Yoga props

Nell’approccio odierno alla pratica dello Yoga si nota un utilizzo sempre più diffuso di strumenti compensativi per facilitare la pratica, definiti con il nome comune di “props”, termine nato nel contesto anglosassone (dove il cosiddetto Yoga contemporaneo ha avuto un successo clamoroso) e poi utilizzato in tutto il mondo. Anche in questo caso, come spesso accade in riferimento allo Yoga, ci sono diverse opinioni, tutte rispettabili, tra chi ne considera necessario l’utilizzo e chi li ritiene inutili se non inopportuni. Cerchiamo di fare chiarezza, ragionando in modo obiettivo, con la consapevolezza che non esiste una risposta vera e propria alla questione, a meno che non ci si irrigidisca su alcuni aspetti. Approfondiamo l’argomento con Gianmario Aquilino, insegnante yoga e massaggiatore presso l’Ecoresort Le Dune, a Piscinas, all’interno del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna…

Come prima considerazione partiamo dal presupposto che la pratica incentrata sulle posizioni (asana) è relativamente recente e si identifica soprattutto con l’inizio della diffusione dell’Hata Yoga in India (i primi riferimenti scritti risalgono alla fine del primo millennio d.C.). Da quel momento lo Yoga diventa una pratica rivolta a un pubblico sempre più ampio e non solo riservata agli asceti, come in precedenza. In precedenza l’attenzione alle posizioni era decisamente minore, come si evince dalla maggior parte dei testi classici. Per esempio negli Yoga Sutra di Patanjali, ancora oggi un autorevole riferimento per la maggior parte dei praticanti, si fa riferimento esplicito solo a poche posizioni. Semplificando molto possiamo dire che nei testi classici l’indicazione più pertinente rispetto alla questione delle posizioni è che devono essere comode e stabili e qualunque asana è ideale, purché sia di supporto per raggiungere un certo stato di coscienza, che potremmo definire “unificata”.

Consideriamo inoltre la capacità innata dello Yoga di adattarsi e mutare continuamente per rimanere una pratica sempre attuale e viva, ancora più evidente in un momento storico come questo, dove tutto è condiviso a livello globale e quindi esposto a cambiamenti veloci. Attualmente abbiamo a disposizione centinaia di libri, video, podcast, etc…, dove le pratiche e soprattutto  le posizioni sono descritte nei minimi particolari, alla continua ricerca della  “posizione ideale” o del “perfetto allineamento” spesso con il supporto propedeutico, appunto, di  props: tra gli altri, blocchi di legno, cinture, cuscini, coperte, Yoga Wheel (quest’ultima di recente ideazione). Volendo puntualizzare anche il tappetino Yoga è un supporto moderno, presente oggi in innumerevoli varianti, in base a misure, colore, materiale, ecc. Per non parlare di abbigliamento “yogico”, dagli short ai guanti antiscivolo possiamo trovare davvero di tutto e per tutti. Questo succede anche perché grazie alla crescente popolarità  dello Yoga il business è diventato davvero enorme. Di questi tempi possiamo anche  aspettarcelo, ma non è necessariamente un male.

La questione è, tornando alla domanda iniziale, tutto questo fa parte della pratica Yoga? E, soprattutto, serve davvero? Dipende dagli obiettivi e dalle esigenze di ognuno di noi. È indubbio che lo Yoga praticato a certi livelli è qualcos’altro rispetto a quello che comunemente si pensa, va decisamente oltre la questione delle posizioni, questo lo percepisce intuitivamente anche chi non ha mai praticato, al netto di banalizzazioni e semplificazioni piuttosto diffuse. Sorgono quindi altre domande, strettamente collegate: quante persone praticano davvero lo Yoga, a livelli così elevati? Chi parla di “purezza” dello Yoga si applica davvero così  scrupolosamente alla disciplina? Cosa vogliono davvero le persone dallo Yoga? Lo Yoga è decisamente duttile ed eclettico e per questo in grado di soddisfare qualsiasi esigenza, non necessariamente di tipo spirituale, ma anche di benessere generale della persona, ed è da questo punto di vista che possiamo comprendere meglio la questione dell’utilizzo dei props, accessori e quant’altro. La pratica assidua e progressiva è un ottimo strumento per rinforzare  corpo e mente (e già questo è un ottimo risultato alla portata di tutti), poi eventualmente si può essere in grado di percorrere un cammino più approfondito. Pretendere da subito una comprensione reale dei vari livelli e infinite  sfumature dello Yoga, con conseguente adesione a tutte le regole è francamente fuori luogo.

