Il pensiero positivo

…in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro, e io so che se potrò avere una esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste. In quei dieci centimetri davanti alla faccia…

Tony D’Amato, Ogni maledetta domenica

“Nel mondo della formazione, del coaching e dei rimedi psicologici spesso si fa riferimento al cosiddetto “pensiero positivo”, inteso come strategia contro una grande varietà di problemi” spiega  la Dott.ssa Cristina Toni in collaborazione con la Dott.ssa Alessandra Del Carlo del  Centro Medico Visconti di Modrone”.

Con “pensiero positivo” si intende l’attitudine ad assumere e coltivare aspettative positive verso il futuro, a trovare un punto di vista efficace sulle situazioni di vita e ad anticipare mentalmente il raggiungimento dei propri obiettivi. L’ipotesi implicita ritiene il pensiero modulabile allo scopo di influenzare e condizionare in positivo le aspettative e le risorse dell’individuo.

Psichiatra

Dott.ssa Cristina Toni

Questo tipo di propensione è uno degli oggetti di studio di una branca della psicologia, denominata psicologia positiva, che mira ad individuare i meccanismi che contribuiscono al benessere psichico degli individui e delle comunità.

In un articolo pionieristico pubblicato nel 2000, Martin Seligman e Mihaly Csikszentmihaly, che sono considerati i fondatori di questa branca, muovevano critiche alla cultura psicologica dominante che consideravano eccessivamente focalizzata su emozioni negative e stati di malattia.

Di fatto, fino a quel momento l’orientamento dominante in psicologia si basava sulla constatazione che gli esseri umani sono molto attenti agli stimoli e agli eventi negativi: lo scopo è identificare rapidamente una potenziale minaccia e, se possibile, anticipare quelle future, per mettere a punto strategie di difesa, importanti per la sopravvivenza. Tuttavia una tendenza eccessiva a interpretare in senso negativo stimoli e eventi è in grado di alimentare emozioni spiacevoli, interferendo negativamente con le attività quotidiane e predisponendo i soggetti all’ansia e alla depressione. Molte tecniche di terapia psicologica si basano sulla correzione di queste modalità, chiamate distorsioni cognitive: la persona viene aiutata a rivedere il proprio modo di pensare fino a dare una valutazione più realistica e obiettiva, al fine di contenere i livelli di ansia e migliorare umore e comportamento.

Correggere le distorsioni negative di alcuni individui non significa però necessariamente allenarli al “pensiero positivo”, ma soltanto riportarli a una visione più obiettiva della realtà.  La psicologia positiva si propone invece non solo di rimuovere uno stato di disagio, ma altresì di favorire il benessere psicologico, lavorando su attitudini di pensiero e di personalità.

Alcuni tra gli studi pionieristici in questo ambito avevano evidenziato come le persone tendenzialmente ottimiste tendessero ad avere un maggior grado di perseveranza, oppure come fossero favorite nel raggiungere o nel recuperare, qualora fossero state sottoposte a trattamenti, una migliore forma psico-fisica, quando confrontate con le persone meno ottimiste. Negli ultimi dieci anni il numero di studi di questo tipo è aumentato notevolmente dimostrando il valore protettivo e migliorativo di altri stati mentali e attitudini a tonalità positiva come l’empatia, l’altruismo o la creatività, oppure di meccanismi come la “resilienza psicologica”, ossia la capacità di resistere agli agenti stressanti senza sviluppare disadattamenti o stati patologici. Ricerche in quest’ambito hanno evidenziato come i soggetti con pensiero positivo risultino, in effetti, meno afflitti da stress, disturbi d’ansia e depressivi, e con un adattamento complessivo superiore alla media.

