In primavera le forme e i colori, l’atmosfera e gli stadi d’animo cambiano con velocità e intensità, dando ogni volta non solo la sensazione di una generale rinascita, ma anche la certezza di un ciclo che si ripete ogni anno governato da forze invisibili. È come se la natura avesse una sapienza innata nel generare, plasmare e distribuire il cambiamento. Gli antichi, nelle varie civiltà, hanno riconosciuto questo “spirito della natura” e, più di noi moderni, hanno cercato di rispettarlo e di imitarlo, cercandone dentro di sé il corrispettivo. Diverse tradizioni lo individuarono in una piccola ghiandola posta al centro del cervello: l’epifisi o ghiandola pineale. Studi scientifici più attuali rivelano che essa, in effetti è implicata in tantissimi nostri processi psicofisici, anche se in modo silenzioso e spesso indiretto. Aprile, dunque, mese del cambiamento per eccellenza, chiama in gioco l’epifisi e le chiede di supervisionare tutto ciò che accade dentro di noi.
L’epifisi si trova al centro del cervello, ma un po’ più indietro e più in alto dell’ipofisi, ed entrambe le ghiandole sono collegate da neuroni che le fanno agire in piena sincronicità di funzione e di senso: l’ipofisi, su indicazioni soprattutto del soprastante ipotalamo, secerne nel sangue gli ormoni che vanno, istane per istante, a rinnovare i tessuti e funzioni dell’organismo; l’epifisi modula, perfeziona e armonizza fra loro le varie azioni ipofisarie. Quindi se con la primavera l’ipofisi porta al massimo della pienezza la sua cascata ormonale, l’epifisi esalta la propria funzione armonizzante, attraverso la capacità di rendere tutto pulsante, vitale, dato che l’energia è vita e la nostra persona, sia a livello biologico sia a livello mentale e psichico, non potrebbe esistere senza di esso.
Oggi sappiamo con certezza che essa, attraverso l’ormone melatonina, è la regolatrice del ritmo sonno-veglia, il quale influenza tutti gli altri ritmi circadiani. Ma sappiamo anche che entra in gioco, in modo sottile ma determinante nel mantenimento del tono dell’umore, nella regolazione della funzione tiroidea, nell’equilibrio psichico, nella fertilità, nel ciclo mestruale, nel metabolismo osseo. Insomma: dove c’è trasformazione, nei punti nevralgici del cambiamento giornaliero e stagionale, l’epifisi è presente con la sua capacità di modulare e di adattare alle necessità del momento. Mentre l’autunno, con la riduzione della durata e dell’intensità della luce, induce l’epifisi a produrre più melatonina, per facilitare il sonno-veglia, la primavera, sempre più luminosa, chiede all’epifisi di produrne di meno. Tuttavia, se durante questa stagione non stiamo abbastanza alla luce, a favore della luce artificiale degli uffici, può determinarsi una discrepanza tra la produzione reale di melatonina e quella davvero necessaria. Tale discrepanza può essere responsabile, almeno in parte, degli stati di stanchezza e sonnolenza (causate da un sonno che fatica ad arrivare, da risvegli notturni oppure da un risveglio precoce), frequenti nel mese di aprile, e di una non ottimale funzione epifisaria nelle sue varie sfaccettature. Ciò non si traduce in una vera e propria patologia, bensì in una sintomaticità sfumata e fastidiosa, che può includere mal di testa, nausea, alterazioni del ciclo mestruale, malessere generale. A volte è l’umore ad essere colpito con una forma di depressione chiamata “disturbo stagionale”, che tende a ripresentarsi ogni anno nella stessa stagione. Non è un caso, infatti, che i due momenti dell’anno in cui vi è maggiore insorgenza di depressione sono il periodo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, e quello tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, e cioè il centro della primavera.
Pertanto, a primavera, per aiutare la secrezione della melatonina è raccomandabile dormire al buio, in una stanza possibilmente priva di rumori e luci, evitando anche quelle di tablet, pc e smartphone che influenzano proprio la produzione della melatonina. E se ancora non arriva, il sonno può essere aiutato anche dagli integratori di melatonina che non curano l’insonnia e vanno presi soltanto nel periodo in cui il sonno è disturbato.
Ci sono due erbe che possono aiutare la ghiandola pineale ad adattarsi all’aumento di luminosità e al rialzo termico: l’escolzia e la lavanda.
L’escolzia agisce sul rilascio ormonale. La corretta produzione di melatonina promossa dall’escolzia contribuisce inoltre a tenere sotto controllo anche i livelli di leptina e di grelina, ormoni che regolano l’alternarsi di fame e sazietà. È particolarmente indicata anche quando l’addormentamento è difficoltoso oppure se compaiono crampi notturni: una cura con l’escolzia attenua le problematiche del sonno transitorie e legate a momenti specifici, senza influenzare la vigilanza mentale, e ci aiuta a ricaricare le batterie.
L’olio essenziale di lavanda è considerato fra i più versatili in aromaterapia: calmante e riequilibrante a livello fisico e mentale, è efficace per trattare tutti i disturbi d’origine nervosa, in particolare quelli collegati a un riassetto dei bioritmi dovuto al cambio di stagione e, a maggior ragione in questo periodo, al ritorno dell’ora legale, entrata in vigore a fine marzo.
Silvia Trevaini
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