Peeling chimici

Atto medico- chirurgico semplice nel concetto e nell’esecuzione il peeling provoca una distruzione limitata e controllata dell’epidermide e degli strati superficiali del derma, con successiva rigenerazione e rimodellamento cutaneo.

Il primo vero impiego del peeling chimico a scopo terapeutico si deve al dermatologo tedesco P.G. Unna che nel 1882 descrisse le proprietà  desquamanti dell’acido salicilico, dell’acido tricloroacetico e del fenolo. Nei primi anni del XX secolo il dermatologo inglese George Miller Mackee iniziò a utilizzare il peeling al fenolo nel trattamento delle cicatrici da acne, ma solo nel 1952 pubblicò i risultati dei suoi studi sull’utilizzo del fenolo nel trattamento delle cicatrici acneiche. Una vera e propria svolta nella storia dei peeling chimici si è avuta all’inizio degli anni ’60, grazie a studi istologici dettagliati del chirurgo maxillofacciale Brown sull’uso e sulla tossicità del fenolo. Nel 1962 Ayres pubblica un lavoro nel quale espone gli effetti benefici dell’acido tricloroacetico sulle rughe e sui danni attinici. La diffusione, però, sull’utilizzo dei peeling si deve a Scott negli anni ’70 e ’80 con il peeling al tricloroacetico e all’acido salicilico. In quegli anni il capostipite degli alfa-idrossiacidi, l’acido glicolico, inizia a essere conosciuto su larga scala. Approfondiamo l’argomento insieme alla dottoressa Gabriela Stelian, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. Continua a leggere