Frutta o grassi?

primaveraFrutta o grassi?
Questo è un dilemma con cui vegani e crudisti hanno spesso a che fare! Avocado, noci, semi e oli, d’oliva e di altro tipo… quanto ti piacciono e quanto ne fai uso nella tua dieta? Fonti di grassi come queste sono salutari, ma molto più spesso di quanto pensiamo il problema è la QUANTITA’. Certo, l’avocado contiene i cosiddetti “grassi buoni”, che non sono dannosi come quelli del burro. L’avocado contiene molti polifenoli e nutrienti che lo rendono differente (in senso positivo) da altri tipi di grasso. L’avocado contiene anche molte fibre. Se ne mangi qualche fetta nell’insalata, perciò, nessun problema… anzi. Ma se in una giornata sommi una serie di grassi come: olio d’oliva e/o di altro tipo, noci e semi, burro di noci o semi (tipo tahin, crema di mandorle, ecc.), avocado, puoi arrivare a una quantità di grassi considerevole, che andrà ad alterare la tua sensibilità insulinica. Se a questo aggiungi poi una bella quantità di frutta, può diventare un problema. L’eccesso di grassi va a peggiorare la risposta insulinica all’ingestione di frutta e amidi. Nel sangue rimangono intrappolati troppi zuccheri e la tua salute comincia a peggiorare. Un cucchiaio d’olio d’oliva ogni tanto non è un problema… ma hai mai calcolato di quanto olio fai effettivamente uso ogni giorno? Senza accorgercene, possiamo facilmente arrivare a consumarne a bicchieri! Affrontiamo l’argomento tanto discusso sui grassi insieme al nostro esperto di alimentazione fruttariana Giorgio Bogoni. Vediamo cosa ne pensa.

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Giorgio Bogoni

“A chi si ciba di sola frutta è stato insegnato che, scegliendo di non consumare semi, può soddisfare l’apporto di grassi richiesto dal suo organismo consumando la cosiddetta “frutta grassa”: avocado ed olive, oltre ovviamente all’olio di oliva da queste ultime ricavato.

Gli è stato detto che dovrà aver cura di mangiare un avocado ogni sera, assieme ad almeno 150/200 gr. di olive verdi denocciolate, oltre a far uso di olio di oliva ottenuto da olive preventivamente denocciolate (altrimenti l’olio sarebbe al 25% olio di semi… semi di oliva!).

Ignorando questo avvertimento, l’insufficiente apporto lipidico potrebbe compromettere il buon funzionamento delle membrane delle cellule del suo corpo, con tutta una catena di nefaste conseguenze.

Ma le cose stanno davvero in questo modo o il corpo umano ha risorse e capacità ancora sconosciute, che consentono di fare allegramente a meno dei grassi o almeno ridurli sensibilmente?

Personalmente, guadagnato dopo quasi due anni un buon equilibrio nella mia alimentazione fruttariana, ho fatto alcuni esperimenti riducendo l’apporto di lipidi dall’alimentazione.

Di fatto, ho deciso di dimezzare il consumo di frutta grassa e mi sono trovato a decidere se eliminare le olive e l’olio, oppure l’avocado.

Ho conservato l’avocado, riflettendo sul fatto che, tanto le olive quanto l’olio estratto da queste ultime, sono prodotti estremamente lavorati, le prime addirittura salate (per quanto le risciacquassi con estrema cura).

Messa in atto questa restrizione, posso dire di essermi sentito ancor meglio che con il precedente regime alimentare fruttariano, anche se ho evidenziato un leggero calo di peso, facilmente compensato aumentando la razione giornaliera di banane.

Ho notato infatti che i frutti amidacei, prima tra tutti la banana, controllano il peso corporeo meglio della frutta grassa, il cui nome, nell’immaginario collettivo, sembra suggerire un aumento di peso a seguito della sua semplice ingestione.

Ho protratto l’assenza di olive ed olio dalla mia alimentazione, fino a dimostrarmi di poterne fare a meno, per poi rintrodurli gradualmente, ma in misura minore.

Nel complesso, posso sicuramente affermare che il fruttariano può rinunciare alla frutta grassa senza compromettere il suo eccellente stato di salute, ma da questa esperienza è possibile trarre considerazioni applicabili anche a chi mangia un po’ di tutto o magari solo vegetali?

Compensando l’apporto calorico con i carboidrati, rispondo affermativamente. Del resto, chi si ciba di sole mele assume veramente pochi grassi.

Avanzo l’ipotesi che il corpo sia in grado, a necessità, di ricombinare gli elementi di cui dispone per “costruire” i lipidi, oppure che adegui la sua fisiologia per farne a meno.

Quindi, se riducendo le quantità di grassi si sta meglio e si riesce anche a gestire questa scelta senza eccessivi sacrifici, è verosimile pensare che, all’opposto estremo dell’eccesso, si metta a rischio la propria salute, in maniera sostanzialmente indipendente dalla tipologia dei grassi assunti.

Peraltro, dal mio punto di vista, queste sono considerazioni fin troppo riduzionistiche: additiamo infatti indistintamente la categoria dei lipidi, trascurando di ricercare eventuali combinazioni che potrebbero renderli più o meno dannosi, né teniamo conto della diversa sensibilità da una persona all’altra.

Concludendo, condivido il pensiero che un eccesso di grassi sia genericamente dannoso, ma ritengo anche che non sia stata fatta sufficiente ricerca in tal senso”.

 

trevaini50 Silvia Trevaini

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