L’aneurisma dell’aorta

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L’aneurisma colpisce in media cinque persone ogni mille e viene definito un killer silenzioso perché nella maggior parte dei casi non provoca sintomi: spesso viene addirittura scoperto accidentalmente durante esami radiologici prescritti per altri problemi di salute. L’aneurisma più subdolo e sfuggente è quello che interessa il tratto ascendente dell’aorta, che in genere rimane asintomatico fino a quando non si verifica la dissezione (cioè la lacerazione dello strato più interno della parete vascolare) oppure la rottura: l’emergenza in questi casi è evidente, perché causa un forte dolore dietro lo sterno e uno shock dovuto al calo di pressione del sangue, che non arriva a sufficienza ai vari organi provocando l’ischemia. Se l’aneurisma interessa l’arco aortico e comprime esofago e trachea, allora possono insorgere difficoltà nell’alimentarsi, cambiamenti nel tono della voce o una paralisi del nervo laringeo che muove le corde vocali. Nel caso di aneurisma dell’aorta toracica o addominale, invece, i sintomi sono in genere modesti e difficili da inquadrare senza ulteriori indagini.

Come si rileva

Un aneurisma di solito si dilata lentamente per diversi anni, e quindi molti pazienti non avvertono nulla e si sentono completamente sani. Se l’aneurisma si è ingrandito molto, possono manifestarsi i seguenti sintomi: sensazione di pulsazione nell’addome, dolore addominale e lombare, dolore ai fianchi, difficoltà respiratorie o tosse. Poiché gli aneurismi di solito non causano alcun sintomo, spesso vengono scoperti per caso. È sufficiente un’ecografia per la diagnosi. Si parla di aneurisma se la dilatazione è almeno una volta e mezzo il normale diametro del vaso. Prima di un intervento viene effettuata anche una tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica (RM).

Quando è pericoloso

Un piccolo aneurisma comporta pochi rischi per la salute e richiede un monitoraggio regolare con un’ecografia ogni 6-12 mesi. Si tratta l’ipertensione arteriosa se necessario e si smette di fumare. Con l’aumento delle dimensioni dell’aneurisma, la parete dell’aorta diventa sempre più debole, e ciò aumenta il rischio di dissezione o addirittura di rottura dell’aorta stessa. La dissezione e la rottura sono eventi molto dolorosi e potenzialmente fatali: il paziente rischia di morire rapidamente a causa dell’emorragia interna. Più della metà dei pazienti muore, anche con un intervento chirurgico d’urgenza immediato. Pertanto, nel caso di un aneurisma di diametro superiore a 5 cm, si deve prendere in considerazione un intervento chirurgico che possa stabilizzare l’aorta e impedirne la dissezione o la rottura.

Quando sottoporsi all’operazione

L’indicazione al trattamento chirurgico si basa, oltre che su dati statistici pubblicati in letteratura, sulle percentuali di possibile rottura dell’aneurisma: ovvero della complicanza più frequente. La dimensione della sacca aneurismatica rappresenta il fattore preminente nella rottura: in pazienti con aneurisma addominale inferiore ai 5 centimetri, la percentuale di rottura è pari al 20%, mentre un aneurisma di 6 centimetri va incontro ad un rischio doppio e un aneurisma di oltre 7 centimetri ad un rischio triplo. La chirurgia non è rinviabile nei casi di aneurisma addominale a diametro maggiore di 5 centimetri, in quanto il pericolo di morte del paziente a seguito di emorragia diffusa è troppo alto. Dai 4 ai 5,4 centimetri si propende per la “sorveglianza” tramite TAC annuale; sotto i 4 centimetri per la “sorveglianza” diagnostica ogni 2-3 anni.

 Si può operare ad ogni età

La buona notizia è che nessuno è troppo anziano per sottoporsi all’operazione salva-vita. Oggi si hanno a disposizione diverse tecniche d’intervento che si possono scegliere in base alle condizioni del paziente: ormai permettono di ottenere risultati molto soddisfacenti anche nelle persone che hanno superato gli 80 anni. La tradizionale chirurgia “aperta”, che un tempo era l’unica via percorribile, rappresenta ancora la prima scelta per i pazienti più giovani che non manifestano particolari criticità. L’intervento prevede l’apertura dell’aorta e l’innesto di una protesi che viene cucita al suo interno. Il rischio operatorio è contenuto (intorno all’1,5%) e la ripresa non troppo faticosa. Il paziente riprende a camminare due o tre giorni dopo l’intervento e nel giro di cinque giorni viene avviato alle dimissioni: nel periodo post-operatorio deve evitare sforzi eccessivi, ma una volta scongiurato il rischio di eventi avversi, può riprendere una vita normale. Nei pazienti più problematici (in genere anziani con malattie oncologiche, cardiache o respiratorie) si può optare per l’intervento endovascolare, che prevede una piccola incisione dell’arteria femorale da cui si risale con un catetere fino all’aorta: qui si posiziona un’endoprotesi che esclude l’aneurisma dalla circolazione sanguigna ripristinando la corretta morfologia del lume del vaso. In questo caso il rischio operatorio si attesta attorno all’1%, mentre la ripresa è più rapida rispetto alla chirurgia aperta. Il paziente, però, dovrà sottoporsi a controlli più stringenti nel tempo: bisogna infatti verificare che non ci siano perdite, cioè che il sangue non riprenda a scorrere nello spazio compreso tra l’endoprotesi e la parete aortica: il rischio è che la pressione faccia espandere ulteriormente l’aneurisma- rendendo necessario un secondo intervento.

Colpisce gli uomini più delle donne

I fattori di rischio sono molteplici. Il primo è senza dubbio la predisposizione genetica e la presenza di casi di aneurisma in famiglia, poi ci sono l’età avanzata e il sesso maschile: gli uomini sono colpiti in media tre-quattro volte più delle donne. Infine, giocano un ruolo fondamentale le malattie che stressano le pareti dei vasi sanguigni, come l’ipertensione e l’aterosclerosi. Anche le abitudini di vita hanno un peso non trascurabile, soprattutto la dipendenza da fumo.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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