L’utilizzo di strumenti può essere utile come primo step per raggiungere alcuni obiettivi, tra i quali maggiore resistenza ed elasticità, educazione alla propriocezione, capacità di comprendere i propri “limiti” fisici e non, ed eventualmente oltrepassarli. Da questo punto di vista alcuni strumenti moderni sono ben congegnati ed efficaci, senza alcun dubbio. Il buon utilizzo dipende dal proprio atteggiamento, che almeno dal punto di vista “yogico” non deve essere condizionato, diciamo così, da un senso dell’ego troppo pronunciato. L’errore più  diffuso nella pratica è proprio quello di voler strafare, raggiungere velocemente risultati, entrare sempre meglio nelle posizioni, allungarsi sempre di più… Dovremmo ricordarci che non esiste affatto la posizione perfetta, con allineamenti ed estensioni misurabili al millimetro. Noi stiamo “interpretando” una posizione, o una pratica Yoga, definita da un nome preciso, con delle caratteristiche specifiche. Abbiamo a disposizione un modello da seguire che corrisponde a parametri ben definiti, ma nello stesso tempo dobbiamo considerarlo “aperto’. Possiamo definirlo un modello “dormiente” che prende vita, letteralmente, in questo momento, attraverso la nostra pratica personale.

Quindi è necessario, a mio parere, non insistere troppo nel voler raggiungere la performance perfetta ed essere in grado di andare oltre le nostre proiezioni mentali, i ragionamenti dispersivi, le ansie da prestazione. Durante la pratica Yoga è essenziale entrare in una dimensione di presenza e di attenzione e andare al di là della tecnica che stiamo eseguendo. Con questo atteggiamento, specialmente nell’esecuzione degli* asana, se l’utilizzo dei supporti è funzionale ad essere comodi e rilassati nella posizione, perché no? Si arriverà a comprendere che esplorare mente e corpo nell’infinita varietà delle pratiche e soprattutto delle posizioni Yoga, serve a diversificare e ampliare l’esperienza, arricchirla di sfumature, per poi tornare comunque al punto iniziale, con una nuova consapevolezza di sé: essere, come indicano i testi di riferimento dello Yoga, “comodamente stabili in sé stessi”. Si verificherà spontaneamente una sottrazione progressiva di tutto quello che è superfluo, fino ad arrivare all’essenza della pratica, quindi ad una sincera semplicità. Arriverà in modo naturale il momento in cui non avremo bisogno di effetti speciali e/o traguardi fantasiosi da raggiungere. Da lì sarà possibile progredire ulteriormente nella pratica Yoga. A questo proposito è necessario sottolineare l’importanza di avere al proprio fianco un’insegnante che abbia la capacità di guidarci, utilizzando tutti gli strumenti dello Yoga, e trasmetterci il senso della misura e la predisposizione alla pazienza, in primis verso se stessi e successivamente verso gli obiettivi da raggiungere.

* Il termine “asana” è necessariamente al maschile, non al femminile: in sanscrito è considerato un termine neutro

 

trevaini50Silvia Trevaini

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Una risposta a “Yoga props

  1. Bell’articolo, mette in evidenza la centralità della questione, avvicinarsi ad un mondo lontano dalla nostra cultura attuale, sfruttando una disciplina più vicina alla nostra concezione di benessere come l’ Hata per poi farci approdare ad una concezione di benessere più profonda.
    Complimenti

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