In questi tempi a dir poco difficili ci siamo dovuti necessariamente fermare, ritrovandoci con una quantità di tempo a disposizione a cui non siamo più abituati. Nasce quindi l’esigenza di dare valore a questo “tempo ritrovato” ripescando dei buoni propositi sempre rimandati per star dietro ai ritmi frenetici della vita quotidiana. Tra i vari propositi c’è sempre la pratica Yoga, o per meglio dire, la possibilità di praticare lo Yoga con assiduità, in modo da approfondirlo, comprenderlo veramente e raggiungere i risultati di cui tanto si parla. “Non potendo in questo momento ancora uscire di casa è difficile iniziare a praticare yoga e/o progredire senza affidarsi alla tecnologia, seguendo quindi lezioni on-line, workshop in video conferenza e altro ancora. Sul web è un continuo fiorire di iniziative, effettivamente di grande aiuto e sostanzialmente in grado di soddisfare ogni esigenza. Si tratta di uno sforzo meritevole, non solo per diffondere questa disciplina, ma soprattutto un modo per aiutare in modo intelligente chi deve rimanere a casa e vuole dare valore al proprio tempo, coltivando nello stesso tempo il proprio benessere”, ci spiega Gianmario Aquilino, insegnante yoga e massaggiatore presso l’Ecoresort Le Dune, a Piscinas, all’interno del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.
Tutto vero, ma rischiamo di affidarci ad una visione “angusta” dello Yoga, che lo relega ad una esecuzione meccanica delle posizioni e delle tecniche, una schematizzazione dell’esperienza, là dove è proprio l’esperienza diretta a creare lo stupore, la meraviglia che caratterizzano questa disciplina. Non è una critica pregiudiziale al “nuovo” approccio verso lo Yoga, ma la constatazione che sia necessario comprendere l’esistenza di un livello più profondo. Anche se ci interessa solo l’aspetto fisico e salutare dello Yoga, ci priveremmo di un elemento essenziale della pratica. Senza perdersi in ragionamenti fuorvianti su cosa sia veramente lo Yoga, sull’autenticità delle varie tradizioni e soprattutto evitando di addentrarsi in discorsi pseudo spirituali, quello su cui vorrei porre l’attenzione è l’importanza di arricchire la “nostra” pratica, passando dalla dimensione bidimensionale dello schermo alla dimensione reale, affidandosi a quello che di fatto è il nostro insegnante più vicino, sempre prodigo di insegnamenti: il nostro tappetino Yoga.
A differenza del corso on-line dovremmo praticare lo Yoga “a briglia sciolta” nel senso di accantonare quello che viene mostrato in video e sperimentarlo concretamente. Affidarsi a un tutorial Yoga può essere molto utile, ce ne sono di altissimo livello, ma è necessario un certo approccio verso la pratica, per non cadere in un esecuzione fine a sé stessa, senza dimenticare il fatto che lo Yoga non consiste esclusivamente nel praticare le posizioni. Facciamo qualche esempio, per forza di cose riduttivo, per avere un’idea del passaggio dal virtuale all’esperienza reale. Come suggerimento iniziale ogni volta che seguiamo e/o studiamo un filmato, a fine riproduzione fermiamo del tutto per praticare, senza seguire più il video. Una volta spento avremo il “riverbero dell’esperienza”, termine utilizzato da alcuni musicisti professionisti riferendosi alla fine di un concerto, quando improvvisamente il silenzio prende il posto della musica, avvolge i nostri sensi ed enfatizza l’esperienza vissuta, lasciando una traccia tangibile in noi. Da questo momento non penseremo più al lato tecnico di quello che abbiamo visto, per non farci condizionare dall’elemento di aspettativa che spesso si crea.
