazione. Per questo sarebbero più propensi a sentirsi soddisfatti dal legame con il loro partner e quindi più inclini alla fedeltà.
Anche nell’uomo si è ipotizzata una diversa sensibilità interindividuale all’ormone ossitocina che potrebbe spiegare perché alcuni individui siano più portati al tradimento rispetto ad altri.
D’altra parte, bisogna ricordare che l’istinto sessuale non è rappresentato in modo omogeneo nella popolazione: laddove l’appetito sessuale è molto accentuato ed associato ad una ricerca compulsiva di partner diversi si può parlare di ipersessualita’, più frequente nel sesso maschile. In questi casi si può configurare una vera e propria dipendenza dal sesso, così come altri soggetti la possono avere per le droghe, il cibo o (ahimè) il lavoro.
Dal punto di vista etologico, altri fattori possono essere chiamati in causa per spiegare il fenomeno del tradimento. In particolare, è stato ipotizzato che l’uomo, come gli altri animali di sesso maschile, sia indotto a copulare con più femmine per una forza istintuale che vuole l’affermazione e il consolidamento del suo patrimonio genetico. Almeno in parte, la colpa del tradimento potrebbe essere attribuita quindi al “gene egoista”, di cui aveva parlato un famoso neuroscienziato –Richard Dawkins-, volto a salvaguardarsi e propagarsi il più possibile nelle generazioni successive. Sempre secondo quest’ottica, nel caso delle donne il tradimento sarebbe funzionale alla ricerca di partner in grado di garantire un migliore assetto genetico ai propri figli: grazie ai segnali dei feromoni, la donna individuerebbe gli uomini candidati a questo scopo.
Ovviamente la razionalità, le capacità di autocontrollo e fattori culturali e religiosi intervengono nel modulare l’espressione comportamentale delle pulsioni. Ciò nonostante, il tradimento resta un fenomeno ampiamente diffuso, anche in realtà molto religiose, dove l’adesione ai precetti di monogamia dovrebbe essere maggiore.
Laddove non è accettata la poligamia o la poliandria (il corrispettivo per le donne, in alcune realtà in India e in Africa), la mancata fedeltà richiede capacità di attenzione e organizzazione piuttosto elevate, in modo che la relazione parallela non venga scoperta. Se da un lato il gusto del proibito può funzionare da rivitalizzante, riaccendendo passioni ed emozioni magari assopite da tempo, d’altra parte la gestione accorta del tradimento può nel tempo causare un innalzamento dei livelli di ansia e di tensione, a cui si possono associare sentimenti di colpa, culminanti, in soggetti predisposti, in quadri conclamati di depressione o ansia che richiedono un intervento specialistico. D’altra parte, chi è tradito, anche in realtà poligamiche, molto spesso sviluppa reazioni di rabbia, frustrazione, talora di vera e propria aggressività auto ed eterodiretta; sempre in soggetti predisposti si possono sviluppare quadri di depressione con intolleranza all’abbandono, sentimenti di inadeguatezza, con ruminazioni su quanto si è sbagliato nel rapporto di coppia.
Ci sono infine condizioni psicopatologiche, e quindi necessitanti di terapie specifiche, le quali meritano di essere ricordate a proposito del tradimento:
- Nella cosiddetta mania (o ipomania, per la forma più lieve), che corrisponde all’esatto opposto della depressione, tutti gli istinti e le pulsioni sono estremamente vivaci: chi ne è affetto può essere euforico o aggressivo, ma comunque sempre con tantissima energia e voglia di fare moltissime cose, compresa l’attività sessuale, possibilmente con partner diversi. In questa situazione ovviamente la soglia al tradimento è molto bassa e spesso risulta difficile far capire al congiunto che il proprio partner ha tradito per malattia, con scarsa o assente consapevolezza dei rischi connessi ai propri comportamenti.
- Nella ciclotimia, un altro disturbo dell’umore, attenuato rispetto al disturbo bipolare, c’è un forte desiderio di compiacere, di sentirsi corteggiato/a (è più frequente nelle donne), apprezzato/a. Sotto la spinta di questo desiderio vengono messi in atto comportamenti di seduzione che finiscono poi con relazioni plurime: l’obiettivo in questo caso è sentire di piacere, non il piacere sessuale. Di fatto, spesso le donne ciclotimiche che mettono in atto questi comportamenti sono anorgasmiche o comunque non sono interessate più di tanto al piacere sessuale, nonostante la loro apparenza sensuale e provocante.
Silvia Trevaini
Videonews