Tonsille sì, tonsille no, tonsille quando

(Il confine tra scienza e usanza)

Una osservazione ha valore statisticamente significativo quando viene rilevata su un campione numericamente consistente e per un discreto numero di anni.

Non è discutibile si sia passati dal tempo delle “tonsille a tutti (o quasi)” alla attualità delle “tonsille quasi mai”. Ci spiega il Dott. Roberto Barocci, specialista in otorinolaringoiatria del Centro Medico Visconti di Modrone.

Per anni la casistica chirurgica dei reparti di otorinolaringoiatria era popolata da ricoveri per tonsillectomia, adulti e bambini. Ma le stesse mamme conducevano i loro piccoli (4-7 anni) alla visita dal medico con la luce sulla testa per avviare la procedura che avrebbe avuto come epilogo il rituale del ricovero di tre giorni per intervento. Per il primo incontro del piccolo bambino con la medicina e la chirurgia. O forse, era l’unica perdita di verginità controllata dalla mamma!

Nell’adulto, la raccolta della storia clinica prevedeva la  minuziosa e dettagliata descrizione cronologica delle riacutizzazioni, senza trascurare tutte le interferenze con la vita di ogni giorno e la pietosa richiesta di un intervento.

Intorno agli anni 1975/80 si è girata una pagina della scienza (senza peraltro contributi ufficiali).

Prima una drastica diminuzione della ricerca chirurgica da parte del paziente o collaterali. Poi addirittura una resistenza alla proposta dello specialista. Adesso è un trattamento chirurgico di elezione, tanto è ridotto il numero di interventi.

Ipotizzo istintivamente che l’evoluzione dei tempi abbia portato alla scoperta e identificazione di notizie sulla malattia delle tonsille e soprattutto introdotto sul mercato i farmaci del miracolo.

E’ sempre opportuna molta umiltà in questi casi, seguita da una ricerca scrupolosa e pignola dei dati della letteratura.

Questo è stato fatto. E con sorpresa si è registrato che il capitolo più completo sulla diagnosi delle angine e delle tonsilliti è quello contenuto in un testo di otorinolaringoiatria edito in prima edizione nel 1977 e in seconda edizione nel 1984.

Pagine e pagine di sintomi e di terapie con farmaci tuttora in uso, di cui si discutono vantaggi, svantaggi e risultati.

Ma, le indicazioni chirurgiche?

Proposta operatoria in rarissimi casi, a fronte di pagine di terapia medica. In una valutazione comparativa si potrebbe dire che l’indicazione all’intervento rispecchia la attualità del rapporto popolazione/chirurgia.

In realtà una categorica risoluzione operatoria è indicata nel bambino affetto da ascesso retrofaringeo, con la descrizione della procedura: “non c’è bisogno di anestesia; è consigliabile che il bambino – strettamente avvolto in un lenzuolo – venga tenuto sulle ginocchia di un infermiere che ne tiene la testa proiettata in fuori e spinta in basso; il chirurgo allora opera in ginocchio dal basso in alto”!!!!!!!!!!!!

E questo porta alla riesumazione di tecniche anestesiologiche usate per anni.

Nell’adulto, frequente l’anestesia locale; nel bambino, ’anestesia per inalazione di gas anestetici senza intubazione.

Oggi per molto meno si parlerebbe di rischio non giustificato.

Ma per dare un corso di valutazione corretta alle due condotte terapeutiche, la domanda da porre è: adesso che si opera poco, rispetto a quando si operava tanto, le complicanze delle malattie delle tonsille sono aumentate, diminuite o invariate?

Non facciamoci del male rimpiangendo anni di eccesso chirurgico!!

Forse, in un lontano futuro, qualcuno o qualcosa dimostreranno che anche la chirurgia di massa ha giovato all’evoluzione della specie.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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