I danni procurati dalla luce blu degli smartphone

La luce blu di smartphone e tablet penetra negli strati profondi dell’epidermide e provoca macchie e rughe. Ma, se viene usata da mani esperte, si trasforma in una terapia contro acne, formazioni precancerose e cheratosi attiniche.  Trasformare il cellulare in uno strumento di lavoro, ma allo stesso tempo correre ai ripari per un utilizzo massiccio del dispositivo: Kylie Jenner 21 enne, sorella minore della più famosa Kim Kardashian, sarebbe pronta a una collaborazione con Apple per creare una crema contro la luce blu emessa dai cellulari. Un’intuizione da imprenditrice navigata per la giovanissima  Kylie che ha centrato un argomento di grande attualità, portato più volte alla ribalta dai ricercatori negli ultimi tempi. La luce blu di cellulari, tablet, televisori e schermi in genere è potenzialmente dannosa per la pelle, specie quando l’uso è massiccio, come quello che ne fanno i millennials, o chi con il computer lavora tutto il giorno. Stando alla società di indagini di mercato Mintel, negli USA i più giovani controllerebbero la posta elettronica 175 volte al giorno, i loro genitori lo farebbero 30 volte. In Italia la situazione non è molto diversa: il 61,7% degli italiani usa lo smartphone anche a letto.

Ma cos’è questa luce blu che tanto sta facendo parlare? Ne parliamo con il prof Santo Raffaele Mercuri primario del reparto di dermatologia del San Raffaele di Milano.

Conosciuta anche come HEV ( High Energy Visibily), la luce blu è una radiazione luminosa ad alta energia che fa parte dello spettro solare, così come i raggi UV e quelli IR, gli infrarossi. A differenza di            questi, però, che rientrano nello spettro invisibile, è visibile. Possiede un livello di elevato, tra i 380 e i 500 nanometri. Quella emanata dai display dei dispositivi elettronici è, ovviamente, meno potente rispetto alla luce blu-violetta naturale e, soprattutto, rappresenta solo il 18% dei raggi HEV a cui siamo sottoposti quotidianamente; ma l’uso massiccio e continuativo di display può arrecare comunque danni alla pelle, anche perché costituisce un’aggiunta rispetto alla luce blu che ci colpisce per vie naturali. Un rischio reale, confermato da studi recenti nazionali e internazionali, che hanno messo l’accento sulla gravità del problema.

Le maschere a Led

Negli ultimi anni hanno avuto particolare fortuna le maschere a Led, arrivate in Italia sulla scia di quelle in tessuto e in hydrogel di derivazione orientale. Specifiche per il viso, le più comuni includono almeno due lunghezze d’onda, rossa e blu, utilizzate insieme, ma solo da mani esperte. La luce rossa, combinata con creme e gel specifici, stimola la produzione di collagene ed elastina, che migliorano la luminosità dell’epidermide e le donano un aspetto più omogeneo, attenuando i segni delle rughe, anche subito dopo il trattamento; mentre la luce blu elimina punti neri e regola la produzione di sebo. Tra le fan più accanite, le star di Hollywood, che su social come Instagram spesso condividono i segreti delle loro sedute dal dermatologo.

Golden hour

Il problema dei danni da luce blu non è legato solamente all’utilizzo prolungato di dispositivi elettronici, ma riguarda anche l’orario in cui lo si fa. Di notte, infatti sarebbe meglio tenersi alla larga da smartphone & co. Rimanere al PC fino a tardi, cosi come consultare il cellulare quando si dovrebbe dormire, favorisce un’alterazione della secrezione di melatonina, l’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, e di conseguenza anche il ritmo circadiano naturale della pelle, che tra le 23 e le 4 del mattino si rigenera. È la cosiddetta “golden hour”, la migliore per combattere i radicali liberi, quella in cui aumenta la produzione di collagene ed elastina, proteine alla base del tessuto connettivo. Alla base di molti processi rigenerativi c’è proprio la melatonina, che regola i meccanismi che controllano il passaggio dell’acqua attraverso gli strati cutanei e contrasta i fenomeni di invecchiamento cellulare con una costante azione antiossidante. Ecco perché il sonno è il principale alleato della bellezza e perché i dermatologi consigliano di riservare alla notte i trattamenti più ricchi, per supportare questa rigenerazione naturale. Se, invece, si resta svegli davanti a un display durante questa finestra temporale, tutto ciò non avviene.

La luce che cura

Esistono applicazioni mediche della luce blu che fanno bene alla pelle e sono in grado di aiutare il paziente in diverse situazioni cliniche. Tra le più diffuse ed efficaci, la PDT, terapia fotodinamica che utilizza sia la luce blu sia infrarossi, separatamente o combinati tra loro, a seconda dei singoli casi e de l problema da trattare, e che da ottimi risultai nel trattamento di patologie precancerose, cheratosi attiniche, tumori cutanei e acne. Si tratta di protocolli medici veri e propri, che sfruttano la potenza di queste luci a livello topico, combinati anche con la somministrazione di farmaci. In caso di acne, per esempio, si applica sulla zona da trattare un farmaco foto sensibilizzante che, a contatto con la luce blu, genera una reazione nelle porfirine, le molecole prodotte dal Propionibacterum acnesis, responsabile di questa patologia della pelle. Per reazione, si producono radicali liberi, che distruggono i microorganismi interessati senza sconfinare nelle cellule sane circostanti.

Rughe, macchie e photoaging

I danni sono simili a quelli provocati da una sbagliata esposizione al sole, perché la luce penetra in profondità nel derma stimolando la produzione di radicali liberi, principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo. Macchie, aree grigie e zone con una pigmentazione non omogenea sono conseguenze comuni, mentre sul lungo periodo possono comparire anche le rughe. A differenza di quanto avviene per raggi UV, UVB e IR, poi, non esistono ancora molti prodotti che possono vantare schermi contro la luce HEV, perché l’universo cosmetico sta muovendo ora i suoi primi passi nel settore. Per tutelarsi, specie se si passano davanti allo schermo molte ore al giorno, l’unica fonte di difesa è un prodotto a uso topico, come un siero antiossidante potente, da applicare prima della crema idratante abituale. I più attivi sono quelli a base di Vitamina C, E, floretina, un polifenolo presente nelle mele e nelle fragole, e di acido ferulico, un altro polifenolo, presente in quantità  massiccia in foglie e piante verdi, ma anche acido lipoico e coenzima Q10. Nessun aiuto, invece, può venire dall’alimentazione. Cibi ricchi di antiossidanti fanno bene in generale e possono contrastare a diversi livelli l’azione dei radicali liberi, come sul fronte della tutela del Dna cellulare, ma  non esistono ancora riscontri di efficaci contro i danni specifici da luce visibile.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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