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Dipendenti da junk food, come uscirne

Cibi diversi, dai gusti differenti, accomunati dallo stesso scopo, quello di appagare una bramosia che sembra incontenibile. Gli anglosassoni lo chiamano food carving: un intenso desiderio per un cibo specifico, incontrollabile e indipendente dalla fame; la voglia che trasforma una persona del tutto normale nell’Hannibal Lecter di dolciumi e salatini. È altamente improbabile che il craving sopraggiunga  alla vista di un piatto di verdura. I cibi che scatenano le abbuffate, in effetti, sono quelli che contengono un alto bliss point ( punto di beatitudine), raggiungibile attraverso l’incrocio di tre sostanze: zuccheri, sale e grassi. Le industrie alimentari, dal canto loro, sanno bene come creare quell’apice di beatitudine, ideando prodotti che sono salati ma contenenti zucchero, pensiamo al pane industriale; oppure dolci con una nota di sale, come gli snack che si trovano nelle macchinette. Altro aspetto che fa stravedere per questi cibi è la consistenza: i biscotti ripieni, croccanti fuori e morbidi dentro, sono l’esempio più calzante. Non è solo la composizione a influire sul consumatore, ma anche la modalità di consumo. Certi prodotti sono concepiti per essere mangiati subito, in fretta e senza il bisogno di doverli assaporare. Appena li si mette in bocca si raggiunge il bliss point e scatta la voglia di divorarne altri. Questi prodotti confezionati, trascurando il loro scarso valore nutrizionale, non sono di per sé pericolosi, ma lo diventano nel momento in cui vengono assunti in quantità eccessive e come un’abitudine e non soltanto assaggiati e come un’eccezione.

Il termine più usato per classificarli è junk food, o cibo spazzatura. Questi non sono solo appetibili ma possono creare dipendenza con vere crisi d’astinenza al pari delle sostanze stupefacenti. È il cervello quindi a essere depistato: quando scatta la voglia matta e si pensa di dover aprire il sacchetto  delle patatine per riempire quell’improvviso buco nello stomaco, in realtà lo stomaco non è affatto vuoto, la fame non è vera fame, ma è una fame emotiva. Uscire da questa dipendenza non è facile e può rendersi necessario affiancare al consulto di un nutrizionista, che indica come mangiare correttamente, il supporto di uno psicologo esperto in disturbi del comportamento alimentare.

Vediamo alcuni consigli per uscire dalla dipendenza

Silvia Trevaini

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