Per un Natale migliore mettete in pratica l’arte della pazienza, ascolto e il valore del silenzio

Come dare un tocco di freschezza anche alle nostre relazioni. Si avvicina il Natale, le piccole regole che servono nella vita di tutti i giorni per ricordarvi quanto è bello stare insieme. L’arte della pazienza, l’ascolto, il valore del silenzio, cambiare la prospettiva, non lamentarsi.
Spiega la psichiatra Cristina Toni, dell’Istituto di Scienze del Comportamento De Lisio, Pisa e del Centro Medico Visconti di Modrone, Milano, tra le cosiddette virtù cardinali, già note prima del cristianesimo agli antichi filosofi greci, la temperanza indica la capacità di controllo sulle proprie passioni ed istinti, e quindi un auto-dominio grazie al quale, come diceva Platone, “…uno è più forte di se stesso”.

Il termine etimologicamente deriva dal latino temperare, cioè porre nella giusta misura. L’iconografia più frequente della temperanza è quella di una giovane donna nell’atto di versare l’acqua da una brocca in un’altra contenente vino, per “temperare”  il vino molto forte con dell’acqua pura.

In psicologia e psichiatria con temperamento si intende la “miscela” delle capacità e predisposizioni innate, quali energia psicofisica, affettività, reattività agli stimoli. A seconda dell’intensità e dell’equilibrio fra queste dimensioni si distinguono diversi tipi di temperamento. In quanto biologicamente predeterminato, il temperamento non può essere modificato più di tanto, contrariamente a quanto perseguito con il concetto di temperanza dalla filosofia greca e dalla religione cristiana, perlomeno nei confronti dell’istintualita’.  Di fatto, la non accettazione delle caratteristiche temperamentali proprie o delle persone più vicine può suscitare sentimenti di frustrazione, di inadeguatezza e rabbia, con conseguente abbassamento dei livelli di autostima e deterioramento delle relazioni interpersonali. Si verrebbe a configurare una sorta di battaglia inesorabilmente persa contro la propria natura o quella di chi ci circonda.

Per questa ragione, esperti statunitensi del temperamento hanno proposto la “goodness of fit” (bontà dell’adattamento) come obiettivo degli interventi psicoeducazionali e psicoterapeutici. In altre parole, anziché insistere nel voler cambiare a tutti i costi alcune caratteristiche personologiche che contraddistinguono un individuo già dai primi anni di vita, cambiando prospettiva di osservazione si dovrebbe cercare di intravvedere le potenzialità positive di  quelle caratteristiche, cercando di valorizzarle nei contesti più appropriati. Se per esempio un familiare e’ per natura lento e molto pignolo nelle proprie attività, sarà inutile e frustrante pretendere che possa cambiare alcune dimensioni basilari del proprio modo di essere. A questo proposito, come diceva Scott Fitzgerald … “di tutte le forze naturali, la vitalità è quella che non si trasmette. La vitalità non “si attacca” mai. O l’hai o non l’hai, come la salute, gli occhi castani o la voce baritonale.” Un atteggiamento più costruttivo e che migliorerà quindi l’armonia familiare sarà volto invece ad affidargli quei compiti che richiedono precisione e controlli di qualità, indipendentemente dalla velocita di reazione e quindi dal tempo impiegato. L’accettazione e il rispetto delle caratteristiche personologiche proprie e di chi ci circonda, con la consapevolezza che almeno in quest’ambito non esiste un bene assoluto, risulta quindi fondamentale per consolidare i rapporti e migliorare l’armonia con noi stessi ed il gruppo in cui si è inseriti.

L’obiettivo di molti interventi psicoterapeutici sta proprio nell’aiutare le persone a valutare determinate situazioni non solo e rigidamente da una prospettiva del tutto personale, ma anche sperimentando altri punti di vista e di interpretazione. La disponibilità all’ascolto e a comprendere posizioni diverse dalle nostre rappresenta uno dei fondamentali anche di molte dottrine religiose, con l’obiettivo di favorire la coesione nella collettività. In quest’ottica, si dovrebbe cercare di limitare reazioni a corto circuito di rifiuto o condanna di un modo diverso di essere, evitando di essere espulsivi verso chi non è conforme ai nostri parametri di riferimento.

D’altro lato, va sottolineato come troppo spesso nell’ascolto si tende a privilegiare quanto viene trasmesso verbalmente, trascurando tutti i segnali di comunicazione metaverbale, quali la mimica, la gestualità, con i quali molti soggetti, specialmente in situazioni di disagio e difficoltà, ci vogliono indicare quanto non hanno la capacità o la forza di esprimere a parole. Ed allora, in un rapporto importante, non ci si dovrebbe limitare ad un ascolto superficiale e frettoloso di quanto verbalizzato, senza porre la giusta attenzione a quanto anche i gesti ed i comportamenti ci possono indicare.

Silvia Trevaini

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