Prima di aggiungere quel “pizzico di sale” al vostro piatto leggete un po’ qui: secondo un recente studio osservazionale pubblicato sulla rivista Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry (1), assumere sale in quantità elevate può peggiorare non solo i sintomi della Sclerosi Multipla, ma anche contribuire alla progressione della malattia. Ce ne parla la dottoressa Sara Cordara, nutrizionista, specialista in scienza dell’alimentazione ed esperta in nutrizione sportiva presso il centro polispecialistico Prisma Medical Advances di Milano.
Lo studio aveva come obiettivo quello di analizzare la relazione tra assunzione di sale e attività di malattia, clinica e radiologica. Per due anni, 70 pazienti con Sclerosi Multipla recidivante-remittente sono stati monitorati nel consumo di sale (misurato attraverso la quantità di sodio escreto attraverso l’urina). La loro assunzione media di sale era pari a circa 4 grammi al giorno, variando da un minimo di 2 grammi (bassa) a un massimo di 4,8 grammi giornalieri (alta). Gli esami sono stati replicati, seguendo le stesse procedure utilizzate per il primo gruppo, anche in un secondo gruppo di 52 pazienti. Il legame tra i livelli di sale e il peggioramento dei sintomi è risultato evidente: aumenta un marker di attività infiammatoria come la creatinina e diminuisce la vitamina D, il cui basso livello è collegato a un peggioramento della malattia. Inoltre, rispetto al gruppo di pazienti che assumeva meno sale (e tenuto conto di altri fattori come fumo, età, sesso, tempo dalla diagnosi, peso, terapia e livelli di vitamina D), quelli che consumavano una quantità maggiore di sale (4,8 grammi al giorno e oltre) avevano una probabilità di intensificazione dei sintomi 4 volte maggiore e un rischio triplicato di progressione di malattia.
Troppo sale negli alimenti confezionati
Anche se esiste questa relazione tra sodio e Sclerosi Multipla, non esistono ancora degli elementi per dire che il sale/sodio sia la causa di questa malattia, certo è consigliabile a prescindere la riduzione di sale nell’ alimentazione in qualsiasi caso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fissa la dose giornaliera massima consentita di 5 g/die di sale (circa 2 g di sodio). Non si tratta solo del sale che aggiungiamo sull’insalata o nell’acqua per la pasta, ma soprattutto di quello che finisce nei cibi trasformati e pronti (un cibo più è salato, più è appetitoso e venduto), sia di lavorazione artigianale (come il pane) sia industriali. Compresi alcuni cibi in cui non pensereste mai ci sia del sale: già, perché è spesso un ingrediente importante anche nei biscotti, nei cereali per la prima colazione, nelle merendine dolci e nelle torte. È proprio dagli alimenti pronti, che deriva la maggior parte del sale ingerito tutti i giorni. Sommando i vari contributi diventa facilissimo “sforare” la dose quotidiana di 5 grammi e, se un pasto comprende un piatto pronto come la pizza o le lasagne o i ravioli, è del tutto normale superare i valori.
Se diamo un’occhiata alle pizze surgelate che trovate nei supermercati, la margherita può arrivare a contenere 1,95 grammi di sale a pizza, una quantità davvero eccessiva.
Il sale fa male?
Un eccessivo consumo di sale può essere responsabile di malattie come:
- Ipertensione: il sale è dannoso soprattutto per le persone che soffrono di pressione alta. Sebbene un organismo sia perfettamente in grado di eliminare l’eccesso di sodio, assumere troppo sale, a lungo andare, favorisce l’insorgenza d’ipertensione nelle persone predisposte.
- Osteoporosi: l’eccesso di sale favorisce l’escrezione renale di calcio (essenziale per le ossa) di cui la dieta è spesso povera.
- Obesità: chi consuma regolarmente cibi salati corre un maggior rischio di diventare obeso. Il sale, si sa, non ha calorie ma stimola la sete che può essere soddisfatta con bibite zuccherate e/o alcoliche. In questo caso è facile assumere calorie extra (circa 50-150 kcal per lattina da 330 ml), poco sazianti e di cui spesso non ci si rende conto.
Alternative al sale da cucina
Partendo dal presupposto che possiamo vivere benissimo senza aggiungere sale al cibo, non ci sono problemi se l’assunzione giornaliera oscilla sui 5 grammi (circa un cucchiaino). In Italia, però, arriviamo tranquillamente a 10-12 grammi al giorno, una quantità più che doppia rispetto a quanto suggerito. Ecco di seguito alcune valide alternative:
Sale alle erbe: un mix di sale marino integrale ed erbe aromatiche secche.
Sale dietetico: contiene un ridotto contenuto di sodio e una maggiore quantità di potassio. Non è un prodotto che però può essere usato da tutti, proprio perché la presenza del potassio non lo rende adatto ai soggetti diabetici o che soffrono di patologie renali o in trattamento con farmaci che riducono l’eliminazione del potassio.
Sale nero delle Hawaii: è un sale marino povero di sodio; il caratteristico colore deriva dalla sua estrazione da fondali ricchi in carbone vegetale. Esiste anche una variante rossa che invece viene estratta da fondali di argilla rossa ricchi di ferro.
Sale rosa dell’Himalaya: è un sale integrale naturale. Il colore rosa è dato dall’elevata quantità di minerali naturali, in particolare, magnesio, potassio, zinco e calcio.
Gomasio: è una gustosa miscela giapponese di sale marino, alghe e semi di sesamo tostati. Il sesamo è ricchissimo di minerali, in particolare calcio, magnesio e fosforo.
Esaltare la sapidità dei cibi con spezie, limone o aceto tradizionale o balsamico.
Ricordate la regola generale: per un piano dietetico di qualsiasi genere, fatevi sempre seguire da un bravo nutrizionista o professionista del settore.
Silvia Trevaini
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