Più recentemente, diversi studi hanno dimostrato l’efficacia delle tecniche denominate di psicologia positiva, applicabili a qualsiasi individuo, allo scopo di mobilitare le risorse e promuovere il benessere. A queste tecniche, ad oggi, appartiene un ampio gruppo di interventi di tipo informativo, educazionale, cognitivo, comportamentale, comunicativo-relazionale. Nello specifico, tali tecniche sono volte a promuovere stati emotivi e sentimenti a tonalità positiva, a modulare i processi di pensiero, i comportamenti, le abitudini e le relazioni con lo scopo preciso di migliorare la qualità della vita. Tali tecniche possono essere applicate individualmente o in gruppo e prevedono un grado più o meno articolato di apprendimento individuale.  Esempi specifici sono rappresentati dagli interventi che favoriscono l’adattabilità e la resilienza, oppure l’intelligenza emotiva e le abilità interpersonali e di gruppo, oppure ancora la creatività e imprenditorialità o, infine, la crescita personale e organizzativa.

 

Proprio perché i concetti di benessere e di qualità della vita hanno assunto una sempre maggiore importanza nelle società contemporanee, l’ambito applicativo di queste tecniche è divenuto ad oggi molto vasto, spaziando dalla salute alla pedagogia e all’educazione, dalle organizzazioni alle risorse umane, dal sociale allo sport.

Nella loro versione semplificata, questi interventi sono anche oggetto di numerose pubblicazioni divulgative, spesso più ricche di contenuti filosofici o spirituali piuttosto che scientifici. Vale la pena avvertire che proprio questi testi talora propongono una versione semplicistica del “pensare positivo”, suggerendo come sia sufficiente applicare semplici escamotage per vivere meglio e raggiungere il successo.

A tale proposito occorre ricordare che molti studi hanno dimostrato che il “pensare positivo” fine a ste stesso, ad esempio visualizzandosi nella condizione di aver raggiunto il proprio agognato obiettivo, come suggerisce una delle semplificazioni più conosciute, è del tutto inefficace nel garantire il risultato se non viene accompagnato dall’intervento sugli aspetti motivazionali e dalla gestione di ciò che mantiene nel tempo il comportamento adeguato al raggiungimento dello scopo.

Inoltre, deve essere ricordato come in alcune situazioni, tipicamente nei disturbi dell’umore, il pensiero tende a cristallizzarsi su alcuni contenuti, perdendo la capacità di assumere coloriture diverse in funzione di stimoli esterni o interni all’individuo. Nella depressione prevalgono idee di inadeguatezza, fallimento, rovina; sembra che tutto vada male e che non ci sia alcuna possibilità di miglioramento nella propria vita familiare, lavorativa e sociale. Nella situazione contropolare, la mania, l’individuo è convinto al contrario che non ci siano difficoltà nella propria esistenza e che ogni situazione possa essere gestita con facilità ed esiti positivi. Ovviamente, anche se i contenuti del pensiero sono positivi, il fatto che non ci sia la giusta consapevolezza e capacità di valutare in modo critico le varie situazioni esistenziali fa sì che questo pensiero risulti disfunzionale. Sia nella depressione che nella mania, il pensiero risulta orientato in modo rigido in senso negativo o positivo, mancando di quella flessibilità che consente una analisi adeguata del contesto ambientale, per mettere poi a punto strategie risolutive di eventuali problemi o difficoltà. In queste situazioni, la possibilità di modulare il pensiero con le tecniche proposte dalla psicologia positiva lascia adito a molte perplessità.

Concludendo, ad oggi è possibile adottare specifici modi di pensare e di agire che possono servire a monitorare, gestire e sviluppare i fattori connessi alla qualità di vita, al benessere e alla realizzazione individuale e di gruppo, perlomeno in situazioni non francamente patologiche e non in fasi acute di malattia.

A seconda dei bisogni specifici sarebbe utile identificare i professionisti che, in relazione alla formazione posseduta (medici, psicoterapeuti, coaches, counselors), possano consigliare i metodi, le tecniche e gli strumenti di intervento più efficaci.

 

Silvia TrevainiSilvia Trevaini

Videonews

 

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