




Ogni anno, con l’arrivo di dicembre, i riflettori tornano, seppur per poco, su una tematica che meriterebbe attenzione tutto l’anno: l’HIV. La Giornata mondiale della lotta contro l’AIDS, celebrata il primo del mese, è uno di quei momenti che dovrebbero spingerci non solo a ricordare, ma soprattutto a riflettere. Perché sì, è vero che negli ultimi decenni la medicina ha fatto passi da gigante, trasformando un’infezione un tempo quasi sempre fatale in una malattia cronica gestibile. Ma è altrettanto vero che il virus non è stato debellato, e che la sua circolazione, spesso silenziosa, continua a colpire ogni fascia d’età, ogni orientamento sessuale, ogni contesto sociale. Oggi convivono con l’HIV milioni di persone nel mondo, e in Italia vengono ancora registrate centinaia di nuove diagnosi ogni anno. Numeri che raccontano una realtà diversa da quella che molti immaginano: l’HIV non è scomparso, semplicemente non se ne parla più. Ci sono ancora troppi pregiudizi, troppa vergogna, troppa disinformazione. C’è chi pensa che riguardi “gli altri”, chi non si considera a rischio, chi ha paura di fare il test, chi ancora crede che basti un bacio per essere contagiati. Il risultato? Diagnosi tardive, occasioni mancate, e un virus che continua a diffondersi anche quando non dovrebbe. Eppure, mai come oggi abbiamo avuto a disposizione strumenti così efficaci per prevenire, trattare e persino interrompere la catena del contagio. Dai farmaci long acting alle nuove formulazioni di PrEP, dai test rapidi alle campagne di sensibilizzazione, qualcosa si sta muovendo. Ma serve uno sforzo collettivo per portare alla luce ciò che è ancora troppo sommerso. Parlare di HIV non è fare allarmismo. È fare informazione. È promuovere consapevolezza. È mettere al centro la salute pubblica e individuale, ricordando che la prevenzione funziona, la cura esiste, e il virus può essere tenuto sotto controllo.
Terapie long acting: una rivoluzione silenziosa
Chi vive con l’HIV oggi ha un’aspettativa di vita sovrapponibile a quella della popolazione generale. Merito delle terapie antiretrovirali che, se seguite correttamente, rendono il virus non rilevabile nel sangue e non trasmissibile. Ma la vera rivoluzione è un’altra: le formulazioni long acting, farmaci a lunga durata che liberano dalla necessità di assumere una compressa ogni giorno. Alcune combinazioni, già disponibili, vengono somministrate con due iniezioni intramuscolari ogni 8 settimane. E all’orizzonte ci sono trattamenti ancora più comodi, da ripetere ogni 4 mesi o anche solo due volte l’anno. Questi nuovi farmaci, oltre a garantire la soppressione virale, migliorano la qualità della vita: meno stress, meno promemoria quotidiani, meno esposizione allo stigma. Esistono anche farmaci in sviluppo da assumere una volta alla settimana per via orale, pensati proprio per una gestione più umana e meno medicalizzata della terapia a lungo termine.
La prevenzione si evolve: verso una PrEP semestrale
Anche la prevenzione farmacologica, finora basata sulla compressa giornaliera, si sta trasformando. La PrEP (profilassi pre-esposizione) è un trattamento che protegge dall’HIV le persone HIV-negative a rischio, e funziona molto bene… se presa con regolarità. Ma qui entra in gioco il problema dell’aderenza: dimenticanze, viaggi, situazioni sociali, tutto può interferire. Per questo sta prendendo piede una PrEP iniettabile long acting, che si somministra ogni sei mesi. Una sperimentazione condotta su donne eterosessuali sane ha dato risultati impressionanti: zero contagi. Due sole iniezioni l’anno per una protezione totale dal virus.
Una vera e propria svolta di salute pubblica, soprattutto nei contesti dove fare una compressa al giorno è difficile o dove la prevenzione non è culturalmente interiorizzata.
HIV e donne: il rischio invisibile
Uno dei problemi meno discussi è il ritardo diagnostico tra le donne. Spesso non si percepiscono a rischio e, non essendo coinvolte direttamente nelle campagne di prevenzione, arrivano tardi alla diagnosi. Alcune lo scoprono durante una gravidanza, altre solo quando l’infezione è ormai in fase avanzata. Oggi, in Italia, la maggior parte dei casi di “late presentation” riguarda proprio le donne. Non perché siano meno esposte, ma perché non viene loro offerta una reale cultura della prevenzione. È fondamentale coinvolgerle attivamente, promuovere screening mirati, integrare il test HIV nei controlli ginecologici e nei percorsi di salute riproduttiva.
Test rapidi, gratuiti, anonimi: ma ancora poco conosciuti
Nel nostro Paese, il test per l’HIV è gratuito, anonimo e semplice. Eppure, in molti ancora non lo fanno. Manca una vera cultura del test. C’è chi ha paura del risultato, chi teme il giudizio, chi si rifugia nella convinzione “non riguarda me”. Altri scelgono strade assurde, come donare il sangue solo per sapere se sono positivi, ignorando che è un comportamento pericoloso e scorretto. Il test andrebbe normalizzato, inserito nella routine, proprio come un controllo della pressione o un Pap test. In molte città italiane è possibile farlo in consultori, centri MST, associazioni e persino in alcune farmacie. Esistono anche i self-test da fare a casa. Ma finché il test sarà vissuto come qualcosa di “eccezionale”, la diagnosi continuerà ad arrivare tardi.
Tardi è troppo tardi: perché la diagnosi precoce salva
Uno dei dati più preoccupanti è l’aumento delle diagnosi tardive. Casi in cui il virus viene scoperto solo quando è già evoluto in AIDS, con sintomi clinici evidenti. Questo non significa che non si possa fare nulla: anche in fase avanzata, l’HIV è curabile. Ma più si aspetta, più la gestione diventa complessa, e più aumenta il rischio di complicanze. Tutto questo in un Paese dove le terapie, i test e la prevenzione sono gratuiti per tutti. Serve quindi un cambio di passo. Serve parlare di HIV senza tabù, senza allarmismo, ma con realismo. Perché oggi abbiamo farmaci che funzionano, strumenti di prevenzione efficaci, e dati che ci mostrano la strada. Ma se non agiamo sulla consapevolezza collettiva, il virus continuerà a circolare sottotraccia.
Cosa puoi fare, concretamente?
- Fai il test HIV almeno una volta nella vita, soprattutto se hai avuto rapporti non protetti o se non ti sei mai controllato. Il test è gratuito, anonimo e facile da fare: puoi rivolgerti a consultori, centri per le malattie sessualmente trasmissibili (MST), ospedali o partecipare agli open day promossi da associazioni sul territorio. In molte città è disponibile anche in farmacia o in versione self-test da fare a casa.
- Se hai una vita sessuale attiva e vuoi proteggerti, informati sulla PrEP: oggi esiste anche in Italia, funziona, e rappresenta un’opzione concreta per chi è più esposto al rischio.
- Parla dell’HIV: con i tuoi amici, partner, colleghi, familiari. Solo parlando si può rompere il muro di silenzio e contribuire a una vera cultura della prevenzione.
- Se sei in terapia, ricorda: non sei contagioso. Una persona con HIV in cura efficace, con carica virale non rilevabile, non trasmette il virus. U=U (Undetectable = Untransmittable) non è uno slogan: è una certezza scientifica.

Silvia Trevaini
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