Comprendere i disturbi dissociativi: quando la mente si difende disconnettendosi

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A volte, quando la realtà diventa troppo dura da affrontare, la mente si protegge. Non lo fa sempre in modo evidente, né secondo logiche razionali. Lo fa come può, nel modo che le è più familiare: ci allontana. Dal dolore, dall’esperienza che stiamo vivendo, talvolta persino da noi stessi. Questo meccanismo si chiama dissociazione e può sembrare, a chi non lo ha mai sperimentato, qualcosa di strano o estraneo. In realtà, è uno dei modi più profondi e antichi che l’essere umano ha sviluppato per sopravvivere a ciò che è emotivamente insostenibile. La dissociazione, nella sua forma più lieve, è comune e perfettamente normale. Quasi tutti, ad esempio, abbiamo vissuto momenti in cui “stacchiamo” mentalmente: ci distraiamo durante un lungo viaggio in auto, sogniamo a occhi aperti durante una riunione, perdiamo per un attimo la consapevolezza del presente. Ma in alcune persone, soprattutto in coloro che hanno vissuto traumi gravi o ripetuti – come abusi, violenze, perdite traumatiche – questo meccanismo di difesa diventa cronico. Si trasforma in un’interruzione profonda e duratura della continuità della coscienza, dando origine a quella che viene definita come una classe specifica di disturbi: i disturbi dissociativi. Quando la dissociazione non è più un evento passeggero, ma una condizione ricorrente che interferisce con la vita quotidiana, con la memoria, con la percezione del sé o del mondo esterno, si entra in un campo complesso ma fondamentale della salute mentale. Comprendere cosa sono i disturbi dissociativi significa entrare in contatto con il potere della mente di proteggersi, ma anche con il dolore profondo che questi meccanismi cercano di contenere. Significa riconoscere, senza giudizio, che anche la frammentazione può essere un tentativo – disperato, ma umano – di tenere insieme ciò che altrimenti sarebbe insopportabile.

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