Le patologie da filler sono associate ai materiali permanenti, ma non tutti quelli riassorbili sono esenti da rischi. La scelta dei materiali e della strategia di intervento può fare la differenza per minimizzare rischi e disagi.
I filler permanenti a base di silicone sono vietati dalla metà degli anni ’90 ma continuano a creare problemi nei pazienti a dieci, quindici, vent’anni dall’impianto per la comparsa di complicanze, soprattutto granulomi, con infiammazioni e reazioni da corpo estraneo che tendono a cronicizzarsi creando disagio e inestetismi spesso importanti. Dall’esigenza di dare risposta alla domanda di salute rispetto a quella che costituisce una vera e propria patologia da filler permanente oggi parliamo insieme alla dottoressa Gabriela Stelian, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, di gestione dell’uso dei filler nonché di risoluzione delle complicanze.
Per trattare le complicanze da corpo estraneo provocate dall’inserzione di filler permanenti, in particolare quelli a base di silicone liquido a cui si ricorreva di frequente negli anni ’80 e ’90, l’unica terapia efficace finora disponibile è stata la chirurgia, che però da un lato non può garantire la completa risoluzione, vista la tendenza di questi filler a diffondere nei tessuti, e dall’altro ha il problema delle cicatrici, difficilmente accettabili visto che la maggior parte degli interventi riguarda il viso. Le terapie a base di cortisone, locali o sistemiche, non rimuovono la causa del problema, che nel tempo tende a ripresentarsi. Un nuovo metodo si basa su una termoliquefazione del materiale sintetico all’interno del granuloma tramite una fibra ottica collegata a un laser. L’effetto termico laser-guidato provoca l’ammorbidimento del materiale imbrigliato nei tessuti che viene estratto per semplice pressione fuoriuscendo attraverso piccoli fori praticati a livello del granuloma. Questo metodo minimamente invasivo, rivelatosi efficace nei primi casi selezionati, è stato in seguito affinato a standardizzato. I trattamenti sono seriali, con piccole aree interessate per evitare il rischio di ustioni in seguito alla somministrazione di calore.
I risultati
L’entità del risultato dipende da diversi fattori: la diffusione della sostanza nei tessuti, il tipo di lesione , il tipo di materiale da estrarre.
Un problema frequente è che il paziente non è in grado di dirci quale materiale gli sia stato iniettato. Possono essere diversi tipi di silicone, poliacrilammidi, metacrilati: tutti rispondono in modo differente al trattamento termico. In particolare i granulomi da metacrilato sono molto duri e difficilissimi da estrarre solo con il calore.
Nella maggior parte dei casi si ottiene una evacuazione tra il 60% e l’80% del materiale estraneo, a cui corrisponde una pari diminuzione della reattività, quindi del gonfiore e dell’infiammazione. Questo in assenza di cicatrici e con una procedura non invasiva.
I filler attualmente in uso
La stragrande maggioranza delle complicanze che riscontriamo è legata ai filler permanenti in uso negli anni ’80-’90. Gli attuali filler riassorbili ad acido ialuronico sono considerati scevri da rischi e in parte lo sono, ma le complicanze non mancano. In particolare si nota un incremento di granulomi cistici da acido ialuronico a carico delle tipologie di filler a più lento riassorbimento, come quelli cosiddetti cross-linkati. Evidentemente più forte è la resistenza del filerai riassorbimento maggiore è il rischio che la reazione dell’ospite si organizzi a circoscriverlo, creando un incitamento del materiale prima che il filler sia stato completamente riassorbito. Queste reazioni, anche se non comuni, devono essere considerate soprattutto quando si tratta un paziente che abbia una storia di complicanze da filler, per il quale conviene valutare la possibilità di avvalersi del grasso autologo, attraverso lipofiling. Il riempimento degli avvallamenti e l’attenuazione della profondità delle rughe sono piuttosto stabili nel tempo, senza rischi di migrazione del materiale di riempimento, che si integra bene nella sede di iniezione, e con un aspetto molto naturale, poiché il grasso normalmente presente nell’ipoderma. Inoltre si riscontra un miglioramento della qualità della cute in virtù del potenziale rigenerativo del tessuto adiposo, in cui sono presenti precursori cellulari che supportano la rigenerazione tessutale nel sito di impianto: la pelle è più elastica, più plicabile, meno avvizzita, più luminosa.
Silvia Trevaini
VideoNews