La dismorfofobia, conosciuta anche come disturbo di dismorfismo corporeo, è una condizione psicologica caratterizzata dalla percezione distorta del proprio aspetto fisico. Tradizionalmente, questa distorsione veniva osservata attraverso l’osservazione diretta negli specchi. Tuttavia, con l’avvento della tecnologia, in particolare degli smartphone e dei tablet, gli individui hanno ora la possibilità di catturare e visualizzare immagini di sé stessi attraverso l’obiettivo di questi dispositivi. Ciò ha dato origine a un nuovo fenomeno noto come dismorfofobia dei selfie, che si riferisce specificamente a una forma di dismorfofobia che si attiva quando gli individui visualizzano foto di sé stessi, in particolare quelle pubblicate sulle piattaforme di social media. È importante riconoscere che la dismorfofobia dei selfie è un disturbo mentale complesso che può avere un impatto significativo sul benessere mentale ed emotivo di un individuo. Può portare a sentimenti di ansia, depressione e isolamento sociale, poiché gli individui possono evitare situazioni sociali o diventare eccessivamente consapevoli del proprio aspetto. Cercare un aiuto professionale, come una terapia o una consulenza, può essere utile per affrontare e gestire i sintomi della dismorfofobia da selfie, promuovere l’accettazione di sé e favorire una relazione più sana con la propria immagine corporea. Questa condizione psicologica non influisce solo sulla percezione di sé stessi, ma influenza anche il modo in cui gli altri li percepiscono. L’esposizione pubblica di queste immagini può portare alla formazione di opinioni e giudizi da parte di altri, esacerbando ulteriormente le insicurezze e i dubbi su sé stessi dell’individuo. La paura di essere giudicati negativamente o ridicolizzati dagli altri può intensificare l’angoscia vissuta da chi soffre di dismorfismo selfie, poiché possono cercare costantemente conferma e rassicurazione da parte degli altri. Nel contesto della dismorfofobia da selfie, gli individui tendono a fissarsi sui difetti fisici o sulle imperfezioni percepiti. Esaminano meticolosamente ogni più piccolo dettaglio del loro aspetto, analizzando e scrutando le loro caratteristiche, spesso ingrandendo anche il più piccolo difetto. Questa costante autovalutazione e confronto con gli altri possono stimolare una cascata di pensieri ed emozioni riguardanti la propria autostima e desiderabilità, poiché queste immagini sono spesso esposte a un pubblico più ampio attraverso i social media.
I soggetti più a rischio
Questo problema è particolarmente diffuso tra i giovani, in particolare tra gli adolescenti che si trovano nella fase cruciale della formazione della propria identità, della navigazione nelle dinamiche sociali e della definizione del proprio ruolo nella società. Durante questo periodo, la percezione della propria immagine corporea diventa un aspetto cruciale che influenza le relazioni con gli altri e, soprattutto, la propria autostima. Non dobbiamo sottovalutare l’impatto che una bassa autostima può avere sullo sviluppo complessivo dei giovani. È essenziale riconoscere che questa ossessione per l’aspetto fisico è un disturbo psicologico con conseguenze di vasta portata, che influenzano vari aspetti della vita quotidiana e del benessere emotivo. Chi è affetto da questo disturbo può avere una visione distorta del proprio aspetto, credendo erroneamente che la perfezione esteriore sia la chiave per l’accettazione e l’amore da parte degli altri.
Le cause
Diversi sono i fattori che possono essere attribuiti a questo fenomeno. Per cominciare, gli individui devono affrontare un’enorme pressione sociale per presentarsi come impeccabili e conformarsi agli ideali di bellezza stabiliti dai media e dalla cultura prevalente. Questa pressione è ulteriormente amplificata dalla prevalenza delle piattaforme di social media, che fungono da piattaforma pubblica per l’autorappresentazione. Inoltre, la disponibilità di filtri e strumenti di editing delle immagini sui dispositivi mobili gioca un ruolo significativo nella creazione di una versione idealizzata di sé, portando a una maggiore disparità tra il proprio aspetto reale e l’immagine percepita. Nel caso dei giovani, i social media rivestono un ruolo cruciale poiché sono diventati una nuova via per socializzare, sostituendo le tradizionali interazioni fisiche. Di conseguenza, si impegnano e formano relazioni online, trattandole come un mezzo realistico per costruire una rete sociale. L’atto di ricevere “Mi piace” sui post sui social media ha un profondo significato psicologico, rappresentando l’approvazione sia conscia che inconscia, che è un’emozione fondamentale condivisa da tutti gli esseri umani, così come da altri mammiferi.
Gli effetti sulla salute mentale
L’impatto della dismorfofobia corporea dei selfie sulla salute mentale è sostanziale e non dovrebbe essere sottovalutato. Gli individui affetti da questa condizione possono sviluppare un’ossessione malsana per lo scatto di selfie, trascorrendo innumerevoli ore alla ricerca dell’immagine perfetta di sé stessi. Sfortunatamente, questo comportamento spesso si traduce in una persistente insoddisfazione del proprio corpo e in un calo generale della propria autostima. Nei casi più gravi, la dismorfia corporea del selfie può persino contribuire allo sviluppo di gravi disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia. È fondamentale riconoscere che le persone affette da questa condizione sono inclini a vedere sé stessi negativamente, il che di conseguenza danneggia la loro autostima e dà origine a sintomi di ansia, ritiro sociale e depressione. Paradossalmente, il problema di fondo potrebbe non essere proprio un difetto fisico, ma piuttosto una percezione distorta di sé stessi.
Le possibili soluzioni
È fondamentale promuovere un’educazione digitale che metta in evidenza i pericoli dell’idealizzazione dell’immagine corporea sui social media. Le persone devono essere consapevoli dei filtri e degli strumenti di modifica che possono creare un’immagine irrealistica di sé. Inoltre, è importante sviluppare una cultura dell’accettazione e dell’amore per sé stessi, indipendentemente dagli standard esterni di bellezza. In ambito clinico il professionista andrà quindi a rivedere sia l’aspetto esperienziale della persona che ha creato la vulnerabilità, sia gli aspetti eventualmente traumatici che sono andati a crearsi proprio per questa sorta di esperienza negativa da selfie. Attraverso l’educazione, la promozione dell’autostima e l’implementazione di strategie di prevenzione, si può iniziare a combattere questa forma di dismorfofobia e a promuovere un’immagine del corpo più positiva e realistica.
Silvia Trevaini
VideoNews