
Ci sono sostanze che sembrano uscire da una leggenda, e lo Shilajit è una di queste. Immagina un luogo sperduto tra le vette più alte del mondo, dove il tempo sembra essersi fermato e la natura lavora lentamente, in silenzio, da millenni. È lì, tra le fratture delle rocce dell’Himalaya, del Caucaso, delle Alpi e delle montagne del Gilgit-Baltistan, che nasce questa resina scura e viscosa. Non si tratta di un minerale, né di una semplice sostanza vegetale: è il risultato di un processo naturale lunghissimo, in cui resti di piante e composti organici vengono compressi, trasformati e arricchiti dalla potenza della montagna e del tempo. Durante i mesi estivi, quando il sole scalda le rocce, lo Shilajit emerge lentamente dalla pietra, come se la montagna stessa stesse sudando. Raccolto con cura e purificato attraverso tecniche tradizionali, viene poi utilizzato per scopi terapeutici da migliaia di anni. Il nome stesso, derivato dal sanscrito, significa “conquistatore delle montagne” o “distruttore di debolezze”. È un titolo che racconta non solo la sua origine, ma anche il rispetto e la venerazione che ha suscitato nelle medicine tradizionali, dall’Ayurveda alla medicina tibetana, passando per la medicina Unani. Nella medicina ayurvedica, lo Shilajit è classificato come Rasayana, ovvero una sostanza che promuove la rigenerazione e il ringiovanimento. Le culture orientali lo hanno sempre considerato un elisir di lunga vita, un rimedio per rafforzare corpo e mente, ma anche un potente tonico capace di ripristinare l’equilibrio perduto. Oggi, mentre il mondo scientifico occidentale comincia a interessarsi ai suoi meccanismi biochimici, lo Shilajit sta vivendo una seconda giovinezza. È sempre più utilizzato da sportivi, persone interessate alla medicina funzionale e chi desidera sostenere la propria energia, concentrazione, vitalità e giovinezza in modo naturale.
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