Il nostro primo strumento di lavoro sarà sempre il respiro: senza averne consapevolezza rischieremmo di fare semplicemente della ginnastica. Il respiro consapevole rende la pratica viva, ci permette di essere presenti e di diradare i pensieri. Non è possibile descrivere esaurientemente la complessità delle tecniche respiratorie che fanno parte dello Yoga, ma si può cominciare ad intuirne l’importanza partendo dai fondamentali: eseguiremo la posizione respirando profondamente dal naso, pensando ad un flusso omogeneo e continuo ed eliminando ogni sforzo, sia nell’atto stesso dell’esecuzione, sia nell’intero corpo. La parola chiave sarà “rilasciare” e nello stesso tempo cominceremo ad osservare con cura il nostro corpo, mantenendo un respiro privo di sforzo, senza interruzioni, rallentamenti o accelerazioni del ritmo. Il primo passo sarà la consapevolezza spaziale, cioè sentire il nostro corpo in rapporto al movimento e alla posizione nello spazio. Potremmo quindi essere in piedi in prossimità del tappetino, prima di posizionarci, chiuderemo gli occhi e ci muoveremo molto lentamente, con consapevolezza, fino a raggiungere la posizione seduta. Una volta sul tappetino, senza perdere la presenza nel respirare, potremo cominciare ad andare in profondità. Sarà questo il momento in cui le immagini del video, penetrate nella mente inconscia, diventeranno la nostra esperienza reale, soggettiva. Porteremo la nostra attenzione a livelli più profondi, prendendo coscienza di ogni componente dell’esperienza corporea, vivendo la nostra presenza nello spazio reale. In questo passaggio è necessaria la stabilità della posizione, che deve essere comoda per poter essere mantenuta a lungo.
Pensiamo ad un percorso che inizia dall’immagine (possiamo definirlo un modello, un’idea astratta) e, attraversando vari stadi, arriverà al nucleo della nostra presenza. Il respiro consapevole sarà essenziale in questo percorso, la linea guida. Descritto a parole può sembrare un ulteriore gioco mentale, quindi virtuale, ma è proprio questo il punto, lo Yoga deve essere vissuto concretamente, e ha bisogno di un’attitudine all’ascolto che necessita di tempo e pazienza per essere sviluppata. A questo punto ci focalizzeremo ancora di più sulle sensazioni del corpo, dalle più evidenti fino ad arrivare ad aspetti più sottili. Nell’esecuzione della pratica il primo elemento, il più evidente, sarà sicuramente il lavoro dei muscoli, la loro attivazione, l’allungamento di alcuni e il rilassamento di altri in contrapposizione. Entreranno in funzione altri muscoli, più profondi, o perlomeno impareremo a riconoscerli e/o percepirli. Si evidenzierà poi un complesso sistema di bilanciamenti, di allineamenti, pesi e contrappesi che coinvolgeranno anche articolazioni, legamenti e quant’altro. In una fase ulteriore sperimenteremo sensazioni più mirate, come la consapevolezza del pieno e del vuoto, per esempio lo spazio che si creerà tra le articolazioni o tra le vertebre durante alcune posizioni. Procedendo l’ascolto sarà sempre più attento, la nostra attenzione si farà strada tra sensazioni di vario tipo, tra le quali caldo o freddo, denso o leggero, contratto o rilassato, un percorso formato da una infinita varietà di sfumature, spesso mutevoli, che potranno interessare intere zone o partì più circoscritte, essere statiche o dinamiche. Strada facendo saremo sempre più in grado di scoprire e percepire in profondità il nostro microcosmo personale ed utilizzarlo per scoprire noi stessi.
L’ esplorazione di tutto questo non si limiterà ovviamente a una sola seduta, soprattutto in previsione di un affinamento della propria percezione. Affinamento che non potrà concretizzarsi in tempi brevi né tantomeno fare a meno della pratica costante e disciplinata, spesso impegnativa, ma sempre gratificante. In seguito, praticando con una certa costanza, l’esperienza di ogni singola lezione si unirà a quella successiva, creando un percorso di apprendimento sempre più importante. Durante questo percorso potremo andare sempre più in profondità nella nostra esperienza Yoga, che sarà comunque unica e non facilmente descrivibile. Volendo potremmo non rinunciare del tutto ai supporti audiovisivi, che potranno essere utili dal punto di vista dell’approfondimento tecnico, ma non certamente utili come l’esperienza diretta. Gli stadi successivi della pratica Yoga si potrebbero definire “sottili” e difficilmente comprensibili se non frutto della progressione esperienziale, si rischierebbe di essere preda di concetti astratti, modificati dall’interpretazione mentale e quindi fuorvianti, nella migliore delle ipotesi. Probabilmente è proprio questa la differenza tra un corso Yoga virtuale e uno reale, tra un’esperienza riportata e un’esperienza vissuta. È evidente che non può essere la stessa cosa. La stessa questione, in realtà, era già sorta da tempo in riferimento ai libri e/o manuali dedicati allo Yoga ed è tuttora discussa tra praticanti e insegnanti di questa disciplina. A mio parere i supporti tecnologici, libri compresi, possono rappresentare un valido aiuto, specialmente quando non è possibile accedere ad un insegnamento diretto, ma sarà sempre necessario immergersi nella pratica reale, se l’obiettivo è sperimentare davvero cos’è lo Yoga e in definitiva chi siamo noi.
Silvia Trevaini
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