Il saluto al sole, tradizione e modernità nel solco dello Yoga


Cos’è davvero il Surya Namaskar, altrimenti detto il saluto al sole? Perché tra le innumerevoli pratiche Yoga è la più conosciuta ma nello stesso tempo è vista con una certa diffidenza o addirittura osteggiata, specialmente da chi si professa erede della tradizione classica? Per capire meglio è necessario fare chiarezza senza pregiudizi, studiando a ritroso il percorso storico/culturale che ha portato il saluto al sole ad evolversi fino ad esprimere la forma e le modalità di esecuzione che conosciamo oggi. Ne parliamo con Gianmario Aquilino, insegnante yoga e massaggiatore presso l’Ecoresort Le Dune, a Piscinas, all’interno del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna…Descritto in poche parole si potrebbe sintetizzare in questo modo: il Surya Namaskar è una combinazione codificata di asana (posizioni Yoga) da fare in serie, approfondendo ad ogni ripetizione le posizioni stesse. Attualmente ne esistono diverse versioni, come esistono diverse opinioni sull’origine della pratica stessa, tra chi lo ritiene un’invenzione moderna e chi afferma con sicurezza che abbia origini antichissime, addirittura precedenti allo stesso Yoga. Si sa, la verità sta nel mezzo, considerando il fatto che le informazioni a riguardo spesso non sono così verificabili.
Un riferimento molto probabile è la pratica religiosa, quella risalente alla notte dei tempi, che riguardava l’adorazione del sole in India, nel periodo Vedico: un rituale (puja, in sanscrito) comprensivo di prostrazioni, recitazione di mantra e utilizzo di sostanze come fiori, profumi, acqua, fuoco e altro. Il sole, la divinità Surya Deva, era adorata come dispensatrice di luce divina e vita, particolarmente benevola nei confronti dell’umanità. I saggi dell’epoca, i veggenti vedici (i rishi) avevano già intuito e sperimentato gli innumerevoli benefici dei raggi solari sul corpo umano, soprattutto al momento del sorgere del sole, anticipando di fatto scoperte scientifiche ben prima della nostra epoca. A partire da ciò si elaborarono dei movimenti più complessi, come l’unione della mani davanti al cuore (Namaskara Mudra), l’allungamento verso l’alto (appunto verso il sole, Surya) a seguire verso il basso (verso la terra, Bhumi), varie tipologie di prostrazioni, in alcune varianti anche salti, fino ad arrivare a una serie più definita e sofisticata, sempre accompagnata da respirazioni profonde e regolari. L’evoluzione in una forma apparentemente più “fisica” del saluto al sole non escludeva affatto l’atteggiamento devozionale, che in quel contesto era essenziale.
Questo è in sintesi il racconto classico, del tutto verosimile, della nascita e dell’evoluzione del saluto al sole. La versione contrapposta della nascita di questa sequenza colloca la data di nascita più vicina ai nostri giorni. Il Surya Namaskar sarebbe stato codificato e insegnato a partire dall’inizio del XX secolo in un piccolo principato indiano governato dagli inglesi, seppur “ispirato ad antichi insegnamenti” e in seguito sempre più diffuso grazie al maestro Tirumalai Krishnamacharya, il cosiddetto inventore dello Yoga contemporaneo. I suoi discepoli più autorevoli furono Iyengar e Patthabi Jois, che contribuirono al successo dello Yoga (e quindi del saluto al sole) in tutto il mondo, portandolo di fatto nell’era moderna. I detrattori riferendosi anche al saluto al sole parlano di invenzione e di palese influenza della ginnastica occidentale, praticata e insegnata dai britannici. Anche in questa narrazione c’è una certa dose di verosimiglianza.
Personalmente penso che sia impossibile venire a capo della questione, le risposte presunte e/o verificabili sono molte e molte sono le variabili. Penso che le domande da porsi siano altre, più pragmatiche, a questo punto: perché il Surya Namaskar è così diffuso ed apprezzato? È soltanto una pratica fisica oppure ha altri aspetti? Cosa avviene alla persona che lo pratica frequentemente e scrupolosamente?
Cerchiamo di rispondere in modo soddisfacente a queste domande, cercando di essere pratici. Quello che ad un primo sguardo è una pratica semplice nella sua linearità cela in realtà una complessità unica, che le consente di essere uno strumento eccezionale non solo come primo approccio allo Yoga ma come costante supporto nell’approfondimento e affinamento di tutti gli aspetti della pratica. Infatti possiamo notare come siano presenti alcuni elementi essenziali dello Yoga: le posizioni, all’interno di un flusso dinamico o in forma statica, il respiro profondo e/modulato, la concentrazione attraverso lo sguardo, lo scioglimento della colonna vertebrale, il rafforzamento di muscoli, tendini e ossa, l’attivazione di entrambi gli emisferi cerebrali. Progressivamente si arriverà ad un lavoro sempre più profondo, fino ad arrivare ad una pratica senza impedimenti per così dire “grossolani” e sperimentare una vera e propria meditazione in movimento, supportata dall’acquisizione di un evidente aumento di forza fisica e mentale che si verifica con la pratica costante. Si dice, a ragione, che un insegnante Yoga possa verificare la qualità dello Yoga dell’allievo da come pratica il Surya Namaskar, valutandone l’atteggiamento e la capacità di “entrare” nell’ esecuzione, cosa che non ha niente a che fare con la performance fisica e la bravura, la cosiddetta “esecuzione perfetta” che in realtà non esiste nello Yoga. Tecnicamente, ad un certo punto, si potrebbe anche praticare la sequenza del Surya Namaskar interiorizzando l’esecuzione, rimanendo fermi nella posizione Yoga per eccellenza, seduti a gambe incrociate. Arrivati a quel punto è davvero relativo sapere chi ha creato il saluto al sole, se è servito realmente nel percorso di evoluzione personale e quindi a portare il livello della pratica da fisico a qualcosa di più profondo.
A conclusione di queste riflessioni è utile ricordare che lo Yoga come lo conosciamo oggi in occidente, cioè nella maggior parte dei casi incentrato sulle posizioni, è cosa relativamente recente nella storia della ricerca spirituale indiana ed è impresa ardua definire cosa è Yoga e cosa non lo è. Quindi il consiglio è praticare con atteggiamento aperto e utilizzare al meglio lo Yoga in quanto disciplina eclettica e ricca di sfumature, senza farsi irretire, per citare un testo classico, dalle “fluttuazioni della mente”.

trevaini50Silvia Trevaini

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