Il dottor Herbert M. Shelton, forse il più illuminato dei medici americani igienisti naturali, una volta disse: «Il sangue dovrebbe ricevere dal tubo digerente acqua, amminoacidi, acidi grassi, glicerina, monosaccaridi, minerali e vitamine e non veleni. Purtroppo le nostre abitudini alimentari creano invece dei veleni che intossicano il sangue e tutto l’organismo. Perché? Perché il cattivo accostamento degli alimenti nello stesso pasto genera fenomeni di fermentazione e putrefazione.»
Questo, che si può definire un manifesto dell’igienismo naturale, denuncia i rischi nell’accostare determinati cibi nello stesso pasto. La nostra cucina unisce cibi di ogni genere in preparazioni complesse e ricche di spezie e di sapori, ma mischiare proteine ai carboidrati, per fare un esempio, ne rallenta il passaggio intestinale. Aumenta così il rischio di putrefazione e il rilascio di sostanze tossiche ed altamente acidificanti nel nostro organismo. Quindi l’attenzione non va posta solo a quello che mangiamo, ma a come e con cosa….Ne parliamo con il nostro esperto in alimentazione fruttarianaGiorgio Bogoni.
Ogni animale ha un cibo di riferimento e, se ne ha disponibilità, non mangia altro.
Ricordate le formiche per il formichiere, le foglie di acacia per le giraffe e il bambù per il panda?
Ecco, nella varietà del mondo animale esiste una grande diversità di alimenti, ma ogni specie ne ha uno a lei specifico.
In questo modo l’animale si garantisce la perfetta digestione, perché il suo apparato digerente è progettato per gestire proprio quel cibo e, in particolare, la flora batterica intestinale ne è ghiotta.
Di fatto, se è vero che quest’ultima potrebbe anche essere rieducata abituandola a nutrirsi di qualcos’altro (di fatto sarebbe una vera e propria sostituzione dei batteri), non insegneremo mai a un leone a trarre nutrimento dall’erba perché non ha l’anatomia di un ruminante e un corredo enzimatico in grado di gestire la cellulosa.
Purtroppo però non sempre l’animale trova da mangiare quello che vorrebbe e che il suo organismo è preparato a processare e si nutre quindi di quello che capita, per sopravvivere in situazioni di emergenza.
L’uomo, come tutte le altre scimmie, è un fruttivoro ma, esattamente come i suoi cugini primati quando mangiano un insetto, è in grado di ricavare energia quasi da qualsiasi cosa metta in bocca.
Dispone poi anche dell’intelligenza e la necessità di sfamarsi durante l’inverno all’arrivo delle glaciazioni lo ha trasformato persino in semivoro: ha imparato a coltivare i cereali e a mangiarli cuocendoli, dal momento che non aveva uno stomaco in grado di digerire un seme!
Ma l’uomo non si limita a questo: con il solo obiettivo di soddisfare il proprio senso del gusto, crea pietanze complesse, accostando cibi molto diversi tra loro.
Lo fa con l’ingenuità di chi crede che le malattie “capitino” e non siano invece conseguenza dello Stile di Vita e dell’Alimentazione in particolare.
Personalmente mangio frutta al 90% e, pur confidando in una sorta di generale “compatibilità” tra i diversi frutti, ho notato che se ne riduco la varietà nell’ambito dello stesso pasto, guadagno un sensibile incremento nel Benessere.
Non mi sorprende ricordare i branchi di scimmie che stazionano per settimane su un unico albero, fino ad averne mangiato tutti i frutti e, solo allora, si spostano su un altro.
In effetti, mischiare a tavola alimenti molto diversi, costringe l’organismo ad attivare differenti processi digestivi, i quali enzimi interferiscono tra loro e compromettono l’equilibrio acido-basico del corpo, oltre a generare sostanze velenose, direttamente in un intestino per sua natura pronto ad assorbirle.
Silvia Trevaini
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